La Turchia è uno Stato occupante che verrà cacciato dalla Siria
Due giornalisti Ragıp Duran e Celal Başlangıç nell’estate di quest’anno hanno viaggiato nella Federazione Democratica Siria del Nord. In questo contesto hanno intervistato İlham Ahmed, la co-Presidente del Consiglio Democratico della Siria, sui negoziati con il regime siriano e la situazione attuale a Afrin e Idlib.
All’incontro del Consiglio Democratico della Siria con Damasco nei media occidentali, arabi e curdi è stato attribuito un grande significato. Nei media turchi praticamente non è stato citato. Lei era parte della delegazione che è stata a Damasco. Da chi è arrivato l’invito? Da chi era composta la vostra delegazione e quella del regime? Cosa è stato discusso nel primo incontro? Com’era l’atmosfera generale?
L’incontro si è svolto su invito del governo siriano. La nostra delegazione era composta da rappresentanti di tutti i popoli che vivono nella regione. Dall’altra parte, quindi dalla parte del regime, c’era tra gli altri il responsabile per la sicurezza nazionale. La delegazione parlava a nome del governo. L’atmosfera dei colloqui aveva un carattere ufficiale. Rispetto a questo primo incontro naturalmente non possiamo sostenere che si sia parlato di tutto e che tutto si sia svolto positivamente. Ma in vista di un invito ufficiale, diamo a questo incontro un grande significato. Perché fin dall’inizio abbiamo cercato di risolvere i problemi insieme al governo siriano e allo Stato siriano attraverso un dialogo. Ma il governo siriano, quindi il regime, si era avvicinato a una soluzione dei problemi in modo puramente tattico. Alla fine sono stati costretti a capire che la questione non si può risolvere in modo tattico. Quindi hanno dovuto assumere un atteggiamento strategico. Noi da tempo guardiamo al tema in modo strategico. Nonostante tutti gli interventi in Siria abbiamo sempre difeso l’approccio secondo il quale il problema siriano si può risolvere solo se tutte le siriane e i siriani si mettono insieme. Per questo siamo andati a Damasco. Prima il regime ci accusava di voler dividere la Siria. Attraverso la nostra visita a Damasco e i nostri colloqui con il regime ora abbiamo potuto sfatare questa accusa in via definitiva. Abbiamo sempre detto che il problema si può risolvere solo attraverso l’unità della Siria. Questa posizione la rappresentiamo ancora oggi.
Di cosa si è parlato nell’incontro? C’è stato accordo su data e luogo di un ulteriore incontro?
Abbiamo concordato di fondare una commissione che discuterà del sistema di governo. Qui da noi da sette anni c’è il sistema dell’autonomia democratica. La regione viene amministrata sulla base di questo approccio. A tutti i bisogni della popolazione viene risposto in questo modo. La delegazione del regime però punta sul vecchi sistema dell’amministrazione locale e vuole un ritorno a questo sistema. Noi rappresentiamo la posizione che questo sistema è obsoleto e che il nostro sistema autonomo funziona meglio e con maggiore successo. Perché il vecchio sistema dell’amministrazione locale del regime non garantisce diritti, libertà e libera espressione delle opinioni. Questo sistema obsoleto stabilisce solo un’area di servizi. Noi siamo convinti del fatto che l’autonomia democratica rappresenti un approccio più ampio, efficace e con maggiori successi. Nella commissione appena cerata per la prima volta si discuterà di questa questione.
Per quanto ne sappiamo il regime sembra voler istituire nuovamente il sistema delle amministrazioni locali in base all’articolo 107 della Costituzione siriana. Ma la Costituzione non è in vigore. In questa situazione avete tematizzato la richiesta di autonomia o di una federazione?
