Il Report della delegazione Italiana in Kurdistan Basur

CAMPO DI MAKHMUR

Il campo aperto nel 1998, ospita 13.000 kurdi fuggiti dalla Turchia nel 1993 e passati, prima di arrivare a Makhmur, attraverso vari campi.
Incontriamo in mattinata l’attuale co-sindaco sig. Mehmet, l’ex sindaco Polat, Zeinet responsabile internazionale del campo, sig.ra Kashar resp.sanità e il co-sindaco Haci dell’Assemblea del Popolo. Dopo i rituali saluti, il co-sindaco ci informa che esistono contrasti con il governo federale di Barzani (kurdistan nord Iraq) perché i rifugiati sono vicini alle posizioni del PKK.

Il campo in questo momento è in sofferenza perché molti lavori sono stati bloccati ed è sottoposto ad embargo di aiuti. A Erbil, tutti i giovani del campo, che andavano a lavorare, sono stati licenziati. Non sono più stati rilasciati i permessi di soggiorno, il che significa non poter uscire dal campo; sono stati bloccati i permessi di guida con la conseguenza che molti mezzi sono fermi nel campo; 2000 nuovi bambini non sono stati registrati; il grano per il pane viene venduto a prezzo contenuto solo dal governo centrale dell’Iraq; l’ambulatorio UNHCR, prima gestito da loro funzionari, ora è gestito dai giovani medici del campo. “Riusciamo però ugualmente a mantenerci – ci dicono – con le sole risorse del campo ma siamo preoccupati per il futuro”.

Ci illustrano poi il sistema del Confederalismo Democratico. Nel campo, operano due Assemblee istituzionali: una Popolare e una delle Donne. Ogni organo del campo, scuola, ospedale e quartiere ha un suo rappresentante in queste assemblee. Ogni quartiere ha, a sua volta, una sua assemblea che riporta all’Assemblea Popolare ciò che in essa è stato deciso. L’Assemblea Popolare viene convocata ogni due mesi. Quelle di quartiere, una volta alla settimana.

I problemi vengono risolti, in genere, nelle assemblee di quartiere. Se il problema non è risolvibile si va all’Assemblea Popolare. Il campo è diviso in 5 zone e ogni zona ha 4 quartieri. Ogni due anni c’è il Congresso del campo. Anche per l’Assemblea delle Donne valgono le medesime modalità con la differenza che, mentre nell’Assemblea Popolare ci sono due co-presidenti: uno uomo e una donna, nell’Assemblea delle Donne il Presidente è uno solo.

Si parla poi del sistema scolastico: gli studenti sono circa 3000 divisi in 5 asili, 4 scuole elementari, 2 medie, 1 liceo e un’Accademia. La prima scuola è stata formata nel 1994 quando i profughi non erano ancora a Makhmur. Nell’Accademia ci sono corsi di giurisprudenza, medicina, storia e altre materie. C’è la possibilità di andare a studiare in altre università, ad esempio ad Erbil.

I libri di testo vengono redatti dagli insegnati del campo e poi vengono distribuiti in fotocopie a tutti gli studenti. Poi viene riconosciuto il diploma e la laurea come “diploma dei rifugiati” da parte dell’ONU. Le lingue che vengono insegnate sono il kurdo kurmangi (caratteri latini) e l’Inglese come seconda lingua dalla 4° elementare. L’ultimo anno di liceo, lo studente può scegliere la lingua kurda sorani in modo che andando all’università di Erbil non incontra difficoltà.

A conclusione dell’incontro, consegnamo al sindaco il contributo raccolto di 10.000 euro. Contrariamente alla destinazione iniziale che prevedeva il completamento dell’ospedale, il contributo sarà destinato all’acquisto urgente di medicinali e kit sanitari data la situazione di guerra esistente.

Si affronta poi il problema della giustizia. Ogni quartiere ha un suo comitato di giustizia. Il principio che regola il sistema giudiziario è quello di recuperare coloro che sbagliano. Per la comunità non si tratta di un reato ma di uno “sbaglio”, richiamando il concetto di responsabilità collettiva e non individuale.

Per questo non hanno un sistema carcerario. Se il quartiere non riesce a decidere in merito, si va alla decisione nell’Assemblea Generale che isola il soggetto senza però incarcerarlo. Esempio: se una persona “sbaglia” nel campo ambientale, va rieducata e si riabilita obbligandola a relazionare, dopo aver frequentato uno specifico corso sull’ecologia e la tutela ambientale. Nei casi più gravi, come l’omicidio, la persona viene isolata dalla comunità per un periodo di tempo in modo che l’Assemblea trovi una soluzione con la famiglia dell’ucciso. La questione è molto più complicata ma il principio è quello di cercare di rieducare e non incarcerare. Solo in zone di guerra come il Rojava sono previste “zone di sicurezza” per i nemici di Daesh e per gli stupratori.

