ERDOGAN, TERRORISTA DI STATO

Proprio sulla chiusura dei lavori del Tribunale permanente dei Popoli che ha formulato gravissimi capi d’accusa nei confronti della Turchia di Erdogan, la capitale del Cantone curdo di Afrin è stata costretta alla capitolazione, per evitare una strage di civili che i bombardamenti indiscriminati turchi non avrebbero certo risparmiato.

Questa ennesima violazione dei diritti umani perpetrata contro il popolo curdo è stata possibile con la complicità esplicita della Russia, ma soprattutto per l’insipienza ipocrita della comunità internazionale, che non ha saputo andare oltre una flebile e formale affermazione di principio.

Intanto, il giudizio di condanna di Erdogan e della sua politica di terrore, intorno al 20 maggio prossimo, sarà portato ufficialmente a conoscenza del Parlamento Europeo, al cospetto di una delegazione internazionale composta da osservatori e leader d’opinione, dal Tribunale Permanente dei Popoli, che lo ha formulato nel corso di una intensa seduta, gli scorsi 15 e 16 marzo, presso la sala conferenze della Bourse du Travail di Parigi

Il 15 e 16 marzo, presso la sala conferenze della Bourse du travail di Parigi, a un passo da piazza della Repubblica, si è riunito il Tribunale Permanente dei Popoli, per esaminare le gravissime violazioni dei diritti umani che lo Stato turco perpetra da decenni nei confronti della minoranza curda, che però rappresenta quasi il 20% della popolazione residente in quel Paese.

Questo istituto di diritto internazionale è stato fondato a Bologna nel 1979, nel solco e nella prospettiva in cui aveva operato il Tribunale Russell sul Vietnam (1966-67) e sull’America Latina (1973-1976), per iniziativa di Lelio Basso che era stato relatore di quell’Assise e che ha operato affinché si costituisse un’istituzione permanente che agisse nel rispetto e per l’affermazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dei Popoli, proclamata ad Algeri nel 1976.

Caratteristica del Tribunale permanente dei Popoli è che i giudici siano selezionati con criteri di competenza e di assoluta indipendenza; esso, negli anni, ha saputo diventare un laboratorio di denuncia politica e sociale ma anche di ricerca interdisciplinare sui diritti appartenenti a tutti gli esseri umani.

Per la sessione parigina dedicata alla Turchia e ai Curdi, la Corte è stata presieduta da Philippe Texier, rappresentante in carica del Parlamento permanente dei Popoli e giudice ordinario della Cassazione di Francia.

Gli altri componenti sono stati Teresa Almeida Cravo, docente all’Università di Coimbra, Madjid Benchikh, professore emerito e responsabile del dottorato di giurisprudenza e studi umanistici presso l’università di Cergy-Pontoise (Paris-Val d’Oise), Luciana Castellina, giornalista e scrittrice italiana, rappresentante della sinistra nel Parlamento italiano ed europeo, Domenico Gallo, magistrato, membro della Cassazione, Denis Halliday, coordinatore per gli aiuti umanitari dell’ONU in Iraq e rappresentante delle Nazioni Unite a Singapore, e Norman Paech, professore emerito di giurisprudenze presso l’Università di Amburgo.

I lavori sono stati doviziosamente istruiti dall’avvocato belga Jan Fremon, assistito dalla ricercatrice italiana specializzata in violazione dei diritti umani, Sara Montinaro.

Per prendere in considerazione la denuncia del Popolo curdo nei confronti dello Stato turco, accusato di una sistematica violazione dei diritti umani nei suoi confronti, il Tribunale ha lavorato per sei mesi, durante i quali è stata condotta una ricognizione approfondita dei fatti illustrati durante le due giornate d’udienza parigina.

Il Governo turco, attraverso la sua Ambasciata nella capitale francese, ha ricevuto per tempo l’atto di accusa formulato dal Tribunale ed è stato invitato a rispondere intervenendo alla sessione di lavoro; dall’Ambasciata turca però non è intervenuto nessuno, né sono state fatte pervenire comunicazioni di sorta.

I lavori hanno avuto un andamento articolato, con interventi di giuristi e di testimoni di gravissimi episodi la cui responsabilità è palesemente addebitabile ad Erdogan e al suo Governo.
I fatti hanno riguardato pesantissime limitazioni all’organizzazione politica dei curdi, i cui partiti sono stati sistematicamente messi fuorilegge e i loro rappresentati arrestati; alla libertà d’espressione e di pensiero con un’occhiuta censura sui giornali e sulle televisioni curde esercitata dalla Turchia non solo nel suo territorio, ma anche attraverso pressioni ricattatorie su Paesi con i quali essa imbastisce rapporti commerciali; hanno riguardato operazioni di “false flag” messe in opera dal MIT, il servizio segreto turco, assai spesso in collaborazione con i servizi segreti di altri Paesi, per disorientare l’opinione pubblica internazionale e screditare l’immagine del popolo curdo, con vere e proprie azioni di guerra perpetrate contro la popolazione civile, fino all’incredibile divieto di utilizzare la lingua curda, pena l’incarcerazione.

Le risultanze dell’intenso lavoro portato avanti nel corso delle due giornate ha condotto il Tribunale, attraverso le numerose e drammatiche testimonianze rese, ai seguenti elementi fondamentali, sui quali sarà impalcato l’atto d’accusa:

1. innanzitutto il riconoscimento che in Turchia, nei confronti della minoranza curda, è in atto un conflitto armato e che dunque il PKK, il partito dei lavoratori curdo, rappresenta in maniera compiuta e responsabile gli interessi di una delle parti in conflitto, e che perciò è del tutto ingiustificata la campagna antiterroristica che il Governo turco di Erdogan rivolge nei suoi confronti, con le gravissime ripercussioni internazionali che hanno portato, 19 anni fa, all’arresto di Abdullah Ocalan;

2. che il popolo curdo ha diritto ad autodeterminare la propria forma di governo, in base ai principi e alle convenzioni stabilite dalla giurisprudenza internazionale;

3. che la Turchia, segnatamente dagli anni 90, nei confronti della minoranza curda che abita in quel paese, ha messo in opera sistematicamente un “terrorismo di Stato”, tanto più esecrabile, perché è stato rivolto anche contro la popolazione civile con particolare efferatezza.

Il Tribunale, dopo un ulteriore lavoro di verifica e di approfondimento, intorno al 20 maggio prossimo, a Bruxelles, emetterà un giudizio formale che sarà presentato dalla Corte al completo al Parlamento Europeo, alla presenza di osservatori e leader d’opinione internazionali.

Intanto, il giorno successivo alla conclusione dei lavori del Tribunale permanente dei Popoli, dopo 58 giorni di resistenza eroica, è caduta la capitale del cantone di Afrin in territorio siriano, aggredita dall’aviazione turca con bombardamenti indiscriminati, che si sono avvalsi della complicità della Russia e del silenzio ipocrita e inerte della comunità internazionale.

di Antonio Ruggieri

L’articolo è illustrato con foto di Mario Folchi