Per quanto riguarda il tema delle federazione ci sono diversi problemi. Noi sosteniamo il modello dell’autonomia democratica e lo proponiamo come soluzione per tutta la Siria. Ma al termine federazione, il regime e diversi gruppi della società reagiscono con riserve. Fanno riferimento all’Iraq e dicono: „In Iraq prima hanno parlato di una federazione, poi di un referendum, poi di indipendenza e alla fine volevano dividere il Paese.“ Ma noi proponiamo un sistema nuovo. Questo tema verrà trattato in modo distinto appena avranno inizio i colloqui. Noi siamo per un sistema decentralizzato.
Con il tema Siria attualmente si fanno particolarmente spesso i nomi di due regioni: Afrin e Idlib. La prima si trova sotto occupazione di un esercito straniero. La seconda forse diventerà obiettivo di un’operazione militare. Nell’ambito dei vostri colloqui sono stati discussi anche i tempi di Afrin e Idlib?
Sul tema Afrin abbiamo criticato il regime. Gli abbiamo detto chiaramente: „A Afrin c’è stata un’operazione grande e i turchi hanno occupato Afrin. Ma voi non avete preso neanche una singola decisione a questo proposito. Avreste per esempio potuto chiudere lo spazio aereo siriano all’aviazione turca. Ma voi non lo avete fatto. Non ne siete stati in grado. Questo errore ora deve essere corretto.“ A proposito di Idlib il regime attualmente sta facendo alcuni preparativi. Dicono che non c’è un’altra possibilità se non quella di riconquistare Idlib.
C’è la possibilità che in futuro da parte del regime a Idlib si possa lavorare insieme con le forze militari della Federazione Democratica Siria del Nord? È stata discussa questa possibilità?
No, questo non è stato discusso perché questa è una questione militare. Noi abbiamo parlato solo di temi politici e amministrativi. Ma a Afrin la popolazione è stata costretta alla fuga. Anche da Idlib è fuggita una gran parte della popolazione. Quindi hanno diritto a un intervento per poter tornare nella loro terra e perché sia liberata dalla mano nemica.
Quanto è durata la riunione a Damasco?
La riunione è durata circa tre ore.
Si è parlato della Turchia, di Ankara e del regime di Erdogan?
Naturalmente. Il regime ha chiarito che considera la Turchia uno Stato occupante che la scaccerà dalla Siria.
I rappresentanti del regime hanno parlato di pressioni della Turchia per non lavorare con le curde e i curdi?
No. Il regime attualmente è occupato a risolvere il problema siriano. Vogliono trovare una soluzione. Sanno che in Siria c’è un problema curdo. Vogliono risolverlo. Ma come? Noi diciamo che non si tratta solo di un problema curdo. In Siria ci sono numerosi problemi. Tutto il popolo siriano ha problemi per quanto riguarda libertà e diritto. Non ci sono solo i problemi delle curde e dei curdi, di una nazione o di una singola area. Il popolo siriano è scontento rispetto a tutta una serie di temi. Noi vogliamo democratizzare Damasco. Vogliamo democratizzare tutta la Siria. Proprio di questo parliamo con il regime.
Com’è la situazione economica in Siria del nord? Le persone sono soddisfatte o rimpiangono i tempi sotto Assad?
No. Prima mancavano molte cose, p.es. le scuole. La popolazione araba riferisce che nonostante il suo desiderio, prima non venivano fatte scuole dappertutto. Il regime per anni non ha aperto scuole per loro. Ora hanno scuole. Anche economicamente la situazione della popolazione è migliorata. Il commercio oggi avviene in modo più libero. Chi vuole oggi può aprire un negozio o realizzare un progetto.
Prima non si poteva aprire un negozio?
Prima per questo c’erano molte precondizioni. L’intera economia prima si trovava nella mano di una persona. Tutte le entrate andavano a questa unica persona. Questo oggi è diverso. Quel sistema oggi non c’è più. Il sistema è cambiato e le persone lo sentono.
Noi siamo arrivati dal confine iracheno a Qamishlo. Sul percorso fino a qui abbiamo visto molte stazioni di estrazione del petrolio. Quanto petrolio c’è nella regione? Da chi vengono gestite le postazioni di estrazione?
