“In Italia aveva tutto, ma pensava al suo popolo”

In Italia aveva tutto. Lavoro, famiglia, amici. Ma a Salman, ragazzo curdo ormai trapiantato a Novara, non bastava. La causa del suo popolo in lotta con l’Isis è stata più forte di tutto. Così è partito per combattere quella che considerava una “guerra giusta”. Ed è morto , trafitto da un proiettile che gli ha oltrepassato il cranio.

Come racconta la Stampa, la storia di Salman era fino al momento della sua partenza, una favola lieta: aveva ottenuto l’asilo politico ed era stato assunto da una cooperativa italiana. Lavorava in una stamperia, aveva una fidanzata e una vita tranquilla, con la sua famiglia e i suoi amici.

“Un anno fa la decisione di abbandonare la sua nuova vita e partire. Ha lasciato solo una lettera: ‘Nessuno mi ha obbligato. Vado a combatter contro l’Isis perché la mia famiglia possa scrivere nella sua lingua”. Poche parole ai genitori per spiegare la partenza. Per dodici mesi nessuna ha saputo più nulla di lui. Finché il 27 gennaio scorso, i familiari hanno ricevuto la notizia della sua morte”.

“Era inquieto, parlava sempre della situazione della nostra gente e delle guerre in Medio Oriente”, racconta il fratello a La Stampa. Niente e nessuno hanno potuto distoglierlo dall’intento di andare a combattere per il suo popolo minacciato dall’avanzare dell’Isis. Così ha acquistato un biglietto di sola andata per la Turchia e da lì ha raggiunto l’Iraq. Non è più tornato.

Huffington Post