Karayilan: La Turchia ha venduto Aleppo per avere in cambio al-Bab

Intervista con il componente del Consiglio Esecutivo della KCK Murat Karayılan, da Firatnews

Attualmente in Medio Oriente sono in corso importanti e rapidi sviluppi. Ad Aleppo gruppi come il Fronte Al-Nusra e parti dell’Esercito Libero Siriano hanno perso la battaglia decisiva contro il regime siriano e la Russia. Gli sconfitti di questo scontro quindi sono stati i gruppi che venivano sostenuti dalla Turchia. Dopo questo esito ad Aleppo alcune aree già parlano di nuovi rapporti di forza in Siria e nell’intera regione. Ci può dare il suo punto di vista su questi sviluppi? 
È giusto, possiamo parlare di una nuova fase della guerra in Medio Oriente. Ogni attore in questa guerra sta facendo nuovi calcoli per poter fare una nuova valutazione sullo svolgimento degli scontri e poter rivalutare in questo contesto la propria posizione. Uno dei fattori più importanti in questi calcoli è la domanda su come sarà la politica del futuro Presidente USA Donald Trump in Siria e in Medio Oriente. Si specula molto e tutte le parti si preparano a possibili evenienze che possono toccare la loro posizione e i loro interessi.

Il secondo punto importante in questa nuova fase è la domanda su quale politica seguiranno il regime siriano e la Russia dopo l’esito vittorioso della battaglia per Aleppo. Naturalmente qui conta anche il ruolo dell’Iraq. Quindi anche il ruolo di questi attori nel futuro svolgimento della guerra è oggetto di calcoli. Si pone la domanda se il regime siriano dopo la vittoria di Aleppo segue un nuovo corso che punta alla conquista militare di ulteriori territori nel Paese. O se il regime ora a partire da una posizione di forza entra in un dialogo con le restanti parti in conflitto e punta ad una soluzione diplomatica. La risposta a questa domanda probabilmente si chiarirà nei prossimi giorni.

Il regime può ottenere una soluzione attraverso il dialogo?

In effetti il regime e gli attori che agiscono insieme ad esso, Russia, Iran e gli Hezbollah libanesi hanno una buona occasione. Con la visione che la vecchia Siria non può essere riportata alla vita così, possono avviare una riforma di democratizzazione e possono entrare nel percorso di una federazione o di un’altra forma di amministrazione con amministrazioni autonome a livello locale, per costruire così una Siria democratica. Possono entrare in contatto con il Rojava o con la Federazione della Siria del nord e risolvere le questioni della democratizzazione attraverso il dialogo. In linea di principio possono avviare un dialogo,sviluppare e mettere in pratica una soluzione con tutti i gruppi nel Paese, tranne che con il Fronte Al-Nusra e IS. La base di una soluzione del genere dovrebbe essere una Siria democratica nella quale tutti i popoli si sentono sicuri e possono amministrarsi e rappresentarsi politicamente in modo autonomo. Penso che ci sia una prospettiva di successo. Ma se il regime decide l’altra strada e agisce secondo il motto „io con Aleppo ho vinto, posso vincere anche da qualsiasi altra parte “, allora il conflitto e gli scontri diventeranno ancora più profondi.

Vorrei sapere da Lei quale ruolo ha svolto la Turchia nella battaglia per Aleppo?

A questo proposito devo dire in primo luogo che la politica della Turchia sulla Siria era a terra già prima della battaglia di Aleppo. E ora ad Aleppo non sono stati battuti solo il Fronte Al-Nusra e l’ESL, ma allo stesso tempo anche l’AKP e Erdoğan. La ragione principale per questo fiasco della politica della Turchia sulla Siria sta nel fatto che è indirizzata completamente su una linea anti-curda. All’inizio aveva ancora l’obiettivo di far cadere Assad in Siria e di impedire possibili conquiste dei curdi in una nuova Siria. Ora ha rinunciato al primo obiettivo e si concentra unicamente sulla politica anti-curda in Siria. Solo per questa ragione ha appoggiato gruppi come il Fronte Al-Nusra e rafforzato anche la sua base ad Aleppo. L’obiettivo era di impedire il rafforzamento del Rojava con l’aiuto di questi gruppi. Poi la Turchia ha concretizzato ulteriormente i suoi obiettivi e si è messa d’accordo con la Russia sul fatto che i cantoni di Afrin e Kobanê non vengono collegati tra loro. La Turchia quindi ha venduto Aleppo e in cambio di questo ha preteso al-Bab. In seguito a questi i gruppi ad Aleppo, che in precedenza venivano ancora definiti dalla Turchia come suoi „fratelli“, sono stati abbandonati. E questi fratelli allora ad Aleppo non hanno avuto più possibilità di resistere all’attacco.
E la Turchia in cambio ha ottenuto la consegna di al-Bab? Nei media turchi viene già celebrata un’atmosfera come se la città fosse già stata conquistata.

