Dal 15 settembre … attacco nero su Kobane, l’equilibrio è cambiato
L’ampio e prolungato attacco lanciato dai mercenari dell’ISIS contro il cantone di Kobane, a metà settembre del 2014, era stato preparato da diversi sviluppi sul campo sia in Siria sia nel vicino Iraq ed è stato subito chiaro che l’attacco al cantone poteva essere considerato frutto di una cospirazione internazionale: la prova più evidente è, forse, la caduta di Mosul nelle mani dei mercenari dell’ISIS, avvenuta in poche ore, per essere poi accompagnata dal lancio dell’attacco a Kobane dopo che i mercenari avevano preso possesso di una grande quantità di armi e munizioni. A quel punto, il clamore dei media pubblicizzò l’ISIS elevandolo al rango di una forza incontrastabile.
Quest’anno il 15 settembre segna il terzo anniversario dell’attacco contro il cantone di Kobane da parte dai mercenari dell’ISIS, attacco risultato poi in una serie di grandi battaglie che continuano ancora oggi, sebbene altrove.
Dal 15 settembre 2014 – quando iniziò il grande attacco – ad oggi, molte cose sono cambiate nell’arena siriana e in tutto il Medio Oriente. Lavoreremo a una serie di dossier preparati per fare luce sull’evoluzione della situazione politico-militare, dall’attacco lanciato a Kobane fino a oggi.
La nascita dell’ISIS
La prima comparsa ufficiale dell’ISIS si può fare risalire al 2004, anno in cui – secondo varie fonti – Abu Musab al-Zarqawi organizza delle bande che si attribuiranno molti diversi nomi, a partire da “Jamāʿat al-tawḥīd wa al-jihād”, per poi giurare fedeltà ad al Qaeda e divenirne il braccio operativo in “Mesopotamia”, istituendo il consiglio della Shura e dando vita, nel 2016, allo “Stato Islamico dell’Iraq” guidato da Abu Bakr al-Baghdadi.
Tutti questi gruppi erano attivi presso il confine siro-iracheno e combattevano le forze di occupazione USA in Iraq, prima, così come anche le forze di sicurezza del nuovo governo iracheno, poi, a partire dall’invasione del 2003 fino al 2011.
Dal 2014 l’influenza dell’ISIS si espanse sia in Iraq sia in Siria, dove erano entrati nel 2013 cambiando, da quel momento il nome nell’attuale “Stato Islamico dell’Iraq e della Siria”.
Si noti che l’ISIS prese una strada differente da quella dei loro compagni di Jabhat al-Nusra, sebbene entrambe le bande condividessero le stesse prospettive dell’organizzazione al Qaeda.
La crescita del potere
A partire dal 2013 l’ISIS si rafforzò man mano che centinaia dei suoi mercenari invadevano grandi città e ampi territori in Iraq e in Siria senza incontrare considerevole resistenza, né da parte degli eserciti del governo iracheno e del regime siriano, né tantomeno da parte di altri gruppi armati in entrambe le nazioni.
Dopo che i mercenari dell’ISIS strapparono la città di al-Raqqa dalle mani di alcune fazioni del cosiddetto Esercito Siriano Libero (FSA), il 14 gennaio 2014, si spinsero fino alla cittadina di Ain Issa e la presero il 6 luglio dello stesso anno.
In seguito si impadronirono di veicoli blindati e carri armati, due settimane dopo aver preso possesso del quartier generale della 17esima divisione dell’esercito siriano ad al-Raqqa: ciò diede ai mercenari dell’ISIS una capacità di combattimento tale che molti iniziarono a credere che il Daesh non potesse più essere sconfitto.
Questo specialmente dopo che i mercenari avevano occupato Manbij, Jarablos, Girê Sipî (Tel-Abyed), insieme con le cittadine e i distretti vicini, così come dozzine di distretti e città nella provincia siriana di al-Jazeera, nella regione di al-Badiya (nel deserto siriano) e in Iraq.
