Feminicidio: la guerra senza fine del sistema partriarcale.

Intervento di Havin Guneser*, Convegno delle donne Kurde a Roma

Prima di tutto voglio dirvi che sono davvero molto contenta di essere qui tra voi per discutere della lotta di liberazione delle donne in generale, ma nello specifico della lotta delle donne curde, specialmente in tempi come questi. Personalmente non ho mai pensato che avrei attraversato una storia di questo genere nel corso della mia vita. Siamo davvero testimoni della costruzione della storia a Kobane, Kurdistan occidentale.

Ringrazio le organizzatrici per questa opportunità.   Presumo che gli inizi siano molto importanti per tutto e tutti, ma in particolare per dei movimenti politici. I valori morali e i principi politici che costituiscono la base di ogni movimento, gli danno la capacità di trasformarsi e di trascendersi. Il movimento di liberazione curdo e il suo principale stratega e leader Abdullah Öcalan, si possono inserire in questa categoria. In effetti, il PKK è nato poco dopo gli straordinari e rivoluzionari effetti del 1968.

La formazione iniziale del gruppo ha preso avvio all’inizio degli anni ’70 e alla fine nel 1978 è stato fondato il PKK. Quindi non è risultato in un’organizzazione che si possa considerare completamente interna alle categorie né della vecchia sinistra, né di quella nuova. Tuttavia aveva una fortissima unicità. I fondatori del PKK venivano da diversi percorsi di vita, convinzioni, etnie e c’erano delle donne già nel nucleo iniziale del gruppo. Questa combinazione di giovani di origini rurali e urbane, la maggior parte dei quali erano studenti, davano a questo giovane movimento uno straordinario dinamismo. Una simile combinazione non consentiva il dogmatismo.

Quindi feudalesimo, sciovinismo, nazionalismo e dominio maschile in generale furono rigettati fin dal principio, dando al movimento una buona base su cui svilupparsi. Sarebbe ingiusto sostenere che l’approfondimento e l’analisi della questione femminile già allora fossero così profondi. Daremmo una qualità magica a quello che è successo in 40 anni. Al contrario, nonostante il fatto che ci fosse un solido inizio, il punto di vista sulla schiavitù delle donne e quindi sulla libertà, si sono sviluppati in modo così profondo come risultato della partecipazione di donne in numero crescente e grazie all’approccio dialettico di Abdullah Öcalan come principale stratega del movimento.

Un altro fattore importante è la complessità stessa della questione curda. Non c’era una risposta semplice alla questione curda e lo status quo formato intorno ad essa non consentiva una soluzione semplice. L’accordo di Yalta tra l’Unione Sovietica e gli USA esasperarono la già terribile situazione delle loro negazione e delle politiche di eliminazione. Quindi non c’era spazio per le illusioni, tutte le forme di ideologia dominante o persino spazi che assimilavano movimenti al sistema erano chiusi per il PKK. Questo, io credo, ha portato alla vera ricerca di libertà e a vedere le maschere dietro alle quali si nascondevano diversi movimenti e ideologie.

Ma poi nel 1980 ci fu un golpe militare e il movimento di liberazione era ancora molto giovane e non ancora pienamente organizzato, se consideriamo che il PKK era stato fondato nel 1978. Fu uno dei colpi di stato militari più duri di tutti i tempi. Molti furono uccisi. Furono arrestate migliaia di persone, buttate in prigione e sottoposte a orrende torture. Molte altre centinaia di migliaia di persone furono raggruppate nelle scuole, negli stadi e torturate. Presto sarebbe stata ripristinata la rinnovata obbedienza della società – così pensavano. La resistenza e la lotta dei componenti del PKK nel famigerato carcere di Diyarbakir; tra loro la resistenza delle donne e in particolare quella della fondatrice del PKK Sakine Cansiz, presto divennero una narrazione quasi mitologica.

