L’Accademia delle donne di kobane per estirpare le radici del patriarcato
Inaugurato nel nord della Siria il progetto promosso da Ponte Donna e finanziato dalla chiesa valdese. Ragazze e donne da tutta Rojava. Tra i corsi genealogia e sociologia della liberazione
Una sala multifunzionale, una grande cucina, un refettorio, la foresteria per le corsiste e per ospiti da tutto il mondo, spazi per le cooperative al femminile: a un anno dall’avvio dei lavori è stata inaugurata a fine giugno l’Accademia delle Donne di Kobane.
A tagliare il nastro, insieme alla co-sindaca della città «capoluogo» del cantone curdo-siriano, anche Carla Centioni di Ponte Donna, organizzazione che ha promosso il progetto con i finanziamenti della chiesa valdese. «È finalmente aperta – ci spiega Centioni – Tre piani, 1.500 metri quadrati e una dedica: è intitolata a Silan, prima martire del cantone nella resistenza all’Isis. Ho tagliato il nastro insieme a sua madre e a tutte le rappresentanti dell’associazionismo femminile».
«Siamo arrivati a Kobane il 14 giugno, il giorno di fine del Ramadan, e abbiamo trovato una grande festa. Nessuno immaginava che in pochi mesi dall’avvio dei lavori avremmo aperto l’accademia. I corsi sono iniziati il 23 giugno». Si spazia: politiche di genere, origine del patriarcato, genealogia, sociologia della liberazione, corsi sui diritti delle donne e del lavoro e sulla nuova legislazione interna, formazione all’autodifesa.
«Ci sono ragazze e donne di tutte le età e da tutto il Rojava – continua Carla – L’obiettivo è dare strumenti a donne che non hanno mai lavorato per impedire che si riproduca la stessa subalternità alle figure maschili. A ciò si aggiunge il ruolo degli asili che sono stati aperti accanto alle scuole (come quella costruita a Kobane dall’associazione Docenti senza Frontiere) e che non servono solo ad alfabetizzare le donne adulte ma anche a permettere alle madri di poter lavorare “liberandosi” dalla cura dei figli. È questo il vero cambiamento sociale».
Fuori c’è Kobane, città martire ma soprattutto città resistente oggi minacciata dalle mire della Turchia sui territori di Rojava, Siria del Nord. A tre anni e mezzo dalla sua liberazione, la città si ricostruisce da sé: «Ci sono quartieri interamente ricostruiti, a gennaio di un anno fa ne era stato rimesso in piedi solo uno. C’è la rete wi-fi ovunque. Ma rimangono i problemi strutturali, come le fognature perché la priorità è stata data alle case».
Come è stata data alla formazione politica, alla rivoluzione di cui l’Accademia delle Donne è prezioso tassello, un luogo politico che partecipa alla realizzazione di una società nuova affrontando le radici dell’oppressione dei popoli.
di Chiara Cruciati – Il Manifesto