Kobane è libera, noi ancora no

Kobane è a due chilometri da Suruc, una città di circa 100.000 abitanti al confine tra Turchia e Siria. Poco meno di un anno fa è cominciata una guerra: Isis contro le forze di resistenza popolari curde, Ypg e Ypj. Sono donne e uomini del Kurdistan – che insiste su quattro Stati –, che hanno costruito un altro modello di società. Libero e partecipato.

Oggi Kobane è libera. L’abbiamo vista da lontano, sventrata e piano piano ci siamo avvicinati, con una delegazione istituzionale che non poteva essere fermata. Un accompagnatore ci mostra le prime foto delle unità di polizia locale di Kobane, appena ricostituite.

Oggi Kobane è libera. Ma il merito non è dell’Occidente. Anzi. Ce lo racconta, in un caldo torrido che invade una tenda, verso le quattro del pomeriggio, una signora che non può tornare nella sua città perché i fratelli hanno bisogno di cure. Siamo in un campo profughi gestito dalla municipalità di Suruc che, seppur poverissima, trova le risorse per ospitare migliaia di propri fratelli, nominalmente appartenenti a Stati diversi.

La signora sa che la Turchia sta nella Nato, e si chiede come è possibile che per i soldati Isis sia così facile attraversare il confine di un paese Nato. E racconta di come il nostro ruolo sia far conoscere questi legami.

Ma cos è l’Isis? Per le nostre controparti politiche, tutte dell’Hdp, è molto chiaro: l’Isis è il frutto del capitalismo nei paesi della penisola arabica, e cioè dell’idea di società e di relazioni umane dell’Arabia Saudita, del Qatar e degli Emirati Arabi Uniti. Quel Qatar che ci troviamo in casa in Sardegna.

Un’altra profuga ci racconta l’ultima strage dell’Isis: 250 morti, che potevano essere molti di più. Vestiti da guerriglieri Ypg e Ypj l’Isis, secondo lei provenienti dalla Turchia, sono arrivati a Kobane. Hanno cominciato a bussare le porte, ed ammazzare tutto ciò che incontravano. Se non fosse stato per l’intervento delle forze di resistenza, la strage avrebbe assunto proporzioni più ampie.

Secondo la co-sindaca di Suruc la Turchia sta ammassando truppe al confine con la Siria e potrebbe decidere, da un momento all’altro, di attaccare e di invadere. Ma per fare cosa? Erdogan, attuale presidente della Turchia, ha più volte dichiarato che ha più paura dei curdi che dell’Isis. I curdi, però, in Rojava, hanno sviluppato un sistema sociale inclusivo, progressista ed egualitario.

La co-sindaca ci fulmina: “Come mai in questa delegazione non c’è neanche una donna?”. L’Hdp, il partito rivelazione delle ultime elezioni turche, che ha come massimo aspiratore Abdullah Ocalan, da tempo attua azioni fortissime per imporre la parità di genere. Ad ogni livello amministrativo i capi sono due: una donna ed un uomo. Anche se la legge turca non lo consente, invece del sindaco, ci sono due co-sindaci.

Cosa rispondi all’osservazione? Racconti delle condizioni storiche, della Chiesa, del fatto che i consiglieri regionali donna sono 4 su 60 in Sardegna, ed i consiglieri comunali donna di Cagliari 2 su 40? Abbiamo farfugliato qualcosa ed incassato.

Oggi a Kobane c’è tutto e non c’è nulla. Non ci sono le scuole, non c’è lavoro, non c’è da mangiare, non c’è un posto dove dormire, perché l’80% delle case sono distrutte. Ma a Kobane c’è tutto.

di Enrico Lobina, Consigliere comunale Cagliari -IlfattoQuotidiano

Foto di Roberto Mulas