La città di Mosul era stata presa in poche ore il 10 giugno del 2014, a fronte di una presenza di 40.000-50.000 uomini dell’esercito e della polizia iracheni equipaggiati con moderne armi americane: ciò desta non pochi sospetti sulla possibilità di un complotto ordito in segreto a questo scopo.
Tutti questi fattori misero il leader mercenario Abu Bakr al-Baghdari nella condizione di annunciare il suo cosiddetto califfato dal pulpito della moschea di al-Nury a Mosul, il 4 luglio 2014.
Dopo l’occupazione di Mosul l’ISIS lanciò una campagna mediatica per mostrare la propria forza. I mercenari dell’ISIS, inoltre, organizzarono una parata militare ad al-Raqqa con lo scopo di instillare nel popolo la convinzione che non potessero essere sconfitti.
La situazione nell’arena siriana
Man mano che l’estensione delle aree occupate dall’ISIS in Siria cresceva, l’influenza del regime siriano e delle bande mercenarie della Coalizione Siriana si indeboliva e il loro controllo del territorio diminuiva.
I mercenari dell’ISIS a volte riuscivano a occupare zone sotto il controllo del regime e delle bande mercenarie senza nemmeno essere impegnati in battaglia, così come avvenne per la presa di al-Raqqa dalle mani del cosiddetto Esercito Siriano Libero; lo stesso può dirsi per Tel-Abyed, Manbij, Deir ez-Zor e tutte le aree a nordest e a ovest della Siria.
Alla fine del 2014 le zone controllate dall’ISIS in Iraq e in Siria si erano notevolmente ampliate.
La crescita della potenza militare dell’ISIS
I mercenari dell’ISIS avevano avuto una forza militare simile a qualunque altro gruppo combattente in Siria e in Iraq, fintanto che il loro potere era rimasto al livello minimo quando erano entrati in Siria nel 2013.
Questa capacità militare aumentò, invece, quando si impadronirono del quartiere generale della 17esima divisione dell’esercito siriano ad al-Raqqa, così come della 93esima brigata ad Ain Issa a nord di al-Raqqa e delle principali fabbriche di armi di Deir ez-Zor e Palmira, di tonnellate di armi e munizioni a Mosul e anche di veicoli blindati appartenenti all’esercito siriano e a quello iracheno.
Kobane cattura l’attenzione dei mercenari dell’ISIS
A metà del 2014, dopo l’occupazione di al-Raqqa, Tel Abyed (Girê Sipî), Manbij, Jarablos, al-Bab e gran parte della regione siriana di al-Badiya e dopo l’invasione di Şengal in Iraq i confini della regione del Rojava (al-Jazeera, Kobane e Afrin) si trovarono a contatto con i territori occupati dai mercenari dell’ISIS.
I mercenari, quindi, circondarono il Rojava e ne tagliarono tutte le strade di collegamento alle regioni siriane, tranne per il cantone di Afrin che si trovava geograficamente connesso con la provincia di Idlib e Aleppo al di fuori del controllo dell’ISIS; le altre aree del Rojava divennero, pertanto la destinazione successiva per i mercenari dell’ISIS nel tentativo di completare il loro piano di espansione per includere tutte le aree del nord della Siria.
La cittadina di Kobane, situata al centro delle regioni del nord, sembrava per l’ISIS un facile obiettivo per espandersi e la prima delle città curde che avrebbe potuto occupare.
Kobane, cittadina curda, si trova a 120 km dalla città di al-Raqqa e circa 120 km a est di Aleppo, che si trovava amministrativamente sotto il controllo del regime baathista; Kobane era stata la prima città a liberarsi dal regime siriano nel 2012 e la città dalla quale era iniziata la Rivoluzione del Rojava, il 19 luglio 2012.
Tutto ciò conferisce un enorme valore simbolico a questa piccola cittadina curda, di circa 40.000 abitanti e circondata da 366 villaggi.
