Delegazione di Van: In turchia, per i kurdi non c’è democrazia
Si chiama Ahmet Aygün, è il Presidente di Tuyad-Der, ha 58 anni, di cui 6 anni e 7 mesi trascorsi in carcere, perché accusato di essere membro di un’organizzazione, che sosteneva le formazioni armate del PKK; attualmente, ha 7 processi in corso; tutti per aver fatto delle conferenze stampa.
Il Tuyad-Der è l’Associazione kurda, che aiuta le famiglie dei detenuti politici. In primo luogo, egli ha voluto ringraziare l’Associazione italiana “Verso il Kurdistan”, che, pure quest’anno, ha portato il denaro necessario, per il progetto “Berfin”. Quest’ultimo consiste in borse di studio per le studentesse figlie di Martiri, cioè morti in combattimento, o di prigionieri politici.
Successivamente, il Presidente ha fornito i seguenti dati, che parlano da soli: 2002- 2012: nelle galere turche sono morti 1677 detenuti , tra donne, uomini, politici e comuni,sia kurdi, sia turchi.
Attualmente, sono in carcere: 2136 minori; 4530 donne, tra queste 1300 politiche;oltre 9000 sono gli uomini, appartenenti al PKK, al PASK, (Partito Kurdo Iraniano) ed alla Sinistra turca.
La maggior parte dei prigionieri politici è condannata all’ergastolo grave, cosicché è esclusa da qualsiasi amnistia. 123 prigionieri politici kurdi sono gravemente malati; il Governo turco ha respinto ogni richiesta di scarcerazione; nel corso degli ultimi anni, 7 sono morti in galera. Moltissimi prigionieri vengono mandati nella Turchia occidentale; quindi, molto lontano dalle loro famiglie, in modo da rendere più difficili e costose le visite dei loro cari.
Nelle carceri, le proteste sono frequenti, ma determinano conseguenze molto pesanti per coloro che vi prendono parte: irrogazione di altri periodi di detenzione, isolamento, interruzione della corrispondenza e delle visite.
Un capitolo a parte merita il disumano trattamento riservato ai 2136 minori: torture, violenze psicologiche e, spesso, stupri ad opera delle guardie. Oltre agli episodi degli anni precedenti, un mese fa, proprio a Van, 5 ragazzi hanno subito torture e violenze sessuali.
Tuyad-Der ha denunciato l’accaduto alla stampa internazionale e, quale risposta, le Autorità turche hanno deportato 2 ragazzini nelle prigioni di Ankara e 3 a Rize, sul Mar Nero, una cittadina fortemente razzista e nazionalista.
Le Autorità carcerarie turche non solo cercano di distruggere la psiche dei ragazzini, ma anche di trasformarli in spie; cercano, inoltre, di fare lo stesso anche con i familiari.
Rispondendo ad alcune domande, il Presidente ha affermato che, avendo la Turchia sostanzialmente colonizzato per mezzo secolo il Kurdistan, il PKK non ha avuto altra scelta che la lotta armata. La guerriglia è durata 30 anni; i Kurdi hanno perso 60.000 combattenti, uomini e donne; l’Esercito turco ha avuto 20.000 morti.
Tenuto conto di questo bagno di sangue, il Presidente Ocalan, in occasione del Newroz del 2013, ha dichiarato la sospensione della lotta armata e la volontà di lottare politicamente per la Democrazia. L’obiettivo non è quello dell’indipendenza, ma quello di costruire una Turchia democratica, che permetta ai Kurdi ed a tutte le minoranze di ottenere i loro diritti.
È da tener presente che i Kurdi sono 20 milioni ed, avendo una loro lingua ed una loro cultura, costituiscono una vera e propria nazione.
Il Governo turco, però, in questi due anni, non ha fatto neppure un passo in avanti; anzi, ha approvato le “Leggi per la sicurezza interna”, che tendono a rendere impossibile qualsiasi attività politica; basti pensare che si può essere processati e condannati al carcere solo per aver preso parte ad una conferenza stampa, come sta accadendo al Presidente di Tuyad-Der.
Se queste leggi fascisteggianti non saranno abrogate e se le trattative di pace non andranno avanti, il PKK resterà uno strumento indispensabile per la sopravvivenza della popolazione kurda, della sua lingua e della sua cultura, che sono messe in pericolo anche dall’ISIS, che vuole eliminare tutte le minoranze del Medio Oriente, compresa quella cristiana.
La Turchia ha appoggiato l’ISIS, cosicché il PKK non abbandonerà le armi prima di vedere la realizzazione di un Medio Oriente democratico.
La Delegazione di Van