Direzione di marcia dittatura Turchia: il Parlamento discute del sistema presidenziale pianificato

Violenza contro manifestanti

Blocchi di polizia, lacrimogeni e idranti: la marcia marziale del potere dello Stato lunedì davanti al Parlamento turco ha fornito un assaggio di quel nuovo Stato del quale si discuteva in plenaria in aula. Mentre all’interno i deputati discutevano, secondo le agenzie, diversi manifestanti che protestavano davanti alla sede del governo contro la prevista modifica costituzionale sono stati feriti dagli agenti.

Lo Stato che Erdogan ha in mente è una dittatura presidenziale sotto il suo comando. Il disegno di legge per la modifica della Costituzione presentato in plenaria dal partito di governo islamico-conservatore AKP e dal partito fascista MHP alleato, comprende 18 articoli. Prevedono tra l’altro che la guida del governo venga trasferita al Presidente, che finora aveva una funzione prevalentemente di rappresentanza. L’incarico di Presidente del Consiglio dei Ministri viene abolito. In futuro sarà il Presidente a scegliere i Ministri e a guidare il lavoro del governo. Nella formazione del suo governo non deve dipendere dal Parlamento, piuttosto dovrà avere il diritto di sciogliere il Parlamento in qualsiasi momento. Inoltre il Presidente avrà controllo diretto sulla giustizia e in futuro potrà nominare la maggioranza dei giudici della Corte Costituzionale. Su queste intenzioni il governo il 2 aprile vuole tenere un referendum. Le nuove regole dovranno poi entrare in vigore dopo le prossime elezioni nel gennaio 2019.

Secondo le opposizioni con questo viene spianata in via definitiva la strada verso un governo dittatoriale di un solo uomo. A livello ufficiale il governo giustifica le sue intenzioni con il fatto che con la ristrutturazione dello stato si crea stabilità a fronte di minacce terroristiche. Il deputato del partito kemalista di opposizione CHP, Bülent Tezcan, ha spiegato che i piani invece viene restituito »al Palazzo« il potere che cento anni fa erano stati tolti al Sultano con le riforme costituzionali.

Una presa di posizione dell’attuale Presidente del Consiglio dei Ministri Binali Yildirim non dissimula le fantasie di potere dell’AKP: »Il sistema presidenziale si fonda sul principio: un Paese, una nazione, una bandiera, uno Stato«, ha dichiarato. Certamente già oggi non si può più parlare di condizioni democratiche in Turchia: uno stato di emergenza permanente, continui arresti di massa di oppositori, repressione politica, divieti di giornali e la crociata statale contro la popolazione curda parlano una lingua chiara.

Durante il dibattito parlamentare il vice capogruppo del partito di sinistra e filo-curdo HDP, Ahmet Yildirim, ha dato lettura di una presa di posizione del co-presidente incarcerato Selahattin Demirtas. Quest’ultimo, insieme alla sua collega di presidenza Figen Yüksekdag e ad altri nove deputati dell’HDP è stato gettato in carcere il 3 novembre scorso per »propaganda terroristica«. »A fronte del fatto che undici componenti del Parlamento si trovano illegalmente nella condizione di ›ostaggi politici‹ e sono privati del loro diritto di esprimere il proprio voto sulla questione della legge costituzionale, il dibattito e la votazione sono contrari alla legge«, si afferma nel testo riportato dall’agenzia stampa Firat.

di Michael Streitberg
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