La risposta dei media turchi «contro l’oppressione»

Coro di protesta all’oscuramento dei canali televisivi Bugün e Kanal Türk e al blocco della diffusione dei due quotidiani dello stesso gruppo

«Voci della demo­cra­zia unite con­tro l’oppressione». Così la prima pagina del quo­ti­diano Cum­hu­riyet rias­su­meva ieri, all’indomani del blitz della poli­zia alla sede del gruppo media­tico (Koza) Ipek di Istan­bul, il coro di pro­te­sta all’oscuramento dei canali tele­vi­sivi Bugün e Kanal Türk e al blocco della dif­fu­sione dei due quo­ti­diani dello stesso gruppo, Bugün e Mil­let. Un coro for­mato dai media tur­chi non pro-governativi come da nume­rosi giu­ri­sti, rap­pre­sen­tanti poli­tici e della società civile.

Il fatto ha unito i set­tori più dispa­rati della società, dal movi­mento poli­tico curdo ai kema­li­sti, dal par­tito dei nazio­na­li­sti che hanno con­dan­nato l’operazione all’unisono.

Una situa­zione con­si­de­rata quasi una minac­cia dai media pro-governativi come Star che parla invece di una messa in scena pia­ni­fi­cata dall’«organizzazione ter­ro­ri­stica di Gülen e i loro alleati» per creare taf­fe­ru­gli spar­gendo la voce che si «stava atten­tando alla libertà di stampa». Un’operazione, insomma, «per influen­zare la per­ce­zione dei fatti».

Così, ad esem­pio, scrive anche l’editorialista del quo­ti­diano Hüseyin Gülerce: «A tre giorni dalle ele­zioni, la deci­sione di asse­gnare dei com­mis­sari alle società in seno al gruppo Koza Ipek, ci ha dimo­strato ancora una volta il livello di pola­riz­za­zione della nostra società», e aggiunge: «La resi­stenza dimo­strata all’ingresso della sede dei media della Hol­ding e il fatto che i depu­tati del Chp, Mhp e Hdp [rispet­ti­va­mente il par­tito kema­li­sta, nazio­na­li­sta e filo-curdo ndr] che in con­di­zioni nor­mali non rie­scono a stare insieme, abbiano una­ni­ma­mente soste­nuto que­sta resi­stenza, ci serva da esem­pio per capire chi va a brac­cetto con chi».

Ma le voci hanno con­te­stato l’operazione della poli­zia seguita dalla deci­sione di «com­mis­sa­riare» 22 società del gruppo Koza Ipek, sotto inda­gine dallo scorso set­tem­bre, non solo per motivi legati alla libertà di stampa.

Come Murat Yet­kin che su Radi­kal scrive che il fatto è estre­ma­mente «pre­oc­cu­pante non solo per la libertà di stampa e di espres­sione, ma anche per l’indipendenza della magi­stra­tura dall’esecutivo e non ultimo per il diritto di pro­prietà e la libertà di investimento».

Una que­stione par­ti­co­lar­mente cri­ti­cata è, ad esem­pio, pro­prio quella del com­mis­sa­ria­mento (peral­tro a figure che risul­tano per la mag­gior parte mem­bri del par­tito gover­na­tivo o vicino a esso).

Il prof. Metin Fey­zio­glu, a capo dell’Ordine nazio­nale degli avvo­cati con­te­sta addi­rit­tura la stessa deci­sione di com­mis­sa­ria­mento «di cui», scrive, «non risulta la necessità».

«L’operazione che pre­vede la ces­sione ai com­mis­sari della dire­zione delle società del gruppo infrange nume­rosi diritti e libertà fon­da­men­tali, tra cui il diritto di pro­prietà e la libertà di stampa», afferma sem­pre Feyzioglu.

Ieri intanto, per la prima volta il nome e la foto dell’imam stan­ziato negli Stati uniti, è apparso nella «lista rossa del ter­ro­ri­smo» del mini­stero dell’Interno. Il nome di Gülen appare accanto a quella di diversi diri­genti del Pkk (Par­tito dei lavo­ra­tori del Kur­di­stan). Un altro quo­ti­diano filo-governativo, Sabah, ha for­nito la noti­zia scri­vendo: «Sabah vi rivela l’accordo segreto tra il Pkk e il movi­mento di Gülen». Una nuova teo­ria complottistica?

di Fazila Mat Il Manifesto