Nel primo pomeriggio ci rechiamo all’Accademia delle Donne dove si tengono corsi di vario tipo: sociologia, filosofia, gineologia (scienza delle donne: un insieme di sociologia, di filosofia e antropologia). Si tengono anche corsi per gli anziani di alfabetizzazione. L’accademia delle donne ha contatti con altre organizzazioni europee. Si producono anche testi scritti che vengono poi pubblicati. L’obiettivo di questa accademia è quella di creare un cambiamento culturale nella società. Nella società kurda, infatti, si vive ancora come nella società patriarcale anche se nel campo di Makhmur, questo problema è stato superato. Si sfiora anche il problema del divorzio che viene discusso e risolto nel Comitato di Giustizia.

Una donna del campo può abortire liberamente ma tecnicamente è costretta ad andare all’ospedale di Erbil per mancanza di strutture.
Alle ore 15.30 visitiamo la “Casa dei Feriti”. In genere provengono dal Rojava per essere seguiti per la riabilitazione. I casi più gravi, vanno all’ospedale di Sulemania. Attualmente ci sono 15 ricoverati ma si è raggiunto anche il numero di 50.
Ci accompagnano quindi in auto sulla montagna lungo le linee di difesa che controllano il campo di Makhmur. Prima di arrivare ci fermiamo presso un avanposto ove incontriamo Gigdem comandante delle YJA STAR, (milizie femminili) di Makmur e Kirkuk, nel movimento da ben 23 anni. La comandante è una donna turca di Sivas. Saliamo poi all’avamposto più alto ove incontriamo guerriglieri uomini e donne giovanissimi. Ci lasciamo cantando insieme “O bella ciao”.

Incontro con il PYD (Partito dell’unità democratica) e il TEVDEM (Movimento per la società democratica)

Incontriamo il responsabile del Pyd, Gharib Hassou, che introduce l’incontro con un ringraziamento per la solidarietà dimostrata dal popolo italiano per aver accolto nel ’98, il leader del popolo kurdo, Abdullah Ocalan. “Una solidarietà storica”, ci dice. E continua: “La solidarietà è molto importante per noi. Per questo, la resistenza e la lotta che si è sviluppata in Rojava, non è solo per noi, ma per tutti i popoli del mondo. Se il Rojava è ancora vivo è anche grazie alla solidarietà internazionalista. Tanti gruppi hanno utilizzato l’islam per i propri fini, distruggendo così un Paese fiorente, la Siria. Non è stato così per noi, non ci fermeremo finchè non raggiungeremo il nostro obiettivo. Questa lotta ci è costata molto sangue e molti martiri. Daesh ha avuto l’appoggio e la solidarietà dei governi dei Paesi confinanti, in primo luogo, della Turchia che ad Urfa cura i feriti di Daesh e a Gaziantep addestra e protegge i miliziani di Al Nusra. Per questo la nostra vittoria che verrà, sarà la vittoria di tutta l’umanità! Se Daesh vincesse in Rojava, il prossimo obiettivo sarà la vostra Europa.Pian piano, il nostro paradigma – quello del campo democratico – si afferma e si stabilizza. Gli attacchi degli stati imperialisti, contro di noi, sono aumentati, perché i gruppi mercenari stanno subendo una grave sconfitta.Se la Turchia continua su questa strada, sarà il Paese più pericoloso in Medio Oriente e nel mondo intero, un Paese che alleva, copre e protegge il terrorismo, un Paese che ha creato inimicizie con tutti i Paesi confinanti”.

“Voi state dando il colpo più grande al nemico di tutti portando questa lotta, questa rivoluzione in atto nel Rojava in Occidente – conclude – Se domani potete mettere un mattone in Rojava, questo non verrà mai dimenticato, sarà un mattone posato per l’umanità intera, sarà un simbolo di fratellanza e di amicizia tra i popoli”.

Incontro con la rappresentanza diplomatica di autogestione del Rojava nel Kurdistan iracheno – Laila Mustafa

La rappresentanza dei tre cantoni del Rojava si trova in un’elegante palazzina di Sulaymaniyah ed esiste da un anno e mezzo. “Pure loro – ci dicono – seppur diplomatici, non riusciamo a raggiungere il Rojava a causa della chiusura delle frontiere”. La situazione che descrivono è oltremodo critica: nell’ultimo anno, si sono acuiti i contrasti tra i tre partiti maggiori del Kurdistan Bashur, il Puk, il Pdk e Goran; il Parlamento è bloccato; la crisi incalza, ci sono categorie di lavoratori del pubblico – come gli insegnanti – che, da mesi, non percepiscono gli stipendi; non c’è solo l’embargo, ma qualsiasi iniziativa che possa, anche lontanamente, favorire il Rojava, viene bloccata.

Parliamo di cosa è possibile fare per il Rojava. Ci parlano di un progetto per gli studenti delle scuole di stampa di libri di testo di cui sono attualmente sprovvisti. Si tratterebbe di stampare 4 tonnellate di libri di testo per l’insegnamento delle lingue che si parlano nel Rojava – arabo, kurdo e siriano – per un totale di 170 mila euro. E’ un progetto – noi pensiamo – che si potrebbe adottare con il concorso di più associazioni ed ong presenti in Italia.

Sosteniamo la necessità che loro si facciano promotori, insieme a partiti, movimenti, intellettuali di una campagna internazionale contro l’embargo del Bashur.

La delegazione nel Kurdistan Bashur