Non possiamo restare passivi …!

Un anno fa la popolazione in molte città del Bakûr/Kurdistan del nord ha difeso il suo diritto all’autogoverno. Dato che era diventato evidente che il fascismo AKP-Erdoğan non si sarebbe potuto eliminare con le elezioni e la giustizia era diventata ingiustizia, la resistenza diventò un dovere. Molti comuni del Kurdistan parteciparono a questa resistenza che era ispirato al concetto del confederalismo democratico e alla vittoriosa difesa di Kobanê. Anche se il regime fascista dell’AKP ha distrutto intere città bombardando con elicotteri e carri armati, bruciato vive o assassinate per mezzo di cecchini centinaia di persone e ora getta in carcere e tortura decine di migliaia di persone, non gli riuscirà né di nascondere la verità né di distogliere le persone dalla loro lotta per la libertà e la dignità. Questo lo percepisco molto chiaramente nel mio incontro con Newal Botan sulle montagne di Kezwan nel Rojava.

Newal Botan è nata nel 2000 a Silopî. La sua famiglia è originaria del villaggio di Neraxî nel distretto di Qileban che in turco si chiama Uludere. Il suo villaggio è stato spopolato e distrutto all’inizio degli anni ’90 dall’esercito turco. Della sua famiglia Newal dice: »La nostra famiglia aveva una cultura di vita ispirata a valori libertari. Per questo le donne non venivano più oppresse come prima. Mia madre raccontava che mio padre prima era molto diverso. Ma conoscendo sempre di più il PKK, ci sono stati effetti positivi sulle relazioni nella nostra famiglia. Questo si è visto in particolare nel comportamento nei confronti di donne e bambini.«

Come hai vissuto l’anno 2015 tra le elezioni del 7 giugno e le resistenze per l’autogoverno democratico?

Già dall’infanzia Newal e la sua famiglia si trovano confrontati con le repressioni dello Stato. Dopo un’azione di protesta contro l’assassinio di Haci Lokman Birlik1 viene arrestata a Şirnax. »Durante il fermo di polizia ho vissuto sul mio corpo che politica usa lo Stato nei confronti delle donne: tortura, umiliazione, dalle molestie sessuali fino allo stupro. Ma per mancanza di prove hanno dovuto rilasciarmi«, racconta Newal. Già durante il periodo scolastico alla giovane età di 13 anni aveva iniziato a organizzarsi nel movimento giovanile curdo; ha preso parte alla costruzione e alla difesa delle strutture di autogoverno democratico – prima nel Bakûr, ora nel Rojava.

Nel periodo delle elezioni del 7 giugno 2015 ero a Silopî e lì ho vissuto la gioia e l’entusiasmo insieme alla popolazione. I lunghi anni di fatiche per l’organizzazione della popolazione nelle città avevano portato i loro frutti. Questo si è mostrato nel successo elettorale. Dopo tutti quegli anni in cui curde e curdi avevano sofferto le torture, la repressione e i massacri dell’AKP, ora mostravano di stare sulle proprie gambe. Si sentiva che le persone confidavano in se stesse e nella propria forza e che erano pronte a nuovi passi.

Dopo le elezioni ci sono stati alcuni scontri a Silopî. Giovani, donne, bambini, persone anziane sono stati assassinati dalla polizia in modo mirato. Per esempio a una madre con il suo bambino in braccio sul tetto della sua casa nel Taxa2 Şehîd Harun hanno sparato cecchini della polizia. Anche famiglie che prima non erano vicine al movimento hanno dovuto lamentare famigliari assassinati. Gli attacchi da parte dello Stato erano mirati contro i curdi – a prescindere dal fatto che avessero votato CHP, HDP o AKP. Questa situazione ha prodotto consapevolezza politica in tutta la popolazione. Prima la famiglia dell’Ağa (latifondista) aveva sempre sostenuto l’AKP e si nascondeva dietro alla polizia. Ma in queste elezioni anche questa famiglia si è resa conto che l’AKP reprime curde e curdi. Dopo le elezioni e gli assassinii c’è stata molta rabbia nella popolazione di Silopî. In quel periodo iniziammo anche con i preparativi per la costruzione e la difesa dell’autogoverno locale a Silopî. Abbiamo aperto un forno comunale, abbiamo organizzato lezioni e aperto case del popolo (Mala Gel) nei quartieri.«