Le aspirazioni di libertà del popolo curdo, ma specialmente quelle delle donne curde, ma più specificatamente la lotta implacabile di Sakine Cansiz e la sua resistenza di fronte alle orrende torture alle quali era sottoposta, aprirono la strada al fatto le donne avessero un ruolo enorme nei giorni a venire. Quindi nonostante il fatto che all’inizio la lotta delle donne all’interno del PKK non trascendesse i confini della vecchia sinistra, non poteva neanche essere contenuta in essi. Qui il ruolo di Öcalan è importante sia come stratega, che come leader politico del movimento curdo. Non ignorava la schiavitù delle donne, né il loro desiderio di lotta per la libertà. Lui, nonostante le reazioni negative di alcuni componenti maschi dell’organizzazione, aprì spazi politici, sociali, culturali, ideologici e organizzativi per le donne. Lo face con grande convinzione.

Le donne si unirono alle forze della guerriglia fin dall’inizio per via del sessismo basato sulle strutture feudali tribali con il quale si confrontavano e per via della rabbia che provavano di fronte alla crescente oppressione colonialista e sfruttatrice dello stato turco nei confronti dei curdi. Arrivarono persone con percorsi di vita di ogni genere per combattere una lotta comune.

Già si incontrava il primo problema. Arrivare e unirsi a un movimento rivoluzionario, non bastava a superare le caratteristiche consolidate derivanti dalle strutture colonialiste e feudali. Iniziarono a emergere problemi, in particolare nell’approccio nei confronti delle donne c’era un tentativo di riprodurre ruoli tradizionali nelle forze di guerriglia e nelle strutture di partito. C’erano donne che accettavano la riproduzione di questi ruoli e c’erano anche donne che la rifiutavano.

Quindi presto l’organizzazione si accorse della gravità del problema che aveva davanti e costruì la YJWK (Unione Patriottica delle Donne del Kurdistan) nel 1987. La fondazione di questa unione fu la prima dichiarazione di intenti verso un’organizzazione delle donne unica e separata. Negli anni ’90 c’è stato un enorme afflusso di donne nelle forze della guerriglia. Questo obbligava alla formazione di una nuova organizzazione con le forze della guerriglia. Nel 1993 per la prima volta furono formate unità di sole donne. Questo significava che non sarebbero state sotto il controllo diretto di guerriglieri maschi e che avrebbero avuto modo grado di fare dei propri piani di decisioni e quindi di realizzare questi piani.

Il conseguente sviluppo delle donne nell’autodifesa diede loro sicurezza si sé. Questo portò a enormi trasformazioni ideologiche, politiche e sociali. Questa fu la seconda svolta dopo l’eroica resistenza delle donne nelle carceri turche. In effetti portò a cambiamenti rivoluzionari nel modo in cui le donne erano percepite all’interno della società curda e dai maschi. Così più tardi nel 1995 fu formata la YAJK (Unione delle Donne Libere del Kurdistan).

Da allora in poi il lavoro sociale e politico fu svolto non solo tra le donne, ma anche nella società. Allo stesso tempo iniziò anche il lavoro per la solidarietà internazionale. È durante questi anni che Öcalan iniziò a parlare di un nuovo concetto: uccidere il maschio dominante.  Da quel momento la lotta di liberazione delle donne diventò più radicale. Iniziarono a parlare di staccarsi dalla mentalità dominante della modernità, psicologicamente e culturalmente. Ma parlavano anche di un progetto in parallelo per trasformare i maschi. A questo scopo la formazione degli uomini era fatta dalle donne.

Mentre si avvicinava il 1998, le donne definirono i principi dell’ideologia della liberazione delle donne e per metterla in pratica formarono il PJKK (Partito delle Lavoratrici del Kurdistan). Nel 2000 allargarono la loro prospettiva organizzativa e di lotta e fondarono il PJA – Partito delle Donne Libere. Una delle più importanti conquiste di questo periodo è il Contratto Sociale delle Donne.   Tuttavia tutti questi tentativi non superarono completamente i limiti e la struttura del patriarcato. Non solo il movimento delle donne, ma tutta l’organizzazione era alla ricerca di un’alternativa.

Nonostante il fatto che il PKK non fosse più la vecchia sinistra, era incapace di trovare una soluzione che rompesse completamente con il socialismo reale e quindi con la modernità capitalista. Si può definire il periodo tra il 1993 e il 2003 il periodo di transizione per costruire un’alternativa alla modernità capitalista. Il materiale teorico disponibile, esperienze passate di vari altri movimenti, il femminismo e l’esperienza dello stesso PKK portarono il movimento a concludere che la schiavitù delle donne costituiva la vera base di ogni successiva riduzione in schiavitù, così come di tutti i problemi sociali.