Per questo c’è un comitato che è collegato all’amministrazione autonoma. Questo comitato si occupa di tutte le attività economiche, compreso il petrolio.
Prima com’era?
Prima si amministrava in modo centralizzato. Tutte le entrate economiche andavano a Damasco. Qui in questa regione prima non restava niente.
Nel suo Paese, in Siria, attualmente si trovano sei forze armate diverse. C’è il regime, le vostre forze, gli USA, la Russia, la Turchia e l’Iran. Si potrebbero aggiungere anche Israele e gli jihadisti. Come ve la cavate con tutte queste forze?
(ride) Beh, non è poi tanto semplice.
Il suo Paese sembra essere molto attraente. Tutti vogliono venire qua e restare. Perché? E come affrontate questo?
(ride) Si vede che siamo un Paese simpatico! Naturalmente non è semplice affrontare una tale varietà di forze. Ogni Paese e ogni forza persegue i propri interessi. Noi abbiamo iniziato un’offensiva contro lo Stato Islamico (IS) e l’abbiamo proseguita insieme alla coalizione internazionale. Nella nostra regione abbiamo potuto festeggiare un grande successo. Questa regione è importante. È ricca e dal punto di vista politico ha un futuro significativo. Per questo tutti si interessano di noi. Non perché ci amano particolarmente …
Come erano inizialmente le vostre relazioni con la Turchia? Come si sono sviluppate? Come sono fatte attualmente? Che tipo di relazioni volete costruire con Ankara?
Finora le nostre relazioni sono state caratterizzate da una grande crisi. La Turchia non solo qui, ma in tutto il Medio Oriente ha svolto un ruolo molto negativo, in particolar modo in Siria. Ha sempre sostenuto i gruppi islamisti. Nonostante questo abbiamo sempre puntato sul fatto di mantenere le nostre relazioni con la Turchia. Ma questo non ha funzionato. Perché la Turchia vuole distruggere del tutto le curde e i curdi. In Iraq hanno per forza di cose costruito relazioni con in piccolo gruppo curdo. Rispetto a tutte le altre aree si comportano in modo ostile. Solo con un unico partito intrattengono relazioni. Ma questo non significa che Erdogan accetta le curde e i curdi. Il governo turco considera le curde e curdi terroristi che deve annientare. La Turchia deve ritirarsi da Afrin. Appena sarà successo questo, potremo aprire un capitolo nuovo, positivo. Anche per quanto riguarda le curde e i curdi in Turchia siamo convinti che questa guerra non porta da nessuna parte e che non può essere portata avanti all’infinito. La Turchia deve iniziare un processo politico. L’organizzazione locale e la popolazione locale devono essere riconosciuti. Poi bisogna sedersi insieme e parlare seriamente di una soluzione.
Lei come vede una possibile fase di soluzione? Si arriverà prima a una soluzione in Siria e poi verrà risolto il problema curdo in Turchia? O deve prima essere risolto il problema curdo in Turchia?
Se in Turchia non si arriva a una grande crisi, una soluzione del problema locale sicuramente sarebbe un vantaggio. Perché la Turchia si comporta sempre come un nemico. Qualsiasi cosa facciamo qui, la Turchia assume sempre un atteggiamento ostile in proposito.
Visto dalla Turchia appare così: fino a quando la Turchia mette contro di lei le curde e i curdi in Siria, una soluzione della questione curda in Turchia appare difficile. Ma se la questione curda in Siria viene risolta e le curde e i curdi lì ottengono uno status, anche la Turchia può risolvere più facilmente il suo problema.
Questo naturalmente avrebbe influenza. Ma la Turchia non fa che impedirlo. Noi diciamo per esempio che risolveremo il problema qui sul posto con il regime siriano. Ma poi siamo costretti a vedere che la Turchia il giorno dopo manda direttamente una delegazione a Damasco per sconsigliare una collaborazione con noi. La Turchia cerca di distruggere tutto.
di Artı Gerçek