Non solo violenza di genere, c’è anche un nemico invisibile per le donne curde del Rojava

La Giornata internazionale contro la violenza sulle donne è l’occasione per la rete femminile dell’ecovillaggio Jinwar in Rojava di fare informazione anche per prevenire la diffusione dei contagi da Covid-19

Nei territori della Federazione Democratica della Siria del Nord e dell’Est (Rojava) le organizzazioni femminili il 10 novembre hanno presentato a Qamislo le attività in programma per celebrare la giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

Il processo rivoluzionario si fonda sulla liberazione delle donne perché soltanto affrontando e abbattendo la prima forma di colonizzazione, di sfruttamento e schiavitù emersa nel corso dell’evoluzione della storia dell’essere umano, può compiersi la trasformazione radicale della società verso quella che Ocalan ha chiamato “Modernità Democratica”. Una democrazia dal basso che viene costruita dalla popolazione quotidianamente, in cui le donne con impegno e consapevolezza si auto-organizzano in associazioni, cooperative, organizzazioni territoriali sui temi della salute, dell’economia, dell’ecologia, dell’autodifesa, tutte riunite in Kongra Star, associazione di associazioni. Kongra Star ha lanciato a livello internazionale la campagna di raccolta firme per rendere più intensa la solidarietà tra le donne contro l’occupazione e il genocidio, campagna che terminerà il 25 novembre (per sostenerla qui). Il genocidio è espressione della mentalità nazionalista che non può accettare, per definizione, la molteplicità delle presenze culturali, linguistiche e religiose della società e il femminicidio è lo strumento che viene utilizzato per sopprimere le diversità e distruggere la società.

Nel corso del mese di novembre le associazioni di donne organizzeranno workshop e incontri di formazione sui temi del matrimonio nell’infanzia, sulla parità di genere, sull’aumento della violenza con la pandemia da Covid-19 e sulla partecipazione alle scelte politiche. Nessuna donna è lasciata indietro perché la società democratica ha bisogno di tutte le sfumature e soltanto se c’è una partecipazione diffusa può realizzarsi l’utopia concreta dell’autogoverno e della vita libera insieme.

Foto dalla pagina FB “Jinwar – Free Women’s Village Rojava”

Free life together
Jinwar è l’eco-villaggio delle donne, auto-costruito con mattoni di terra cruda riappropriandosi del sapere ancestrale delle donne a cui la Dea Cosmica trasmise l’arte della modellazione della creta. A Jinwar le donne imparano a liberarsi dai legami di subalternità fisica, psicologica ed emotiva dei maschi con un processo di conoscenza, consapevolezza e pratica di vita insieme seguendo Jineolojî. La Jineolojî, definita come scienza dalla prospettiva delle donne, nasce da più di 40 anni di lotta del movimento delle donne curde. È considerata la scienza della società democratica perché Jineolojî coniuga teoria e prassi affinché si realizzi una società ecologica in cui comunitariamente sono gestiti i beni comuni, l’economia, la salute, la formazione, l’autodifesa.
Jinwar è stato inaugurato il 25 novembre 2018 ed è aperto a tutte le donne, senza distinzione di religione, lingua, cultura, che abbiano bisogno di essere accolte. Nel villaggio vivono donne arabe, curde, yezide, alcune sono vedove di martiri per la liberazione, altre si sono allontanate dal marito o dalla famiglia a causa delle continue violenze subite, altre ancora perché desiderano formarsi, imparare, acquisire un approccio olistico ai problemi e partecipare ad una esperienza collettiva da portare successivamente nella società. La comunità vive collettivamente fuori dalla logica del mercato, in connessione con i ritmi naturali, recuperano i saperi dell’agricoltura tradizionale e si rendono autosufficienti. Le donne a Jinwar cercano nel passato remoto le radici di una relazione ecologica con il mondo naturale, consapevoli di custodire alcune reminiscenze della civiltà neolitica della Mesopotamia nelle usanze popolari trasmesse di madre in figlia e non ancora completamente sradicate dalla modernità capitalista.

Gli edifici si articolano intorno a forme geometriche elementari che simbolicamente richiamano la Dea Cosmica come il triangolo e il cerchio. La spiritualità per millenni è stata interna alla natura, un lunghissimo periodo in cui le comunità umane svilupparono società ecologiche con al centro la cura per il gruppo, il benessere della collettività e il sostegno reciproco. A Jinwar le donne rendono attuale questa visione olistica del mondo e delle relazioni umane senza escludere la tecnologia che viene valutata rispetto all’ecosistema complessivo. Per esempio il progetto di autosufficienza energetica è in parte realizzato con l’allestimento di una serie di pannelli fotovoltaici sul tetto dell’Accademia delle donne.

Foto dalla pagina FB “Jinwar – Free Women’s Village Rojava”

Sifa Jin
La cura del corpo come riappropriazione del primo territorio da difendere è un principio di Jinwar che trova espressione nel centro di Medicina naturale Sifa Jin, che è stato inaugurato nella settimana dell’8 marzo di quest’anno. Il centro è aperto anche alle donne e famiglie dei villaggi vicini (gli uomini adulti sono visitati soltanto se anziani o se gravemente malati e impossibilitati a raggiungere il più vicino ospedale). Le donne con Sifa Jin hanno l’obiettivo di riappropriarsi della conoscenza olistica del corpo avvicinandosi ad una epistemologia ancestrale, condivisa con i pueblos originarios, che si prenda cura dei corpi e del territorio. In cerchio condividono i saperi del passato riconciliandosi con la natura, entrano in contatto con i suoi cicli per produrre olii essenziali, unguenti e tisane. La formazione avviene in modo formale e informale, per esempio i dialoghi durante la raccolta delle erbe sono scambi di saperi e approfondimento.

Dalla sua apertura circa mille donne si sono recate a Sifa Jin ed è molto positivo che questo presidio sia stato aperto poco prima della diffusione anche in Rojava del virus Covid-19 perché anche le famiglie che vivono vicino sono state informate e hanno avuto una formazione sulla regole da seguire per il contenimento, oltre a ricevere le necessarie cure. Per potenziare la presenza sul territorio del presidio sanitario il collettivo di Jinwar ha attivato un progetto per l’acquisto di un’ambulanza. In Italia Cisda (coordinamento donne afgane) e Rete Jin hanno organizzato una campagna di raccolta fondi.

La diffusione di Covid-19 sta avanzando anche in Rojava, l’ultimo bollettino relativo a ottobre evidenzia il raddoppio dei casi in un solo mese, i posti letto attrezzati sono meno di 60 per una popolazione di circa un milione di persone. La situazione già critica potrebbe peggiorare notevolmente con l’arrivo dell’inverno. La Mezzaluna Rossa segnala la mancanza di ventilatori, kit per fare i test e i dispositivi di protezione personali. L’embargo continua a gravare sulla popolazione nonostante la pandemia. Per arginare la rapida diffusione dell’epidemia la regione dell’Eufrate, compresa la città di Kobanê, è sotto coprifuoco dal 15 novembre per due settimane. La Turchia continua ad attaccare e costruisce nuove postazioni nei pressi di Dirbêsiyê.
Ma la rivoluzione delle donne non si ferma e ora più che mai ha bisogno della solidarietà attiva della società civile internazionale.

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L’autrice: Fabiana Cioni è dottoranda IUAV Università di Venezia

 

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