FOTO: Il Kurdistan festeggia un altro newroz di guerra

Le tradizionali celebrazioni per il nuovo anno kurdo in un contesto di conflitto permanente, dall’Iraq alla Siria alla Turchia

Il nuovo anno kurdo è cominciato, le tante comunità divise tra gli Stati-nazione del Medio Oriente e quelle nella diaspora accendono il fuoco del Newroz, simbolo di rinascita ma soprattutto di identità. Così il popolo kurdo saluta la primavera da tremila anni, la “nuova luce” da salutare con vestiti colorati, danze, falò.

Dal 2010 riconosciuto come giornata internazionale e dall’anno prima inserito nella lista Unesco dei patrimoni orali e immateriali dell’umanità, anche quest’anno il Newroz si celebra in un’atmosfera di conflitto.

Così è in Iraq dove prosegue la guerra allo Stato Islamico e le divisioni settarie si allargano. A Sinjar dove ieri la comunità kurda ha acceso il tradizionale falò, alla devastazione portata nel 2014 dall’Isis (un massacro che gli yazidi chiedono venga riconosciuto come genocidio e che non cessa, con oltre 3mila tra donne e bambini ancora schiavi di Daesh) si sono aggiunti nelle ultime settimane gli scontri tra fazioni kurde: i peshmerga affiliati al Kdp del presidente kurdo iracheno Barzani hanno attaccato postazioni vicine al Pkk. Uno scontro durissimo che ha lasciato dietro di sé morti e feriti.

Nella vicina Siria il fuoco è stato acceso a Qamishli, Afrin, Jazira, Aleppo. E a Kobane dove a riunirsi è stata la Federazione della Siria del Nord, il corpo fondato nei mesi scorsi dalle amministrazioni autonome dei cantoni e delle comunità liberate dal giogo dell’Isis. Una federazione che punta a fare da modello per il resto del paese, martoriato da sei anni di guerra civile.

Ma le armi non tacciono: l’operazione del governo turco, lanciata ad agosto 2016, “Scudo dell’Eufrate”, prosegue e ha nel mirino Manbij, città liberata dalle Forze Democratiche Siriane la scorsa estate. Ma non solo: l’intera Rojava è una minaccia per Ankara che va avanti con la costruzione del muro che sta separando i kurdi siriani da quelli turchi. L’appuntamento, a Kobane, è stato sulla collina Mishtenur, dove a gennaio 2015 sventolò un’enorme bandiera con i colori del Kurdistan, a simboleggiare la liberazione dallo Stato Islamico.

E poi c’è la Turchia, Stato che tenta da un secolo di cancellare l’identità kurda. Fino a dieci anni fa celebrare il Newroz era impossibile, vietato dalla legge. E fu proprio durante il Newroz del 2013 che il leader del Pkk Ocalan lanciò il suo messaggio di tregua allo Stato turco, un cessate il fuoco che è stato rotto da Ankara nel luglio 2015, un mese dopo le elezioni parlamentari.

Ieri erano milioni i kurdi del Bakur, il Kurdistan turco, che hanno festeggiato nelle piazze e nelle comunità: da Kiziltepe a Antep, da Agri a Cizre, fino a Diyarbakir (Amed in kurdo), considerata la capitale del Kurdistan storico. Secondo le agenzie kurde, erano un milione ieri a Diyarbakir le persone che hanno assistito alle celebrazioni, sotto gli slogan “Vinceremo” e “No” (Hayir) al referendum previsto per il 16 aprile e accompagnato da una durissima repressione da parte governativa del partito di sinistra pro-kurdo Hdp.

I suoi co-leader, Demirtas e Yuksekdag, sono tuttora in prigione, incarcerati lo scorso 4 novembre e in isolamento da allora. Dal palco di Diyarbakir è stato letto il loro messaggio: “Il fuoco del Newroz sta bruciando con gioia nonostante le pressioni e i divieti. Non cederemo di fronte all’oppressore e all’oppressione. Proteggeremo l’onore del nostro popolo ovunque e alla fine vinceremo”. A parlare dal palco di Mardin è stato il deputato Ahmet Turk: “Nessuno dubiti: vinceremo nonostante le politiche di oppressione”.

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