No. La Turchia non è ancora riuscita a prendere al-Bab. Al-Bab è un argomento a sé. Come hai già detto, da quattro mesi nei media turchi si parala della marcia vittoriosa da Jerablus fino ad al-Bab. Il territorio da Jerablus fino a Dabiq è stato conquistato dall’offensiva turca senza alcuno scontro. Ma appena c’è stata resistenza da parte di IS, come è successo alle porte di al-Bab, l’operazione si è arenata. Questo chiarisce che l’esercito turco e i suoi alleati non hanno veramente successo. Perché nonostante tutti i vantaggi dal punto di vista tecnico-militare, non riescono a penetrare nella città. Le notizie nei media turchi quindi ingannano sulla realtà sul campo di battaglia.

Quindi la propria popolazione viene ingannata. Anche le perdite nelle proprie file vengono nascoste. Di volta in volta si parla di singoli soldati turchi che hanno perso la vita, ma le perdite effettive dell’esercito turco in terra siriana sono senza dubbio chiaramente più elevate.

“Responsabile per lo spargimento di sangue è il governo dell’AKP “

Nelle scorse settimane si sono verificati due attentati contro le forze di sicurezza turche. Dopo in tutta la Turchia ci sono state campagne di linciaggio contro la popolazione curda. Come vanno valutati questi ultimi sviluppi in Turchia?
Siamo sempre stati contrari a questa escalation. I popoli in Turchia dovrebbero sapere che il PKK non è stato mai a favore della guerra. E non lo è neanche ora. Ma se la controparte nega a un popolo tutti i diritti che gli spettano per natura e cerca di cancellarlo con la violenza, allora naturalmente il PKK si opporrà. L’obiettivo del PKK è di stabilire giustizia e democrazia nel Medio Oriente e di sostenere i diritti del popolo in Kurdistan che dovrebbero essergli riconosciuti in modo naturale.

Guardiamo un attimo indietro alla dichiarazione che è stata annunciata il 28 febbraio 2015 nel palazzo di Dolmabahçe come risultato intermedio del processo di pace. Il nostro presidente vi aveva invitato il PKK a convocare un congresso straordinario per discutere di deporre le armi. Se Erdoğan non avesse rifiutato questa dichiarazione e non avesse di colpo dichiarati conclusi i negoziati di pace, ci saremmo ritrovati in aprile per parlare della deposizione delle armi. Questo avrebbe aperto una fase completamente nuova, nella quale le armi avrebbero taciuto.

Sostenere quindi che il PKK è responsabile per il divampare della violenza non ha nulla a che vedere con la verità. La realtà è invece che Erdoğan ha sognato di rafforzare la sua posizione di potere e di costituire un sistema a un solo uomo in Turchia. E per la realizzazione di questo obiettivo si è deciso per la guerra contro i curdi. Quindi non ha deciso per la pace, ma per la guerra.

Che si tratti dell’attentato a Istanbul- Beşiktaş, o ora dell’attacco al comando militare a Kayseri che non è stato ancora rivendicato [N.d.T. il 20.12.2016 è stata resa nota la rivendicazione dei TAK], per lo spargimento di sangue è responsabile unicamente l’AKP. Questo vale anche per gli scontri e per le perdite da entrambe le parti che si sono verificati già in precedenza. Per questo sono responsabili coloro i quali per il loro potere sono pronti a far scorrere sangue. E proprio questa è la mentalità dell’AKP.