A Cizîr (Cizre) c’erano accademie per la formazione politica della popolazione. Anche da Silopî e da altre città la gente andava a Cizîr per istruirsi nelle accademie e svolgere un ruolo attivo nella costruzione dei diversi ambiti delle strutture di autogoverno. Con questo sono stati fatti preparativi per mettere in pratica il modello dell’autonomia democratica, secondo il paradigma libertario di Abdullah Öcalan anche nel Bakûr. Il nostro obiettivo è che la popolazione – oltre lo Stato e il potere – possa amministrarsi da sé. Le esperienze della costruzione e della difesa dell’autonomia democratica nel Rojava rappresentavano un’importante fonte di ispirazione per la gente nel Bakûr. Con l’idea della costruzione dell’autonomia democratica in tutte le parti del Kurdistan e del confederalismo democratico come collegamento tra le diverse parti, per noi i confini erano diventati praticamente privi di significato. Si trattava della costruzione di una società libera democratica basata sulla liberazione delle donn

Come si sono svolte la costruzione e la proclamazione dell’autogoverno democratico nel Botan? E qual è stato il ruolo delle donne e dei consigli delle donne in questo processo?

Durante la resistenza di Kobanê nella popolazione c’è stato un grande sostegno e ci sono state insurrezioni. La popolazione nel Botan ha sostenuto la popolazione di Kobanê da ogni punto di vista, sia nella difesa che nella ricostruzione. Su questa base si è svolto anche il processo di costruzione dell’autonomia democratica in Botan.

In questo periodo a Silopî Hevala Pakize3 svolgeva un ruolo importante. Si occupava in particolare anche del consiglio delle donne. In quel momento l’autogoverno non era ancora stato proclamato a livello ufficiale, ma era in corso una pianificazione in proposito. Discutevamo con la popolazione di come potevamo amministrarci da noi. Casa per casa, strada per strada venivano visitate le famiglie e insieme si discuteva. Venivano organizzate manifestazioni. La popolazione sviluppava una grande consapevolezza e diventava sempre più attiva. Collaboravano in tutti gli ambiti – che fossero legali o illegali. Il movimento giovanile aveva sempre più affluenza. Organizzavamo iniziative e proteste. Nella Mala Gel si svolgevano molte riunioni e colloqui per far conoscere l’autonomia democratica e incoraggiare le persone a partecipare in prima persona al processo di costruzione.

La popolazione si organizzava nella Mala Gel e nel consiglio del popolo. Le persone venivano da sé, perché per loro questi luoghi erano un’espressione dell’umanità e della solidarietà. Madri, bambini, giovani, persone anziane, tutti erano pronti. Era un ambiente molto bello e una buona atmosfera.

Dopo la proclamazione dell’autogoverno democratico e gli attacchi da parte dello Stato non potevamo restare passivi. Questo per noi significava iniziare la resistenza militante; scacciare il nemico dal nostro vicinato e dai nostri quartieri

Che ruolo hanno svolto collaboratori e collaboratrici dei consigli del popolo e dei consigli delle donne in questa fase?

I primi scontri con lo Stato a Silopî ci sono stati durante le elezioni.

Per questo eravamo dell’idea che probabilmente i primi e più duri scontri molto probabilmente sarebbero iniziati a Silopî. Per questo siamo rimasti sorpresi quando gli scontri sono iniziati a Cizîr con una tale durezza. Sono arrivata da Silopî a Cizîr una settimana dopo le elezioni. L’AKP aveva reso noto che non riconosceva i risultati elettorali. Sono seguite esecuzioni, saccheggi e repressione. Pianificavano un massacro tale che la popolazione avrebbe dovuto dimenticare le elezioni. Con questo preparavano le intimidazioni e i brogli elettorali delle per le nuove elezioni.