Diversi gruppi armati hanno tentato di muovere contro Kobane – difesa dalle Unità di Protezione Popolare (YPG) e dalle Unità di Protezione Femminili (YPJ), costituitesi nel 2011 e che avevano iniziato a proteggerla con la liberazione dal regime siriano – ma tutti questi tentativi di occupazione sono sempre falliti, incluso quello dei mercenari dell’ISIS.
L’ISIS usò, come base per i propri attacchi ai villaggi di Kobane, le cittadine di Tel-Abyed (Girê Sipî) a est, Jarablus e Shuyukh a ovest e Sareen a sud di Kobane.
Perché Kobane?
Senza dubbio, i mercenari dell’ISIS tennero conto del fatto che Kobane, al centro della regione e del Rojava, è la città da cui iniziò la rivoluzione del 19 luglio (Rivoluzione del Rojava). Assediati da tre lati, la forza militare dei difensori non poteva comunque essere pari a quella dei mercenari dell’ISIS.
Forse all’epoca i mercenari dell’ISIS credevano che controllare Kobane avrebbe rappresentato l’inizio dell’occupazione di tutta la Siria del nord e avrebbe gettato le basi per creare uno stato settario che si sarebbe esteso al di là del confine siriano fino a raggiungere l’Iraq. Questi obiettivi erano incoraggiati dalla Turchia e dal Qatar, perché avrebbe significato spingersi verso Cizîre e poi verso Afrin e far fallire il progetto dell’amministrazione autonoma del Rojava controllandone uno dei tre cantoni.
In aggiunta a ciò l’ISIS cercava, attraverso la conquista di Kobane, di rimuovere quelle forze che erano fortemente presenti in aree adiacenti ai territori occupati in Iraq e Siria.
Kobane, di significativa importanza simbolica per i curdi, rappresentava la migliore opportunità per l’ISIS di vendicarsi per il fallito tentativo di prendere Şengal, dove le YPG sventarono i piani militari dell’ISIS durante la campagna iniziata il 3 agosto 2014.
L’ISIS, inoltre, cercava di rafforzare il proprio controllo su un’area più ampia possibile presso il confine turco, area a lungo usata per far passare centinaia di foreign fighters occidentali che intendevano unirsi all’organizzazione terroristica, oltre al fatto che – secondo diverse testimonianze – attraverso il confine l’ISIS aveva iniziato a esportare petrolio dalle zone di proprio controllo in Iraq e Siria verso la Turchia: di certo il controllo dell’area di Kobane, che si estende per oltre 80 km lungo il confine turco, avrebbe contribuito a facilitare queste operazioni.
Gli occhi dei mercenari dell’ISIS si volgevano verso Kobane con la speranza di completare il proprio progetto di espansione nella regione e raggiungere diversi importanti scopi attraverso un’unica zona geografica.
I mercenari hanno lanciato un attacco violento sulla città di Kobane a metà settembre 2014, sufficiente per entrare nella città di Kobane e occupare più della metà della sua area, ma la volontà è stata più forte della forza militare, così la resistenza di Kobane ha vinto e ha fatto di questa vittoria un regalo a tutto il mondo, in virtù della resistenza internazionale all’interno delle sue mura.
Nel nostro secondo dossier esamineremo gli eventi della campagna militare di Kobane iniziata il 15 settembre 2014, oltre alle tappe della campagna; il suo fallimento e la vittoria della resistenza delle Unità di difesa dei popoli e delle unità di difesa delle donne e delle fazioni dell’esercito libero a Kobane e al movimento internazionale durante la resistenza.
L’ attacco barbarico dei mercenari di IS
La guerra è stata scatenata il 15 settembre 2014, quando i mercenari di IS hanno iniziato a riunire truppe nella periferia del cantone di Kobane dopo aver preso il controllo di Mosul insieme a molti settori militari dell’esercito siriano, in particolare la 93a Brigata di Ain Issa, dove ha sequestrato tonnellate di armi e dozzine di veicoli blindati poi utilizzati nell’attacco al cantone.