Così iniziò a distinguersi dai marxisti-leninisti classici. Si distingueva nel modo in cui iniziava a vedere l’apparato statale, uno strumento di potere e di sfruttamento che non è necessario per la continuazione della vita umana e naturale. In terzo luogo cambiò anche la sua percezione della violenza rivoluzionaria e alla fine venne formulata come autodifesa.    Öcalan stabilì che la schiavitù delle donne era stata perpetuata su tre livelli nel corso di cinquemila anni: per prima c’è la costruzione della schiavitù ideologica; poi la questione dell’uso della forza; infine c’è l’esclusione dall’economia.

Fu quindi veloce nel fare il collegamento tra la profondità della schiavitù delle donne e l’intenzionale occultamento di questo fatto e l’ascesa del potere gerarchico e statalista all’interno della società. Se le donne sono abituate alla schiavitù, il percorso verso la riduzione in schiavitù di altre parti della società è aperto. La schiavitù degli uomini viene dopo la schiavitù delle donne. Ma la schiavitù delle donne per certi aspetti è diversa dalla schiavitù della classe e della nazione.

La sua legittimazione si raggiunge attraverso una raffinata e intensa repressione combinata con le bugie che giocano sulle emozioni. La differenza biologica della donna è usata come giustificazione per la sua schiavitù. Tutto il lavoro che svolge è dato per scontato ed è definito “lavoro da donna” privo di valore. Senza analizzare il processo attraverso il quale la donna viene sottomessa socialmente, non solo non si possono capire bene le caratteristiche fondamentali della conseguente cultura sociale del maschio dominante, ma nemmeno cosa costruire al suo posto.

Senza capire come la mascolinità è stata formata socialmente, non si può analizzare l’istituzione dello stato e quindi non si è in grado di definire in modo accurato la cultura della guerra e del potere connesse all’essere uno stato. Questo è qualcosa che dobbiamo sottolineare perché questo è quello che ha aperto la strada al femminicidio e alla colonizzazione e allo sfruttamento dei popoli.

Il soggiogamento sociale della donna è la più vile controrivoluzione che sia mai stata fatta. Öcalan evidenzia che .‘La spada della guerra brandita dallo stato e la mano dell’uomo all’interno della famiglia sono simboli di egemonia. L’intera società suddivisa in classi, dagli strati più alti ai più bassi è incastrata tra la spada e la mano’. Il capitalismo e lo stato-nazione sono analizzati per rappresentare il maschio dominante nella sua forma più istituzionalizzata.

La società capitalista è la continuazione e il culmine di tutte le vecchie società basate sullo sfruttamento. Si tratta in effetti di una guerra continuativa contro la società e la donna. Per dirlo succintamente, il capitalismo e lo stato-nazione sono il monopolio del maschio tirannico e sfruttatore. Basta guardarsi in giro nel mondo per vedere un nuovo aumento della violenza, dello sfruttamento della ri-repressione delle donne. Questo non sta succedendo solo nei cosiddetti paesi del terzo mondo, ma nel mondo intero. Un nuovo obiettivo dell’egemonia ideologica della modernità capitalista è di cancellare fatti storici e sociali riguardanti la sua concezione ed essenza.

Questo dipende dal fatto che la forma economica e sociale capitalista non è una necessità storica, è una costruzione forgiata attraverso un processo complesso. Religione e filosofia sono state trasformate in nazionalismo, la divinità dello stato-nazione. L’obiettivo principale di questa guerra ideologica è di garantire il suo monopolio sul pensiero. Le sue armi principali per raggiungerlo sono il religionsimo, la discriminazione di genere e lo scientismo come religione positivista.

Senza egemonia ideologica, con la sola oppressione politica e militare, sarebbe impossibile mantenere la modernità. Mentre il capitalismo usa il religionismo per controllare la consapevolezza della società, usa il nazionalismo per controllare classi e cittadinanza, un fenomeno che è cresciuto intorno al capitalismo. L’obiettivo della discriminazione di genere è di negare alla donna ogni speranza di cambiamento.