Nel settembre 2015 la città è stata assediata per 9 giorni dai militari, la fornitura di elettricità e acqua è stata interrotta. Nessuno poteva più entrare o uscire dalla città. Muoversi in strada significava pericolo di vita. Ma la nostra decisa resistenza di autodifesa ha fatto sì che dopo 9 giorni i militari si sono ritirati e che hanno dovuto revocare il coprifuoco.

A Cizîr per la prima volta ho veramente sentito che il popolo era diventato il PKK. Il motto »Il PKK è il popolo e il popolo è il PKK!« si era realizzato nelle personalità di Heval Mehmet Tunç e Hevala Asya. Anche se non era un quadro, l’atteggiamento di Heval Mehmet era davvero quello di un militante del PKK. Questo significa che quanto una persona riesce a identificarsi spiritualmente nei valori del PKK, tanto riesce a rappresentarli e praticarli anche nella sua vita. Le parole di Heval Mehmet e Hevala Asya, i loro appelli hanno dato forza alla popolazione. Quando Heval Mehmet passava per le strade tutti erano contenti. Chiacchierava con tutti, aveva comprensione per tutti. Quando c’era un problema si impegnava per risolverlo. Per questo godeva di grande fiducia da parte della popolazione. Ha davvero svolto il suo ruolo. Si è sollevato e ha dato alle persone il coraggio di sollevarsi anch’esse. Le personalità di Heval Mehmet, Hevala Asya e Hevala Seve per me sono state un grande esempio. Le loro caratteristiche e il loro atteggiamento mi hanno molto colpita. Heval Mehmet ogni volta che veniva dava a noi giovani delle prospettive e ci sosteneva nel nostro lavoro. Lo formulava in termini di proposta: »Guardate, se questo non lo faceste così, ma così, sarebbe molto meglio …« Quello che diceva era davvero molto concreto. Era molto prezioso per noi.

Aveva una grande capacità di influenzare la popolazione, comprendeva la psicologia delle persone. Sapeva quello che vogliono le persone e quando erano pronte, quando era arrivato il momento di agire. Ho conosciuto per la prima volta una persona del genere, che comprendeva la fase in modo così profondo e preciso e sapeva perfettamente quello che andava fatto. Andava incontro alle persone che non ci avevano aperto la porta. Andava in strada con grande coraggio e non aveva mai paura di essere assassinato. Ha fatto di tutto per mettere in movimento la popolazione e incoraggiarla a resistere. Anche se molti gli dicevano, »è pericoloso, non andare in strada!«, nonostante il coprifuoco era sempre in moviment

La popolazione era preparata a questo?

Si. Ma non in tutte le strade. Nei quartieri che non erano organizzati la maggioranza delle persone ha avuto paura. Perché era la prima volta che si confrontavano con attacchi così massicci da parte dell’esercito e non riuscivano veramente a capire gli sviluppi politici. Complessivamente la psicologia delle persone a Cizîr non era ancora pronta per la guerra.

Ma in quella fase Heval Mehmet era sempre in movimento: dal Taxa Cemkökü andava nel Taxa Cudî, da lì nel Taxa Sûr. E a noi giovani non riusciva di arrivare da una Taxa all’altra, perché il nemico ci aveva circondati con un tale schieramento che non era possibile passare. Ma Heval Mehmet riusciva sempre a trovare una via. Perfino in quella fase andava nelle case del popolo e visitava famiglie per organizzarle per la partecipazione alla resistenza e incoraggiarle. Questo era nel novembre 2015.