Il piano sembrava essere ben curato, Daesh non ha risparmiato tempo e ha portato avanti gli attacchi su due fronti, da est e da ovest, e rapidamente ha preso il controllo su un certo numero di villaggi a causa della sua potenza militare rispetto all’Unità di difesa del popolo.
Va notato che le forze che hanno difeso Kobanî non avevano un singolo carro armato e nemmeno un veicolo blindato, a differenza di IS che ha utilizzato su ogni fronte più di due carri armati, per non parlare dell’uso di 130 cannoni che avevano la capacità di bombardare il centro della città di Kobanî da 30 km.
I mercenari dell’IS hanno iniziato l’attacco e sono penetrati in profondità nel confine naturale del cantone di Kobanî, protetto dalle unità di difesa del popolo.
Resistenza nelle zone rurali
La superiorità militare era evidente sulle Unità di Difesa del Popolo e le Unità di Difesa delle Donne durante l’inizio della campagna militare, ma le YPG e le YPJ hanno resistito con tutte le loro forze. Le unità hanno resistito in modo indescrivibile e decine di suoi combattenti sono diventati martiri, e molti di loro hanno effettuato operazioni di autosacrificio come Revana, Arin Mirkan, Baran Serhad, Eris e Zozan “cercando di scoraggiare forze nemiche e prevenire la loro avanzata.
Ma la resistenza fatta con le armi individuali e qualche mitragliatrice non era sufficiente per impedire che i mercenari di IS con armi molto sofisticate entrassero nel cantone di Kobane.
La resistenza nelle zone di campagna ha avuto un impatto diverso da quello delle strade in città. Le Unità di difesa del popolo e le Unità di difesa delle Donne sono stati i primi ad affrontare i mercenari di IS, YPG e YPJ hanno affrontato una grande sfida, morire, e non ritirarsi in nessun modo.
Con questa dottrina i combattenti delle unità sono stati in grado di difendere i propri punti, anche se i carri armati dei mercenari sono passati sui loro corpi.
L’evaquazione dei civili
I civili di Kobane sono stati una parte essenziale della resistenza epica delle YPG e delle YPJ contro i mercenari di IS. I civili hanno contribuito notevolmente nella resistenza all’interno delle trincee lungo le linee di difesa.
Ma con l’intensificarsi degli attentati, i civili dovevano essere evaquati dal centro della città, dove l’assedio si è intensificato con il passare dei giorni e molto rapidamente, al fine di evitare eventuali massacri come quello contro Şengal nel quale sono morti di più di 5 mila yazidi.
In 10 giorni Kobane ha assistito allo spostamento di più di 300.000 civili verso il confine settentrionale del cantone nel Kurdistan settentrionale (Bakur).
La maggior parte dei civili ha attraversato il confine verso il Kurdistan settentrionale raggiungendo la zona di Siruj, mentre alcune centinaia sono rimasti nella propria terra. Alcuni sono rimasti nel villaggio di Tal-Shaeer, a circa 5 chilometri a ovest dal centro della città, rifiutandosi di fuggire fino alla liberazione della città.
I mercenari alla periferia della città di Kobane
La mattina di domenica 5 ottobre 2014 i mercenari hanno controllato la collina “Mashta Nour” che domina la città da sud-est dopo 20 giorni di scontri in campagna e da lì ha cominciato a bombardare violentemente.
E’ iniziata la guerra di strada
Le battaglie nella città di Kobane si sono evolute in tre fasi. La prima fase è stata una linea difensiva per limitare l’avanzamento dei mercenari di IS, e ciò è stato raggiunto l’8 ottobre, tre giorni dopo che i combattimenti si sono spostati nelle strade della città.
In quel giorno un certo numero di combattenti YPG (alcuni dei quali diventati martiri e alcuni feriti) hanno eseguito operazioni di autosacrificio nella piazza Al-Huriya, puntando a tutti i siti dove i mercenari di IS hanno aperto il fuoco e sono stati in grado di controllare la loro avanzata e limitare l’occupazione da parte dei mercenari di IS.
