Mi ha sorpreso il momento
Perquisizione domiciliare per aver mostrato simboli delle Unità curde di Difesa del Popolo e delle Donne. Colloquio con Kerem Schamberger. Kerem Schamberger è uno scienziato delle comunicazioni alla Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco di Baviera
Lunedì mattina alle 6 dei poliziotti hanno perquisito la sua abitazione con la motivazione che lei avrebbe caricato bandiere delle Unità curde di Difesa delle Donne e del Popolo YPJ/YPG nei social media. Questo modo di procedere è stato sorprendente per Lei?
Hanno suonato alla porta con grandissima insistenza mentre ero ancora al letto. Questo mi ha svegliato e ho capito subito che era la polizia. Mi hanno mostrato il mandato di perquisizione e mi hanno comunicato: »Pare che Lei abbia condiviso su Facebook foto di bandiere delle YPJ/YPG, noi stiamo raccogliendo prove in proposito.« Ho detto loro che questo non era necessario, che ammettevo che io avevo redatto quei post e nessun altro. Ciononostante hanno perquisito la mia abitazione. Non sono rimasto sorpreso dell’azione della polizia, ma del momento in cui è avvenuta: i post erano vecchi e l’ordine di perquisizione era stato emesso giù il 15 settembre. Questa politica persecutoria evidentemente ha lo scopo di rendere pubblica la politica di divieto del governo federale. Certamente si tratta anche del fatto di esaminare approfonditamente il lavoro politico di sinistra in Baviera.
Quando ho provato a telefonarle per chiederle questa intervista la linea era staccata. Il suo cellulare è stato sequestrato?
Sì. I poliziotti si sono portati via il mio cellulare, due chiavette USB e il mio Laptop. Quest’ultima cosa mi colpisce in particolare perché ci sto scrivendo la mia tesi.
Le è stato comunicato quando riavrà i suoi oggetti personali?
No, i poliziotti al contrario mi hanno minacciato che se non gli avessi fornito di dati per l’accesso, gli potrebbero anche essermi restituiti rotti.
Secondo Lei per quale obiettivo avviene una simile operazione di polizia?
Si tratta di intimidazione. Il messaggio è: se sei solidale con i curdi, ci troverai anche davanti alla porta di casa tua. Io ho una grossa rete. Per persone che sono all’attenzione dei media in misura minore è diverso. Per questo deve seguire una campagna per proteggere i diritti umani, la libertà di stampa e della scienza in questo Paese.
Come hanno reagito i media?
Le cronache erano caratterizzate da incomprensione per questo modo di procedere della giustizia bavarese. Rappresentanti della stampa vedono la contraddizione: Francia, Regno Unito e esercito della Germania federale collaborano con le YPJ/YPG nell’ambito della coalizione anti-IS. Dall’altra parte il governo federale con la sua politica persecutoria nei confronti dei curdi in questo Paese lecca il culo al Presidente Recep Tayyip Erdogan per non mettere in pericolo i suoi interessi economici rispetto all’alleato della NATO Turchia.
Chi ne è responsabile?
Una circolare del Ministro degli Interni Thomas de Maizière, CDU, del marzo di quest’anno vieta di mostrare pubblicamente simboli delle YPG e YPJ in quanto pubblicità per il Partito die Lavoratori del Kurdistan PKK vietato in quanto »organizzazione terroristica«. Con la sua lista di divieti poco trasparente ha aperto la strada a perquisizioni di questo tipo. In tribunale questo non può reggere. Altrimenti di conseguenza significherebbe che il governo federale per parte sua nell’ambito della coalizione anti-IS collabora con terroristi. Se nel procedimento contro di me verrà istruito un processo, faremo in modo che il divieto YPJ/YPG sia revocato. Fino ad allora Fino ad allora agirà continuamente in strada e ogni minuto su Facebook quando uno degli emblemi verrà condiviso di nuovo.
La politica del governo federale sulla Turchia si può ricondurre alla »longa manus di Erdogan«?
Da un lato sì: si immagini l’effetto di questa politica sui curdi e la sinistra turca che arrivano avendo fiducia nel fatto che qui c’è uno Stato di diritto. Fuggono nella Repubblica Federale dalla Turchia dalla politica assassina del regime dell’AKP o dalla Siria dalla milizia terroristica »Stato Islamico«, qui fatto attività politica, si ritrovano di nuovo l’anatema di presunto terrorismo. Ma la posta è anche maggiore: l’accordo sui profughi e gli interessi economici evidentemente sono più importanti dei diritti in materia di libertà – perché 6.000 imprese tedesche producono in Turchia.
Intervista: Gitta Düperthal