Non avevamo cibo e acqua. Le persone soffrivano la fame. Questo era molto doloroso perché dovevamo assistere al fatto che bambini piccoli morivano di fame o di sete. Perché i bambini non morissero di sete, la gente doveva dargli acqua sporca. Ma nonostante questo grande dolore, lì c’è stata una resistenza molto dignitosa e forte.

I cecchini della polizia miravano in particolare ai bambini perché sapevano che con questo avrebbero inflitto il dolore più grande alla popolazione. Assassinavano bambini in modo molto mirato per intimidire la popolazione e rubare alle madri la loro forza, costringerle al loro compito. Ma le madri i cui bambini sono stati assassinati sono diventate ancora più furiose e decise a vendicarsi del nemico. Lo spirito di resistenza della popolazione delle madri, delle persone di qualsiasi età ha fatto sì che è siamo riusciti a colpire il nemico.

Come siete riusciti a spezzare gli attacchi del nemico?

Avevamo costruito le nostre postazioni per la difesa dei gruppi di strade. Dato che non avevamo munizioni, dovevamo avere fantasia. Per esempio buttavamo coperte su carri armati fermandoli in questo modo. Abbiamo messo in moto i nostri cervelli e per sviluppare nuove tattiche e poi le abbiamo semplicemente sperimentate. Tutto ciò che in qualche modo si poteva utilizzare per la difesa, lo abbiamo elaborato e usato. Anche se in mano non avevamo niente, la sola fiducia della popolazione ci dava la forza per la resistenza.

Quando abbiamo visto che alcune madri prendevano in mano i kalashnikov, ci siamo detti allora anche noi possiamo combattere. L’organizzazione della popolazione ci ha aperto nuove porte. Anche se non c’era acqua né cibo, la gente ha diviso con noi il poco cibo dei loro bambini. Dicevano: »Voi combattete e avete bisogno di forza. Perché non cadiate e abbiate energia, dovete mangiare.« La popolazione si occupava anche dei nostri amici feriti. La popolazione non permetteva che i cadaveri dei caduti finissero nelle mani del nemico. Li nascondevano e li seppellivano. La popolazione difendeva se stessa e la resistenza con grande impegno. Sia le nostre amiche e i nostri amici che la popolazione avevano una piena fiducia reciproca. Anche per questo nessuno aveva più paura. Così tante persone – donne, persone anziane, bambini – erano state assassinate. Anche noi eravamo molto esausti, perché eravamo in movimento tutto il giorno e tutta la notte per difendere i nostri gruppi di strade contro i continui attacchi di polizia ed esercito. Eravamo tagliati fuori dai contatti con la gente e i nostri amici e amiche negli altri quartieri. Per questo eravamo sempre in ansia per loro. Ma dovevamo superare le difficoltà. La popolazione chiedeva vendetta per i suoi figli assassinati, scendeva in strada e era legata alla sua causa

Puoi descrivere in modo più preciso il processo di costruzione delle strutture di autogoverno? Come sono stati soppiantati lo Stato le istituzioni statali? Quali alternative siete riusciti a costruire nonostante la condizioni di guerra?

C’erano alcune campagne per il sostegno a Cizîr, così ad esempio è stato costituito un comitato per la salute. Per la popolazione sono stati organizzati corsi di pronto soccorso, per far loro sapere cosa fare in caso di ferite. Nel Taxa Cudî c’era una casa per le cerimonie funebri. L’abbiamo iniziato corsi di curdo per bambini. È stato aperto il centro culturale delle donne Ronahî . La Mala Gel era il centro del consiglio del popolo, da lì venivano organizzati i lavori di costruzione, svolte assemblee popolari in cui si discuteva della fase. Poi iniziarono le manifestazioni. La difesa e il lavoro politico entravano l’uno nell’altro. C’era una grande partecipazione, molti si sono uniti al movimento. Svolgevamo lavoro di formazione per i giovani e per le donne. Molte giovani donne volevano partecipare. Ma la maggior parte delle volte le madri si opponevano perché o padri a casa creavano grane e le madri a loro volta ne risentivano

Come si sono svolte le elezioni il 1 novembre? Nelle condizioni di assedio e di guerra erano ancora un argomento a Cizîr?

