Intervista alla giornalista olandese Geerdink

ANF ha parlato con la giornalista olandese Frederike Geerdink, che vive in Turchia da sette anni e da nove mesi nella principale città kurda Diyarbakır (Amed).

La Geerdink effettua frequenti visite al villaggio di Roboski, dove 34 civili kurdi sono stati uccisi in un bombardamento dell’esercito turco il 28 Dicembre 2011; scrive notizie sui Kurdi in base alle sue osservazioni dirette nel luogo. Trascorre settimane a Roboski, dove parla con le famiglie delle vittime per capire la situzaione dal loro punto di vista. E’ stata testimone dei sentimenti, delle speranze e della ribellione contro le ingiustizie.

“Roboski significa questione kurda. Quando capisci Roboski, capisci la questione kurda”, dice la giornalista, che sta attualmente lavorando ad un libro in merito. Ha preferito Roboski e Diyarbakır ad Istanbul durante quest’attività.

Commenta i recenti sviluppi come un passo positivo e pieno di speranza ed afferma che una nuova Costituzione potrebbe superare la maggior parte dei problemi che la popolazione della Turchia sta affrontando. Descrive il PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan) come un “gruppo armato” invece che come “un’organizzazione terroristica”: valuta infatti come di parte l’utilizzo che i giornalisti fanno di quest’ultimo termine. Sottolinea che il PKK non intende fondare uno stato separato.

Pubblica le sue notizie quotidiane sulla questione kurda, l’autonomia, la costituzione, gli omicidi di autore non-identificato, il disarmo del PKK sulla pagina web “http://kurdishmatters.com/tr”.

Critica inoltre i giornalisti poichè trascorrono solo alcune ore od alcuni giorni sul luogo delle notizie di cui scrivono: “Io rimango sul posto per un periodo più lungo per vedere la verità ed essere in grado di avere un approccio obiettivo. Ecco perché rimango con le famiglie di Roboski per settimane ed ascolto le loro storie”.

Riferendosi ai bambini di Roboski, afferma: “La maggior parte dei bambini ha abbandonato la scuola dopo il massacro, che ha fatto loro perdere gli amici. Presto andranno anche a fare del contrabbando, il destino della popolazione che abita in questo luogo. Questa verità è conosciuta anche dai soldati di stanza qui: ecco perchè gli abitanti attraversano il confine senza preoccupazioni. Le donne di Roboski stanno ancora piangendo i loro figli, vestite a lutto da allora, e la maggior parte degli uomini sembra più vecchia della sua età. Anche le guardie di villaggio del posto vanno a fare contrabbando a causa dei loro problemi finanziari. I bambini guardano la televisione durante il giorno per sentire quello che si dice di loro. Sperano ancora che i colpevoli siano processati e puniti”, afferma, riferendosi ai sei bambini della famiglia Kaplan, il cui padre è stato tra le vittime del massacro.

“Il rapporto su Roboski della SottoCommissione Parlamentare non ha sorpreso nè me nè gli abitanti del villaggio. Il sistema deve essere cambiato per garantire la giustizia. Il Governo potrebbe scusarsi per Roboski ma adesso è tardi, proprio come lo è stato quando si era leggermente scusato per il genocidio di Dersim. Ammiro la grande resistenza del popolo kurdo contro la negazione della sua identità, sento questa forza ogni volta che viaggio nella regione kurda. Questo è quello che mi incoraggia a dimostrare un interesse più particolare per la questione kurda. Il punto più notevole ad attirare la mia attenzione nelle mie visite nella regione è che non puoi trovare un sentimento di vendetta tra i Kurdi. Hanno sofferto troppo ma tutto quello che chiedono è la giustizia e la pace”, ha aggiunto.

ANF Diyarbakır/Amed