Il piano turco per Mosul
L’atmosfera tra Bagdad e Ankara è estremamente elettrica. Questo è motivato dai seguenti eventi recenti: il 1 ottobre il parlamento turco ha prolungato di un anno la facoltà dell’esercito turco di eseguire operazioni oltreconfine. Il 4 ottobre il governo irakeno ha reagito a questo proposito in modo aspro e in una seduta parlamentare ha varato una dichiarazione di sette punti che vuole prevenire una possibile occupazione della città Mosul da parte dell’esercito turco. Le reazioni del Ministro degli Esteri turco e del Presidente del Consiglio dei Ministri turco a questa dichiarazione da Bagdad hanno ulteriormente soffiato sul fuoco.
Ma cosa vuole la Turchia in Iraq e quali piani ha per la città nord irakena di Mosul che attualmente è nelle mani di IS? Per poter rispondere a questa domanda, in primo luogo vogliamo esaminare per quale ragione la Turchia circa un anno fa ha difeso la sua presenza militare nel nord dell’Iraq a Bashiqa:
‘Ci ha chiamati il governatore di Mosul’
La motivazione era: „Le forze dei peshmerga curdi e milizie sunnite ci hanno pregati di addestrarli.“ Quindi il governo della Regione Autonoma del Kurdistan (Kurdistan meridionale) e l’ex governatore di Mosul Atheel al-Nujaifi avrebbero chiesto aiuto alle forze armate turche. Ma supponiamo che questi appelli ci siano stati veramente. Anche allora la Turchia non avrebbe diritto di inviare truppe nello Stato vicino. Perché il governo centrale dello Stato vicino, ovvero il governo a Bagdad, si è pronunciato contro la presenza della Turchia a Bashiqa. Il dato di fatto che l’esercito turco ciononostante mantenga la propria presenza nella regione con questo equivale a un’occupazione dell’Iraq lesiva della legislazione internazionale da parte della Turchia. Che questa circostanza non abbia portato a uno scontro diretto o perfino a una guerra tra Baghdad e Ankara, probabilmente dipende dal fatto che Baghdad ha preoccupazioni assai maggiori per via di IS.
La Turchia invece ha sfruttato il letargo del governo centrale irakeno per fondare insieme alla popolazione arabo-sunnita dell’Iraq settentrionale una milizia dal nome al-Hashd al-Watani (Mobilitazione Nazionale). L’ex governatore di Mosul che è stato destituito dopo la che la città è stata persa senza combattere, è stato messo al vertice di questa milizia. Quando il governo turco per la sua presenza in Iraq si è guadagnato critiche anche a livello internazionale, si è vista costretta a spiegare che i suoi soldati si troverebbero nella regione solo temporaneamente per fini di addestramento e che una gran parte delle unità sarebbe già stata ritirata. Ma le speculazioni su questa questione sono continuate. E cosa sia seguito da queste dichiarazioni da Ankara continua a rimanere oscuro.
Milizie sunnite contro milizie sciite
Per fare un po’ più di chiarezza a questo punto dovrebbe essere fornite questa ulteriore informazione: le milizie della al-Hashd al-Watani sono state fondate con l’appoggio della popolazione arabo-sunnita locale e del KDP (Partito Democratico del Kurdistan) e si compongono di appartenenti a varie tribù sunnite. Ma allo stesso tempo in Iraq esiste anche una milizia che si compone di appartenenti a diverse organizzazioni sciite e porta il nome di al-Hashd ash-Scha’bī (Mobilitazione Popolare). Anche se questa milizia ufficialmente è sottoposta al governo irakeno è noto che nelle sue file sono attive diversi raggruppamenti appoggiati dall’Iran. Questa milizia ha già fatto esperienze di combattimento contro IS su molti fronti. Questa milizia prevalentemente sciita comprende nei suoi ranghi anche appartenenti di alcuni pochi clan sunniti. Il governo turco e parti del blocco sunnita invece ritenevano che fosse loro diritto costituire una propria milizia contro quella di al-Hashd ash-Scha’bī per non perdere del tutto il proprio potere in Iraq rispetto al blocco sciita in un’era post-IS.
Il piano turco prende forma: punta al contro da Mosul fino a Shengal
Il dibattito su una presenza dell’esercito turco nell’Iraq settentrionale è stata riaccesa con la domanda su quali forze debbano prendere parte a un’operazione per la liberazione della città di Mosul da IS. In mezzo a questo dibattito però sono poi emerse dietro le quinte affermazioni secondo le quali la Turchia, la milizia sunnita e il KDP avrebbero significativamente incrementato il commercio di petrolio con IS che lo estrae a Mosul. Questa affermazione equivarrebbe a un alacre scambio economico (e presumibilmente anche politico) di due partiti che possibilmente in un prossimo futuro si troverebbero ad affrontarsi sul campo di battaglia.
Ma forse anche no …Perché alcuni esperti per via del presunto commercio di petrolio già parlano di trattative e di possibili accordi dei „partner economici“ che poterebbero al fatto che IS alle fine consegni la città di Mosul senza combattere a al-Nujaifi e alla sua milizia, come ha già fatto all’ingresso della Turchia e dei gruppi dell’ESL da lei sostenuti a Jarablus.
Perché secondo speculazioni degli esperti il piano è che lo Stato turco, le milizie sunnite e il KDP svolgeranno un ruolo importante nell’operazione di Mosul. Se il piano potrà essere realizzato, la città dovrà essere consegnata alle milizie di al-Hashd al-Watani, dove la maggior parte dei miliziani di IS passeranno nelle file delle milizie sunnite. Se questo passo riesce, lo Stato turco e le milizie sunnite consolideranno le loro forze e da Mosul oseranno l’avanza in direzione ovest verso Tal Afar. Anche questa città prevalentemente turkmena attualmente è sotto il controllo di IS. Se lì riuscisse la presa di controllo, senza dubbio il prossimo obiettivo si chiamerà Shengal che attualmente è controllata dalle Unità di Autodifesa yezide delle YBŞ e dalle Forze di Difesa del Popolo HPG. In questo modo si vuole portare tutto il territorio, da Mosul fino al confine con il Rojava, sotto il controllo della Turchia, delle milizie sunnite e del KDP.
Con questo piano la Turchia vuole prendere due piccioni con una fava: Nel nord dell’Iraq d un lato attraverso i turkmeni e gli arabi sunniti vuole costruire un’area di influenza che si estende da Mosul fino a Tal Afar. Dall’altro per mano del KDP vuole sferrare un duro colpo all’influenza del PKK nella regione, per poter proseguire la guerra di annientamento contro la resistenza nel Kurdistan del nord e nel Rojava da una posizione rafforzata.
Il KDP per parte sua attraverso questo piano spera di poter rallentare l’asce del PKK nel Kurdistan meridionale e con un secondo passo di aumentare la sua influenza in tutte le parti del Kurdistan. Allo stesso tempo in questo modo vuole anche rafforzare la sua posizione rispetto al governo centrale irakeno. Se questo funziona come sperato, il KDP allo stesso tempo prenderà il sopravvento anche nell’ambito degli scontri politici all’interno della Regione Autonoma del Kurdistan e così emarginare ulteriormente gli altri partiti del Kurdistan meridionale, ai quali comunque nega la partecipazione nel territorio autonomo curdo.
di Halit ERMIS