Il 1 novembre c’erano state di nuovo le elezioni. Nella notte delle elezioni tutta la gente è scesa in strada e aspettava i risultati. C’era una gioiosa agitazione. Quando è diventato chiaro che l’AKP aveva manipolato i risultati delle elezioni, la popolazione si è messa rabbiosamente in movimento. Per tutta la notte ci sono stati sit-in, manifestazioni e scontro con la polizia. Allora una donna anziana si alzò e disse: »Noi sappiamo che non abbiamo perso, noi abbiamo vinto! Anche la vostra frode non può cambiare questo dato di fatto.« Poi il nemico ha attaccato la folla.

Io in quella notte sono andata nel Taxa Yavuz. La mattina alle 3.30 di colpo sono iniziati gli scontri. Per prima cosa il nemico ha lanciato una bomba contro il nostro quartiere. Gli scontri per la difesa del nostro quartiere sono durati fino verso le 16. Erano scontri pesanti. Molti dei nostri amici e delle nostre amiche sono rimasti feriti. Per la maggior parte erano ferite leggere come piccole schegge di bombe e granate. La popolazione era nelle strade e cercava di aiutare. Portavano i feriti in luoghi sicuri, portavano rifornimenti alle postazioni. Eravamo molto sorpresi perché improvvisamente le persone ci portavano perfino armi!

Questo significava che la popolazione si era armata per potersi difendere. Nelle loro case avevano fatto dei tunnel. Ci mostrarono percorsi che non conoscevamo per arrivare da una strada alla successiva. La popolazione impiegava ogni mezzo per il successo della resistenza. Eravamo circondati dal nemico al punto tale che i suoi cecchini potevano tenere sotto il loro fuoco in modo mirato due dei nostri quartieri. Il nemico aveva stazionato i suoi carri armati sulle colline strategiche intorno a Cizîr. Sparavano sui quartieri, distrussero una scuola. Nei collegi della città avevano sistemato i commando delle unità speciali della polizia.

I primi scontri si sono verificati nel Taxa Yavuz. Non sapevano cosa succedesse nelle strade di Taxa Cudî, Taxa Sûr e Taxa Cemkökü. Anche lì erano iniziate azioni per alleggerire Taxa Yavuz Gli scontri durarono dalle prime ore del mattino fino al pomeriggio verso le 15. La popolazione partecipava in tutto e per tutto. Alcuni avevano fatto foglie di vite ripiene e le portavano ai combattenti della resistenza. Nel mezzo della notte ci svegliarono e ci dissero di mangiare. Così abbiamo passato insieme i giorni e le notti. Le persone ci hanno mostrato una grande fiducia.

La cosa più bella era fare la guardia di notte insieme con le madri. Avevano sempre un buon morale, gridavano slogan e trillavano il loro Tilîlîlî. Complessivamente le famiglie nei gruppi di strade assediati erano progredite molto, erano consapevoli di molte cose e organizzavano la loro quotidianità secondo la situazione di assedio e alla resistenza. Facevano i turni di guardia insieme a noi. Le madri badavano che non si infiltrassero sconosciuti.

Di notte fermavano le persone e chiedevano: »Tu kî yî?/Chi sei?« Se qualcuno non rispondeva, dicevano: »Se non dici il tuo nome, allora ti tiro le mie pantofole!« Prendevano molto sul serio la loro responsabilità, ma anche con umorismo.

Abbiamo preso misure per la difesa dei nostri quartieri, scavato fossati e costruito barricate. Abbiamo costruito sistemi di difesa nelle strade.

