Kurdistan – la rivoluzione delle donne

Anche quest’anno, fra poco, da venerdì 1 a domenica 3 luglio, ci troviamo nella festa Tepee tal parco; il contesto giusto per continuare a discutere seguendo quel lungo filo che ci porta a ragione intorno ai popoli in lotta per la propria libertà.

Dicono le donne curde in lotta che la parola libertà (amargi, sumero per libertà nel senso di ritorno alla madre), nelle lingue precedenti al sumero non esisteva “perchè non ne esisteva il concetto, e non ne esisteva il concetto perchè non ne esisteva il bisogno. Il bisogno di immaginare una situazione libera inizia con i sumeri e con lo stato, quando le persone sono oppresse.” (*)

Molto è racchiuso in questa frase. Di certo è un punto di partenza per immaginare -e praticare- una nuova visione -azione- del/sul mondo.

Per loro è la Jneologia, come sistema di conoscenza del mondo attraverso la storia e la sensibilità delle donne, come critica al pensiero scientifico positivista neocoloniale, eurocentrico e androcentrico sul quale si è strutturato buona parte del pensiero del XX e XXI secolo.
Quindi critica della scienza come base del dominio dell’uomo sull’uomo, ma soprattutto dell’uomo sulla donna e sulla natura, rifiuto della dicotomia soggetto/oggetto che ha portato alla
fissazione delle gerarchie di genere, al sessismo, ma anche al nazionalismo parlando di popoli.

Noi guardiamo alla loro riflessione ed esperienza non come chi le studia con occhio sociologico, piuttosto come chi ha molto da imparare.

Implementare la sensibilità dell’essere friulane (popolo colonizzato), donne (soggetti colonizzati, spesso) e diventare donne autorganizzate.

E l’autorgazzizazione, o, come la chiamiamo noi, autodeterminazione, non è quello che abbiamo individuato come via di uscita dalla violenza di genere eredità mai passata di una cultura profondamente patriarcale?

Che insegnamento ci viene da loro sulla “somministrazione” della giustizia! Tanto per fare un esempio.

Una “giustizia” esercitata non in in termini sanzionatori e individualistici, come nelle società
occidentali, per il tal reato (quando viene riconosciuto), la tal pena; ma in modo collettivo e problematizzando e socializzando il problema (la violenza degli uomini sulle donne, ma più in generale anche l’oppressione intrafamiliare). Prima tra donne, poi portando fuori il problema nella comunità allargata in modo che tutti se ne facciano carico. Poi ci sono i gruppi delle giovanissime combattenti che hanno deciso di praticare l’autodifesa in modo strutturato e che non danno tregua ai “maschi dominanti”.

Poi ci sono le accademie che studiano come le società senza stato si sono attrezzate per risolvere i conflitti in maniera non degenerativa e non autoritaria….

Insomma, tanto su cui riflettere e imparare, e non dimentichiamo la solidarietà per un popolo, quello curdo, comunque massacrato dagli stati, in particolare quello turco che lo vorrebbe cancellare.

Intorno a tutto questo, dialogheremo con

Norma Santi e Alessia Dro di ReteKurdistan. Entrambe attiviste a
fianco delle donne curde in lotta.
Norma, romana, artista,  ha curato su A rivista anarchica di maggio
2016 un articolo di approfondimento sulla Jineologia;
Alessia, cagliaritana, è una giovane ricercatrice, ha partecipato
alla Conferenza di Jineologia di Colonia nel 2014, che ha visto la
partecipazione e il confronto tra donne provenienti da diverse parti
del mondo-

Le incontriamo domenica pomeriggio dalle 16,00 in poi a Tepee tal Parco – S.Giorgio di Nogaro-

(*) dall’intervista che trovate qui

iniziative37-1 iniziative39