L’obiettivo degli ultimi attacchi sono state le forze di sicurezza. Lo sostengono anche gli enti governativi. Vuole dire qualcosa in proposito?
Nei Paesi normali democratici la politica e l’esercito sono responsabili per la sicurezza di un Paese. Ma in Turchia queste forze sono specializzate nell’attaccare oppositori e la propria popolazione, perfino ad assassinarla. Così a Istanbul il 15enne Berkin Elvan o Ethem Sarısülük sono stati effettivamente giustiziati dalla polizia. Anche la giovane donna Dilek Doğan è stata giustiziata dalla polizia nella sua abitazione. La polizia in Turchia picchia veramente la gente con i manganelli, la attacca con granate di gas, usa violenza contro l’intera società, e appunto uccide anche. Queste forse per questo non sono più forze di sicurezza, ma una forza di guerra. In questo senso quindi vanno anche gli attacchi contro le forze di polizia vanno letti come parte della guerra in corso.

Sull’attacco al comando militare di Kayseri va detto anche che queste unità sono responsabili per molti massacri in Kurdistan. Questo lo dicono i media stessi. Si tratta quindi delle stesse truppe che in Kurdistan sono responsabili per la distruzione delle città, l’incendio di villaggi e l’esecuzione extragiudiziale di innumerevoli persone. Nelle scorse settimane nei social media è apparso un video che mostra l’esecuzione di due giovani guerrigliere. Anche di questo fatto sono responsabili le unità del comando militare di Kayseri.

A chi ora a livello internazionale condanna questo attacco a questa unità militare a Kayseri, den voglio chiedere se ha condannato anche le scelleratezze di questa unità in Kurdistan? Perché hanno taciuto sulle atrocità di questa unità?

Se allora ci confrontiamo con la situazione attuale, dobbiamo avere chiaro che al momento in Kurdistan c’è una guerra. E chi nonostante questo vuole parlare di terrorismo, dovrebbe prima guardare al terrorismo di Stato in Kurdistan che ha portato alla morte di migliaia di persone e alla distruzione di innumerevoli città. Per fare un confronto: in questi giorni gli sguardi dell’opinione pubblica sono rivolti al dramma ad Aleppo. Ma ad Aleppo per fortuna non abbiamo assistito al fatto che persone ferite che cercavano rifugio nelle case sono state ricoperte di benzina e bruciate vive. Ma proprio questo è quello che ha fatto lo Stato turco a Cizre con le persone. La realtà è questa.

Chiarisco ancora una volta, non siamo stati noi la parte che ha voluto che si arrivasse a tanto. Le persone che vogliono ragionare sulla situazione attuale, per questo devono chiedersi seriamente perché siamo arrivati al punto dove ci troviamo ora? Perché è stato chiuso il processo di pace? Queste domande necessitano di una risposta.

Si specula regolarmente su legami della sua organizzazione con il Falchi per la Libertà del Kurdistan (TAK). Alcuni sostengono che lei stesso sostiene componenti a azioni dei TAK. È vero?
Su un attivista della sinistra turca che molti anni fa ha commesso un attentato suicida ho detto che ha perso la vita in modo dignitoso per la sua lotta. E naturalmente tributeremo rispetto anche a questi giovani. Noi abbiamo le nostre critiche nei confronti della loro organizzazione e le esprimiamo anche. Critichiamo un gran numero delle azioni di questa organizzazione che si definisce TAK. Alcune azioni in passato le abbiamo anche condannate apertamente. Ma non possiamo neanche condannare ogni loro azione. Così le loro ultime azioni in parte sono da considerare nell’ambito delle leggi di guerra. Non condanneremo azioni rientrano nell’ambito della legge di guerra internazionale. Quello che però troviamo critico e sbagliato, sono azioni che trascurano questa legge di guerra e nelle quali subiscono danni dei civili. Questo è successo per esempio nell’esplosione a Istanbul. E questo è triste. Esprimiamo a nostro nome le nostre condoglianze ai parenti dei civili deceduti. Cose del genere non devono succedere. I TAK non dovrebbero ricorrere ad azioni nelle quali esiste la possibilità che possano subire danni dei civili. Se si sentono legati alla lotta di liberazione, dovrebbero tenere a questo in modo particolare.