Ci siano organizzate in una commissione di donne nelle YDG-H (Movimento Giovanile Patriottico Rivoluzionario). Le giovani donne del Taxa Yavuz venivano da me e dicevano: »Costituiamo qui nella strada una comune di donne. Potremmo combattere in modo indipendente dagli uomini con le nostre forze. Siamo pronte alla difesa del nostro quartiere, ci dove solo addestrare.«

E siamo poi davvero riuscite a respingere gli attacchi contro i nostri gruppi di strada. Abbiamo sequestrato un carro armato ai soldati. Quella volta pioveva molto forte. In queste condizioni del tempo, le persone hanno comunque fatto i turni di guardia e svolto il loro ruolo. Si sono sostenuti a vicenda e hanno spalato l’acqua dalle case. Nessuno era di cattivo umore perché tutti erano pronti a dare tutto per la libertà.

La sera nelle strade facevamo iniziative di discussione, seminari o proiezioni di film. Si incontravano tutti. Abbiamo anche ballato e cantato. La fiducia si era trasformata in morale e gioia. Era davvero una vita comunale e la popolazione era pronta alla resistenza. Tutte le persone erano molto disposte al sacrificio. Durante le notti eravamo nelle nostre postazioni. Di giorno poi svolgevamo lavoro politico.

Poi a novembre un giorno ci siamo trovati completamente circondati da esercito e unità speciali. Sulla collina dietro al Taxa Sûr avevamo issato una bandiera molto grande del PKK, si poteva vedere in tutta Cizîr. Lo Stato era arrivato, aveva tolto la bandiera e issato la sua bandiera. Era scoppiata una guerra di bandiere.

Contemporaneamente gli scontri iniziarono a diventare sempre più forti. All’inizio ogni tanto c’erano ancora pause di fuoco, ma poi gli scontri andarono avanti senza interruzioni e diventarono sempre più violenti. Ci furono feriti. Ma anche le amiche e gli amici feriti continuavano a combattere. Il nemico non riusciva a entrare nel nostro quartiere. Perché avevamo fatto molto bene i nostri fossati e le nostre barricate e le amiche e gli amici che facevano la guardia erano molto attenti. Dopo che il nemico non era riuscito a penetrare nei nostri quartieri, ha posizionato i suoi carri armati sulle colline tutto intorno a Cizîr . Quando improvvisamente i nostri quartieri sono stati attaccati in modo mirato dal fuoco dei carri armati, questo ha innescato uno shock. I nostri quartieri vennero messi sotto un fuoco continuo e distrutti. Detto sinceramente, una cosa del genere nessuno di noi se la aspettava. Intere famiglie sono state assassinate, sono stati giustiziati dei bambini. Le grida di dolore delle madri e dei bambini si sentivano dappertutto nelle strade. La guerra si intensificava sempre di più, c’erano sempre più morti

Puoi dirci qualcosa sulle amiche e gli amici che hanno dato la vita per la difesa di Cizîr?

Molti amici preziosi e molte amiche preziose sono caduti in questa resistenza. Hevala Ekîn e Hevala Berjîn sono cadute ferite nelle mani del nemico. Poi i soldati le hanno violentate e – proprio come Ekîn Van – hanno messo in mostra i loro corpi denudati. Hevala Ekîn (a Cizîr) era un’amica che aveva preso il nome di Ekîn Van perché era molto impressionata dalla sua forza. E alla fine è stata assassinata proprio come Ekîn Van. Abbiamo trovato i cadaveri nudi delle nostre amiche Ekîn e Berjin per strada. È stato un dolore molto grande. Heval Berjîn aveva appena 18 anni, Hevala Ekîn aveva 20 anni. Volevamo seppellire i loro cadaveri, ma tutte le persone come Hevalê Tîrêj e Hevalê Cavreş, che si sono avvicinati ai cadaveri sono stati uccisi dai cecchini. Quando sono partiti per seppellire i cadaveri, gli è stato fatto un agguato e gli hanno sparato e sono caduti sui cadaveri delle due amiche. Nessuno poteva avvicinarsi.