Il modo di funzionare più efficace dell’ideologia sessista consiste nell’intrappolare l’uomo in relazioni di potere e nel rendere la donna impotente attraverso lo stupro costante. Attraverso lo scientismo positivista, il capitalismo neutralizza il mondo accademico e i giovani. Li convince che non hanno altra scelta che integrarsi nel sistema e, in cambio di concessioni, questa integrazione è assicurata. Ma chiarire in modo non ambiguo lo status delle donne è solo un aspetto di questa questione.

Molto più importante è la questione della liberazione; in altre parole la risoluzione del problema va oltre l’importanza della sua rivelazione e della sua analisi. Durante l’ultimo quarto del ventesimo secolo il femminismo è riuscito in una certa misura a rivelare la verità sulle donne. Ma il movimento di liberazione curdo e Abdullah Öcalan hanno fatto un passo ulteriore e basano la loro analisi della società sulla ‘società morale e politica’. Hanno costruito una relazione tra libertà e morale e libertà e politica.

Per sviluppare strutture ed espandere il nostro spazio di libertà, la morale è indicata come la coscienza collettiva della società e la politica come il suo sapere comune. Ma ora come lavoriamo verso questo obiettivo? Per essere in grado di fermare la perpetuazione del capitale e l’accumulazione di potere, così come la riproduzione della gerarchia, c’è la necessità di creare strutture per una società democratica, ecologica, basata sulla liberazione di genere. Raggiungere questo smantellamento del potere e della gerarchia è una necessità assoluta. Questo sistema sociale della modernità democratica è il Confederalismo Democratico e l’Autonomia Democratica. Questo sistema non è una formazione alternativa dello stato, ma un’alternativa allo stato.

Le nostre democrazie contemporanee si sono sviluppate secondo la democrazia romana che è rappresentativa anziché partecipativa. Quindi comanda la maggioranza e un élite decide sulle questioni fondamentali per nostro conto. L’autonomia democratica invece è democrazia radicale soprattutto con la partecipazione organizzata e attività decisionali delle donne, ma anche di tutte le aree della società che si organizzano e prendono parte direttamente al processo decisionale per essere in grado di decidere su questioni che le riguardano direttamente e indirettamente.  Così il movimento delle donne ha attraversato diversi periodi di ristrutturazione.

C’era bisogno di un’organizzazione delle donne che trascendesse le strutture di partito e che fosse più flessibile e che fosse un’organizzazione completa confederale delle donne. Quindi nel 2005 è stato fondato il KJB (Alto Consiglio delle Donne). Come risultato c’è stata azione e ristrutturazione organizzativa per dare luogo alla formazione del nuovo paradigma basato sulla democrazia, l’ecologia e la libertà delle donne. Il KJB è stato costituito per diventare il punto di coordinamento tra le forze di autodifesa, organizzazioni sociali, il partito delle donne PAJK e l’organizzazione delle giovani donne.

Nel settembre del 2014 l’organizzazione delle donne ha attraversato un’altra trasformazione e contemporaneamente di conseguenza ha cambiato il suo nome in KJK. C’era bisogno di questa trasformazione per affrontare in ugual modo e complessivamente i bisogni della società e la formazione delle istituzioni necessarie per continuare con la trasformazione degli uomini, la democratizzazione della società, per creare etica ed estetica della vita libera.

Le donne quindi si organizzano a partire dal livello locale verso e in tutte le strutture decisionali. Prendono autonomamente tutte le decisioni che le riguardano e sono rappresentate a livello locale e a tutti i differenti livelli in cui vengono prese decisioni che riguardano l’intera società. Altre aree della società, giovani, anziani, professionisti, artigiani, sono anch’esse organizzate in modo che il potere e le formazioni e strutture gerarchiche non possano essere perpetuate e ogni tentativo viene fermato da questi meccanismi.