In si deve prendere in considerazione anche l’atteggiamento della controparte. I rappresentanti dello Stato turco agiscono da guerrafondai. Dichiarazioni come, “d’ora in avanti non mostreremo più alcuna pietà; bruceremo le loro vite; li cancelleremo”, ormai si sentono tutti i giorni dalla bocca di un rappresentante dello Stato turco. Se vengono uccisi giovani curdi, dalle loro file si sentono applausi e grida di gioia. E perfino questo a Erdoğan non basta, per cui ultimamente ha fatto appello alla “Mobilitazione Nazionale”. In effetti con questa dichiarazione ha fatto appello alla “Mobilitazione Nazionale di Agenti”, cosa che significa che ciascuno deve denunciare ogni “elemento sospetto” allo Stato. Questo significa che il suo intero apparato di polizia, le sue forze militari, gli arresti quotidiani, non gli bastano. Fa appello anche alla popolazione perché si attivi. Queste sono pratiche che solitamente conosciamo dal fascismo. In un’atmosfera dove è possibile che chiunque faccia la spia contro tutti gli altri, come può svolgersi una vita normale? Come possono vivere le persone in condizioni del genere?

E naturalmente i curdi sono in prima linea gli obiettivi di questa “Mobilitazione “. Dichiarazioni come “noi li annienteremo”, sono rivolte contro la società curda. Solo nei primi due giorni dopo la “Mobilitazione Nazionale” numerosi uffici dell’HDP sono stati attaccati da teppa fascista. Questo è il risultato delle dichiarazioni di Erdoğan. Implicitamente invita questi gruppi ad azioni del genere. Qual è l’obiettivo di tutto questo? Vogliono costringere in ginocchio la popolazione curda. La polizia si tiene fuori da questi attacchi. Immaginiamo che ad Amed o a Batman una grande folla di persone attaccasse gli uffici dell’AKP. La polizia non individuerebbe in pochissimo tempo l’identità degli assalitori? Non esaminerebbe le riprese delle registrazioni video e non arresterebbe i responsabili? Lo farebbero certamente. E perché non fanno lo stesso negli attacchi contro gli uffici dell’HDP? Perché loro stessi ne sono responsabili e aizzano la gente a farli. Per questo non fanno niente.

Da mesi in base allo stato di emergenza viene mantenuto un terrorismo latente contro la popolazione curda. In questo contesto sono state arrestate migliaia di persone. Tra loro ci sono anche sindaci e parlamentari. Come valuta questa situazione?
Ho già detto che cercano di mettere in ginocchio la popolazione curda. Per questo in base allo stato di emergenza cercano di marginalizzare il nostro movimento. Per questo, se gli riesce, prolungheranno ancora lo stato di emergenza. Anche gli attacchi contro HDP e DBP vanno intesi come parte di questo piano. Perché la popolazione trae forza dai loro parlamentari e sindaci. Si vuole togliere questa forza alla popolazione per costringere l’intera società alla capitolazione. E infatti non sono stati colpiti solo i partiti. Complessivamente 190 associazioni curde sono state chiuse. La maggior parte di queste associazioni si occupavano piuttosto di obiettivi apolitici come lavoro culturale o formativo o la lotta alla povertà. Ma l’obiettivo di questi attacchi è di vietare tutto ciò che è minimamente in contatto con la popolazione curda. Perseguono questa politica in modo assolutamente perfido. In uno o due posti arrestano i sindaci, li mettono in carcere e poi mettono la città in amministrazione forzata. Penso che continueranno fino a quando in questo modo avranno preso tutte le amministrazioni locali.

Altrimenti come si può spiegare l’arresto di un uomo anziano che porta un pace-maker come Ahmet Türk? Ahmet Türk è una persona che non parla di altro che di pace. E quando in carcere deve andare ai controlli medici, ora gli impongono le manette. Come si può spiegare un comportamento del genere, se non con il fatto che lo Stato turco vuole mettere completamente in ginocchio la popolazione curda. Un’altra spiegazione per questo non può esserci. E con i curdi vengono attaccati e ridotti al silenzio anche la sinistra, i democratici, perfino alcuni kemalisti, che criticano l’entità di questa violenza. Quindi il loro obiettivo non è solo di vincere la popolazione curda, ma di distruggere insieme ai curdi anche l’intera opposizione.