Il numero di amiche che hanno combattuto nelle postazioni diventava sempre più piccolo. Molti erano caduti o rimasti feriti. Abbiamo portato i feriti nelle cantine per proteggerli e curarli. Non avevamo calcolato che il nemico avrebbe annientato in modo così brutale propri i feriti. Alla fine il nemico dopo lunghi giorni di resistenza alla fine di dicembre ha fatto irruzione nei nostri quartieri e ha saccheggiato le case, le ha bruciate. Eravamo in una casa ai margini del quartiere. Nella casa vicina in cantina erano sistemati circa 10 amici ed amiche. Quando le unità hanno fatto irruzione nella casa, hanno mandato via alcuni soldati e hanno detto: »Qui non c’è nessuno!« Poi hanno sparato a padre, madre e ai bambini. Poi hanno versato benzina sulle amiche e gli amici e li hanno bruciati vivi. Dover sentire le grida era insopportabile. Questo ha avuto effetti sulla psicologia sia delle nostre amiche e dei nostri amici, che sulla popolazione. Le grida di dolore dei bambini e delle madri erano davvero insopportabili. Le nostre amiche e i nostri amici sono stati bruciati davanti ai nostri occhi e in quel momento non potevamo fare nulla. È stato davvero molto difficile.

Poi abbiamo portato gli altri feriti nella cantina dove si trovavano Heval Mehmet Tunç, Heval Fîraz, Hevala Asya, Heval Zindan, Heval Aram, Heval Ruken, Heval Dîyar e Heval Rizgar . Heval Rizgar aveva solo 15 anni. La maggior parte di loro erano molto giovani, sotto i 20 anni e più tardi sono caduti. L’unica cosa che in quella situazione riuscivamo ancora a fare era difenderci e portare lì i feriti. Alla fine Heval Fîraz ci ha incaricati di portare i feriti al confine con il Rojava . Eravamo molto emotivi e non volevamo andarcene. Allora andai da Heval Mehmet Tunç e gli dissi: »Vieni con noi in Rojava. Sei importante per noi e per la popolazione.« Ma Hevale Mehmet mi rispose solo: »Io non vengo!« Allora mi sono spuntate le lacrime. E ho detto: »Se tu non vieni con noi, anche io non vado.« Allora Heval Mehmet si è arrabbiato con me: »Avanti, vai e porta al sicuro amiche e amici.« Mi ha davvero urlato contro per farmi andare. Ma io non volevo andarmene e salvarmi mentre dovevo abbandonare lì le mie amiche e i miei amici.

Alla fine mi ha convinta Heval Fîraz. Mi ha detto: »Vai e racconta alla gente quello che hai vissuto qui. La gente lo deve sapere. Porta solo i feriti oltre il confine e poi torna.« All’epoca non sapevo che non sarei più tornata. Volevano proteggermi perché ero ancora così giovane.

Siamo partiti e siamo riusciti a portare via dalle cantine complessivamente 15 amiche e amici che erano feriti più gravemente. All’inizio di gennaio 2016, in una giornata nebbiosa, siamo riusciti a fuggire attraverso un tunnel. Poi siamo andati al confine.

Più tardi dal Rojava ho avuto ancora una volta la possibilità di parlare per telefono con Heval Mehmet. Disse: »So che non riusciremo a uscire da qui. Ma come abbiamo vissuto con dignità, così moriremo con dignità.«

Note:
1 Il 3 ottobre 2015 l’attore curdo Haci Lokman Birlik è stato torturato, ucciso e trascinato in giro legato a un’auto della polizia nel centro di Şirnax.
2 Tax: espressione curda per quartiere, circondario o gruppi di strade
3 Pakize Nayir, co-presidente del consiglio del popolo di Silopî. Insieme alle attiviste del movimento delle donne Fatma Uyar e Seve Demir è stata assassinata il 5 gennaio 2016 a Silopî da unità speciali turche.