“Kurdistan libero”. Il 16 febbraio in piazza a Roma per chiedere, pace, libertà e giustizia

Sono passati 20 anni da quando il governo italiano, in nome dei propri interessi geopolitici, consegnò di fatto il Presidente del PKK, Abdullah Ocalan al regime turco. Una vicenda misera che pesa ancora sulla nostra storia politica, da una parte un governo, di centro sinistra, che rimandò il presidente in Kenia, alla mercé del governo turco, dall’altra decine di migliaia di uomini e donne democratici che in piazza tentarono di impedire questo affronto. Oggi il presidente, detenuto in isolamento nel carcere / isola di Imrali, trascorre il tempo scrivendo e proponendo una visione del mondo e della società alternativa a quelle esistenti. Impariamo dai suoi testi come se rileggessimo Gramsci (a cui spesso Ocalan si richiama), scrive di società in cui dal basso, dal rapporto fra i generi e il potere si potrebbe declinare una vita diversa e più felice, non solo per i curdi. Invece questo pensatore, pericoloso perché il suo cervello elabora ancora, incute paura più delle armi, non solo a Erdogan e all’oppressivo regime turco ma al mondo intero. Non casualmente il partito di cui è leader è considerato nella black list delle organizzazioni terroriste, nonostante si sia dimostrato l’unico vero argine all’ISIS, nonostante pratichi una democrazia partecipata lontana dalle esperienze più avanzate, non solo europee. Per chiedere la sua libertà, quella dei 260 mila prigionieri politici, 120 i giornalisti, 300 gli avvocati e poi parlamentari, candidati alle elezioni, esponenti della società civile laica accusati di terrorismo.

A fine marzo si terranno le elezioni amministrative in quello che è un vero e proprio carcere a cielo aperto e molti candidati laici, non solo della minoranza curda, sono stati preventivamente arrestati, ma l’Europa, dopo i 6 miliardi di euro versati per non avere più rifugiati siriani sul continente, resta indifferente. Nel silenzio, mentre il regime conclude affari col governo sovranista italiano, ad esempio provando ad ottenere concessioni nel porto di Taranto, per alimentare il commercio fra i due paesi, mentre si bombardano le partigiane dellì’YPG, le uniche che combattono realmente il terrorismo jhaedista con il pretesto che costituiscano un pericolo per la sicurezza turca. Liberare Abdullah Ocalan (riconosciuto troppo tardi come rifugiato politico in Italia) è la sola chiave per dare una speranza di pace all’intera area. Invece in questi giorni si assiste ad una recrudescenza unilaterale delle violenze, molti detenuti e detenute curde, si oppongono col proprio corpo, con lo sciopero della fame a questo rifiuto di offrire speranza. Una per tutte la deputata HDP Leyla GÜVEN giunta al 80° giorno di sciopero insieme a centinaia di detenute/i con l’intento di “porre fine all’isolamento di Ocalan”.

Lei è stata liberata ma continua lo sciopero, rischia la morte da un momento all’altro, come tante e tanti suoi compagni di lotta, in carcere o liberi, ma decisi a portare fino in fondo la propria richiesta di libertà. Una vicenda che ci riguarda non solo per le responsabilità italiane ed europee. Ci riguarda in quanto operatori dell’informazione in un paese dove soltanto criticare il governo significa essere considerati complici dei terroristi, soltanto andare a vedere quanto accade, soprattutto nei territori a maggioranza curda, significa esporsi a galere ed espulsioni. Ce ne sono tante e tanti di legali, attivisti per i diritti umani a cui è impedito anche l’accesso in Turchia. E ci sono i social nostrani che se si prova a citare il Presidente Ocalan, ad esporre la bandiera curda, si viene bannati, come terroristi o complici dell’odio. Saremo in tante e tanti, provenienti da tutta Italia, il 16 febbraio prossimo, a partire da Piazza della Repubblica a Roma, per chiedere, pace, libertà e giustizia, parole antiche ma sempre attuali. E vi vogliamo in tante e tanti con noi.

Far sentire la nostra solidarietà ad un paese e a popoli diversi che avrebbero anche trovato la strada per convivere nel rispetto reciproco ma che subiscono repressioni brutali e inaccettabili, alle porte dell’Europa. Il giorno prima si manifesterà a Nairobi, dove la vita da prigioniero di Abdullah Ocalan è cominciata e lo stesso giorno della manifestazione romana, si riempiranno le strade di Strasburgo per far sentire al parlamento europeo una voce di libertà. Nei giorni che ci separano dalle grandi manifestazioni saranno tante le iniziative in giro per l’Europa realizzate per far crescere sensibilità e solidarietà, chiediamo a chi ci legge di cercare anche nella propria città uno di quei momenti, utili a far conoscere un popolo, la sua dignità, la sua voglia di pace e democrazia. Insegnerebbe molto anche al nostro disastrato paese.

di Stefano Galieni, Articolo 21