 

La schiavitù delle donne è stata perpetuata su tre livelli: la costruzione della schiavitù ideologica; poi l’uso della forza; infine l’esclusione dall’economia, allora anche queste tre aree vanno affrontate simultaneamente.   Doveri intellettuali e istruzione: Guardando la storia, vediamo come si sono sviluppate la schiavitù delle donne e poi quella dell’intera società. Prima era ideologica; in effetti gerarchia significa ‘governo da parte del sacerdote’. Poi è necessario denunciare la storia della colonizzazione delle donne. Insieme con questo vanno rivelate anche la colonizzazione economica, politica e intellettuale delle donne. Questo significa denunciare la storia dell’umanità per l’intera società. Più la scienza e il sapere venivano portate verso il capitale e il monopolio del potere, più iniziavano a prendere di mira la società morale e politica. La civiltà ha costruito un monopolio sia sulla scienza che sulla conoscenza, staccandole così dalla società e in particolare staccandole profondamente dalle donne. Questo significava anche il loro distacco dalla vita e dall’ambiente.

Economia, industrialismo, ecologia: L’economia è la terza forza dopo l’ideologia e la violenza, attraverso la quale le donne, e successivamente l’intera società, sono state intrappolate e costrette ad accettare la dipendenza. Economia in senso letterale significa ‘gestione della casa’. Ma nell’ordine delle donne, l’accumulazione non era né per il mercante, né per il mercato, era per la famiglia. Quindi c’è un vero bisogno di trasformarla in quello che dovrebbe essere. Ma per gli economisti capitalisti solo il lavoro che è produttivo e visibile si misura in termini di denaro. Quindi il nesso tra il lavoro invisibile delle donne e l’accumulazione del capitale si è trovato considerando qual è il ruolo del lavoro domestico nel capitalismo.

Coloro che vogliono un adeguato lavoro domestico senza stabilire relazioni salariate, devono farlo tramite la violenza strutturale e diretta. In effetti questa violenza strutturale e diretta caratterizza le relazioni di sfruttamento: tra umani e natura, industria e contadini, città capitali e colonie. Questa è una delle ragioni per le quali Abdullah Öcalan considera la relazione uomo-donna come intrinsecamente coloniale. E quindi la donna come la prima colonia.   Autodifesa: Anche questa è una questione della massima importanza. Perché la violenza combinata con offensive ideologiche ed economiche contro le donne hanno portato a ottenere risultati.

Oggi la violenza è monopolio dello stato. Gode del diritto esclusivo. Non è stato facile opprimere le donne nel corso di cinquemila anni; ha significato bruciarle come streghe o seppellirle vive per il fatto di essere donne, picchiarle con o senza pretesti e la lista potrebbe continuare. Ma la cosa importante è che non devono più essere alla mercé di altri, a prescindere da chi essi siano.   In tempi di caos come quelli che stiamo attraversando, la possibilità di cambiamento è più che mai presente.

Il capitalismo è in una crisi sistemica e sta cercando di modificare questo stato di cose cambiando e trasformando se stesso. Questo non deve necessariamente significare che questa trasformazione sia un progresso. Al contrario, le forze reazionarie in tutto il mondo stanno cercando in diverse forme di imporre alla popolazione mondiale, e in particolare alle donne, un sistema più di destra. Il caos si è concentrato sul Medio Oriente e al suo interno su Kobane, in Kurdistan.

La lotta in quel luogo ha un doppio significato; per i curdi e per la lotta generale per libertà in tutto il mondo e per le donne. Abbiamo bisogno di guardare oltre le nuvole. Questo costituisce anche un’opportunità per le forze democratiche di emergere da questo caos come grandi vincitrici. Qualsiasi cosa sia stata costruita dalla mano umana può essere distrutta dalla mano umana. La schiavitù delle donne non è né una legge della natura, né è destino.

Vorrei ricordare le tre donne rivoluzionarie che sono state assassinate a Parigi, vorrei inoltre ricordare le coraggiose giovani donne che mentre stiamo parlando, stanno combattendo per fermare il dilagare del fascismo. Non possono essere lasciate sole. Sono le Mujeres Libres del 1937 in Spagna. Ascoltatele; stanno cantando una bellissima canzone di libertà.E fate in modo che le loro voci vengano ascoltate.

 

 

*Havin Guneser, Giornalista e portavoce dell’Iniziativa Internazionale ‘Libertà per Abdullah Öcalan  – Pace in Kurdistan’

8 ottobre 2014