La strage di Ankara e le mire di Erdogan
Il 10 ottobre, la manifestazione per la pace e la democrazia promossa da molte organizzazioni della società civile, sindacati e partiti progressisti e democratici, tra i quali HDP, è stato il bersaglio di un terribile attentato. Un attentato tra i più sanguinosi nella storia della Turchia, che ci fa tornare in mente gli anni più bui della stessa nostra storia: 128 persone sono morte mentre altre 48 sono in condizioni critiche e combattono per rimanere in vita. Più di 400 sono i feriti.
Le bombe di Ankara sono un triste epilogo di quanto già accaduto in questi mesi. Prima le bombe sul comizio di chiusura della campagna elettorale dell’HDP a Diyarbakir lo scorso 5 giugno che causò la morte di 5 persone e il ferimento di altre 200 e poi l’attentato suicida di Suruc del 20 luglio che costò la vita a 34 giovani che volevano recarsi a Kobane per portare aiuti alla popolazione stremata dagli attacchi dello Stato islamico.
Siamo molto preoccupati di quanto sta accadendo in Turchia e Kurdistan. Come abbiamo potuto vedere con i nostri occhi, il popolo Curdo è oggi sotto attacco delle forze speciali e dell’esercito Turco e le libertà fondamentali sono fortemente compromesse in tutta la Turchia. Chiunque sia l’autore materiale di questa ultima strage si inserisce nel contesto di una guerra contro i Curdi e di una forte repressione dell’opposizione democratica che alle elezioni del 7 giugno scorso votando per l’HDP (Partito Democratico dei Popoli) ha scongiurato la formazione di una maggioranza assoluta nel parlamento Turco dell’AKP e quindi ha minato il progetto del presidente Erdogan di trasformare l’assetto dello stato Turco in una sorta di “sultanato” con pieni ed assoluti poteri in capo al presidente per diventare lui stesso l’unica autorità politica in Turchia.
La strage di Ankara apre la strada al clima di sempre maggiore insicurezza regionale, colpendo chi vuole la pace e la democrazia nel Paese e chiede l’immediata ripresa dei negoziati di pace tra lo stato Turco e il leader curdo Ocalan, tuttora recluso nell’isolamento più assoluto nell’isola prigione di Imrali. Non possiamo più chiudere gli occhi sulle connessioni delle forze di intelligence turche (MIT) e la vicinanza del governo dell’AKP con gruppi come Daesh, Al-Nusra e Aharar Al-Sham, che sono stati supportati e finanziati in funzione anti Curda in Rojava, nel nord della Siria. È qui che nasce la tragedia di oggi.
Per raggiungere il suo fine, ossia far diventare la Turchia un regime presidenziale, Erdogan ha bisogno che il suo partito, l’AKP ottenga la maggioranza assoluta dei seggi in parlamento così da poter formare un governo a partito unico. Il suo obiettivo è quindi spingere l’HDP sotto la soglia di sbarramento (10%). Per raggiungerlo, il governo dell’AKP ha adottato una “strategia della tensione” come approccio strategico: per prima cosa è stato rotto il cessate il fuoco, di conseguenza gli attacchi al PKK si sono intensificati. Man mano che l’escalation di violenza cresceva si creava la base per scatenare un vero e proprio linciaggio. Centinaia di sedi dell’HDP sono state assaltate da militanti dell’AKP con l’aiuto di nazionalisti e fascisti turchi con cui quest’ultimo si è alleato. L’opposizione democratica veniva zittita con arresti e aggressioni nella parte occidentale del Paese, mentre le città Curde sono state tenute sotto assedio militare e coprifuoco per interi giorni.
Abbiamo toccato con mano quanto accaduto a Cizre, dove 21 civili sono stati massacrati dalle forze armate e dalla polizia Turche e abbiamo visto con i nostri occhi l’assedio al quartiere Sur di Diyarbakir. Sono indelebili nella nostra mente le immagini che abbiamo visto della devastazione prodotta dai mezzi militari pesanti nei confronti della popolazione civile.
Noi esprimiamo il nostro cordoglio e le nostre condoglianze alle famiglie delle vittime e al popolo Turco e Curdo. All’opposizione democratica che non si arrende nel Paese. La comunità internazionale deve tenere alta l’attenzione e garantire che le elezioni del prossimo 1° novembre siano libere e trasparenti. Noi come Sinistra Ecologia Libertà saremo presenti alle elezioni con una delegazione affinché ciò accada e facciamo appello a tutte le forze democratiche a fare altrettanto. Contemporaneamente chiediamo con forza che si riapra il processo di pace affinché ci sia una soluzione democratica della questione Curda e che si interrompano immediatamente le operazioni militari e di repressione in atto in molte città e villaggi del Kurdistan Turco.
di Franco Bordo, Giovanni Paglia
deputati di SEL
sinistraecologialiberta.it