Tevdem: L’esercito turco mira ai civili in Afrin

La Turchia è stata estremamente irritata dai successi del Rojava nello sconfiggere lo Stato Islamico dell’Iraq e della Siria (ISIS) e nel realizzare un nuovo sistema basato sulla democrazia diretta, l’uguaglianza di genere, la cooperazione interetnica, il laicismo e la protezione ambientale. Lo stato turco è ben consapevole che la promozione di questo progetto democratico che può servire come modello per il resto della regione è equivalente al fallimento dell’autoritarismo che esso rappresenta. Ecco perché lo stato turco ha mobilitato sin dall’inizio tutte le proprie risorse per annientare l’Amministrazione Autonoma Democratica del Rojava. Non riuscendo a evitare lo sviluppo del Rojava, tuttavia, il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, il 20 gennaio ha annunciato l’inizio di una guerra contro Afrin; una città che ha accolto la maggior parte dei rifugiati sfollati da Idlib, con un conseguente aumento della popolazione da 500’000 persone nel 2011 a 1’200’000 nel 2018.

Poco dopo la dichiarazione di Erdogan, sabato alle 16:00 (ora locale) 72 aerei da caccia turchi hanno attaccato il Cantone di Afrin colpendo almeno 100 obiettivi incluse aree residenziali come il centro città di Afrin, il campo profughi di Robar e alcune istituzioni civili. Durante quest’ondata di attacchi, almeno 13 civili sono rimasti feriti, 1 combattente delle YPG (Unità di Difesa del Popolo) e 2 combattenti delle YPJ (Unità di Difesa delle Donne) nonché 6 civili sono rimasti uccisi.

Simultaneamente, l’esercito turco e i propri proxy, inclusi alcuni gruppi jihadisti, hanno cercato di attraversare il confine verso Afrin dai villaggi di Kurdo e Balia del distretto di Bilbil. I combattenti e le combattenti delle YPG e delle YPJ hanno respinto gli attacchi immediatamente, costringendo i soldati turchi a ritirarsi. Lo stesso giorno, i proxy turchi posizionati nella città di Mara nelle aree occupate di al-Shahbaa, hanno iniziato a bombardare il distretto di Tal Rifat e la diga di al-Shahbaa.

Domenica 21, intorno alle 16:10 (ora locale), gli arei da guerra turchi hanno iniziato a bombardare il centro di Afrin, i distretti di Shera, Sherawa, Rajo, le montagne di Leluna e Bilbila, i villaggi di Ayn Daqna, Mamula ed Hejika nel distretto di Shera. Gli aerei da caccia turchi hanno anche condotto degli attacchi contro il campo profughi di Robar, che ospita gli sfollati interni da Aleppo. Una rifugiata, Nada Khalil, di Idlib, il cui alloggio è stato danneggiato dai bombardamenti, ha affermato: “Abbiamo abbandonato forzatamente le nostre case per via delle pratiche disumane [usate] contro di noi dai gruppi terroristici, e adesso dove posiamo andare nella nostra condizione?”1

Mentre continuavano gli assalti arei, l’esercito turco iniziava un’offensiva di terra contro Afrin attraverso vari punti, tra cui il villaggio di Bilike. Non riuscendo a passare, hanno provato a terrorizzare la popolazione locale per far fuggire gli abitanti. L’esercito turco, inoltre, ha aperto una salva di fuoco d’artiglieria sui villaggi di Celeme, Ishka, Basufane e Xelil.

Non c’è dubbio che senza il permesso russo l’attacco non sarebbe stato possibile, perché le truppe russe erano stanziate nell’area e lo spazio aereo di Afrin è sotto il controllo dei russi. Una fonte militare di alto rango ha affermato che il via libera è arrivato dal tavolo dello “scambio Afrin-Idlib”. Secondo le notizie, la Russia, che ha ritirato la propria forza militare da Afrin dopo l’inizio dell’operazione, è giunta ad obiettivi comuni con lo stato turco.

L’esercito turco ha condotto un’altra offensiva di terra nei villaggi di Balia e Tuval nel distretto di Bulbul nell’area di Rajo. Non riuscendo ad entrare, hanno iniziato un attacco areo contro questi villaggi.

Per di più, l’esercito turco prende di mira le auto civili che si spostano lungo il confine, oltre a colpire i siti archeologici nel distretto di Bulbul. Per esempio, hanno bombardato con fuoco di artiglieria il villaggio di Qustal Mekdad, che appartiene al distretto di Bulbul e all’area archeologica romana di “Nabi Hori”.

Dopo aver subito perdite al confine a seguito degli scontri scoppiati con le YPG, gli aerei turchi hanno iniziato nuovamente a colpire i dintorni della città di Afrin e il distretto di Mobata. Secondo il Comando Generale delle YPG, 4 soldati turchi e 10 proxy sono stati uccisi.

Negli ultimi due giorni, gli aerei da guerra turchi hanno massacrato quasi 20 persone, la maggior parte di cui bambini. Tra le vittime ci sono 8 persone di una famiglia araba, fuggita da Idlib e stabilitasi ad Afrin per via della guerra. La famiglia si era stabilita nel villaggio di Cilbir circa 4 mesi fa e viveva dell’allevamento di pollame. I nomi e le età di chi è stato ucciso sono i seguenti: Wael El Huseyn (1), Salameh Huseyn (6), Musab El Huseyn (6), Fatallah El Huseyn (8), Hadeel El Huseyn (10), Refeh El Huseyn El Homer (33), Ehmed El Huseyn (17), Samak El Huseyn (16).

Ciò che davvero cattura l’attenzione è il silenzio assunto dalla comunità internazionale. Tranne le autorità francesi, nessuno ha finora preso posizione in difesa del popolo di Afrin e del Rojava, dimenticando come le figlie e i figli del Rojava abbiano combattuto strenuamente contro una delle forze più brutali di tutti i tempi. È stato il Rojava che ha salvato il mondo dal male dell’ISIS, ma ecco il Rojava che viene dimenticato dal mondo mentre viene attaccato da uno stato NATO, la Turchia.

Dipartimento di Informazione del Movimento per una Società Democratica (TEV-DEM)
22/01/2018