L’atmosfera in quel momento era che la città sarebbe potuta cadere in qualsiasi momento e tutti la utilizzavano secondo i propri interessi. Tutti si chiedevano se Kobanî fosse caduta o no? E quando sarebbe caduta? No? Nelle battaglie di Freedom Square, l’avanzata dei mercenari IS è stata ridotta e le unità di difesa del popolo hanno cominciato a rafforzare le loro linee di difesa e si sono addestrati come combattenti nella guerra di strada. I giorni passavano, mentre gli attacchi alle linee di difesa continuavano quotidianamente, senza però concedere l’avanzamento dei mercenari di IS mentre le unità di difesa del popolo liberavano un po’ alla volta le case e le strade. La situazione è durata così per 71 giorni.
Nel frattempo le bande IS hanno lanciato diversi attacchi feroci e deliberati sulle linee difensive, specialmente ad est e vicino alle frontiere ma hanno fallito.
Poi è iniziata la seconda fase, dove le unità di difesa del popolo hanno iniziato ad eseguire la tattica di colpire e fuggire, imboscate, minare il terreno, posizionare i cecchini, i blitz e altre tattiche. All’epoca i leader delle unità di difesa del popolo hanno confermato che i colpi inflitti ai mercenari di IS sono stati raggiunti in virtù delle operazioni svolte dalle loro forze al di fuori della città, consentendo così alle unità di difesa del popolo di proteggere le loro linee oltre a sconfiggere gli attacchi dei mercenari di IS. La terza tappa è iniziata il 18 dicembre 2014, il 94 ° giorno della resistenza. Quel giorno è iniziata la campagna per liberare la città di Kobanî con il nome Vendetta per i martiri di Kobanî, la campagna è durata 40 giorni fino a quando Kobanî non è stata liberata.
Interazione regionale e globale con Kobane
La grande resistenza delle unità di difesa del popolo e delle unità di difesa delle donne nella difesa della città di Kobane ha attirato l’attenzione del mondo verso la città di Kobane, e la città ha iniziato ad occupare i titoli della maggior parte dei media e le parole da parte dei più importanti leader internazionali.
Subito dopo l’arrivo dei mercenari di IS a Kobane
I curdi nel Kurdistan settentrionale (Bakur) sono stati i primi a sostenere la resistenza che le unità di difesa del popolo hanno fatto nella città di Kobane, i curdi nella maggior parte delle città kurde nel Kurdistan settentrionale hanno alzato la loro voce in sostegno a Kobanî.
Centinaia di curdi sono andati al confine nella città di Pirs noi (Siruj), adiacente alla città di Kobanê, e alcuni di loro hanno attraversato il confine per difendere la città.
La rivolta popolare del popolo del Kurdistan del nord si è svolta il 6, 7 e 8 ottobre, in cui circa 40 civili sono diventati martiri dalle autorità turche nel tentativo di reprimere le voci di rivolta in sostegno a Kobane.
Giornata Internazionale di Solidarietà con Kobanî
Un mese e mezzo dopo l’inizio della resistenza a Kobanî, il 1 ° novembre, la Giornata Mondiale della Solidarietà con Kobane è stata proclamata nel mondo su invito dei maggiori intellettuali e giuristi del mondo in più di 90 città di 30 paesi del mondo. Sosteniamo la resistenza di Kobane con lo slogan ” Giornata internazionale per Kobane e l’umanità contro i mercenari di IS “.
Molti premi Nobel per la Pace, inclusi filosofi, hanno chiesto di dichiarare il 1 ° novembre come giorno internazionale per il sostegno di Kobanî.
Il linguista americano Noam Chomsky, e la candidata al Nobel per la Pace Luisa Morgantini, ex membri del Parlamento Europeo e membri della Camera dei Lord, sono tra i proponenti di questa giornata.
Liberazione di Kobane
L’inizio della campagna militare di Kobanî è stato il 15 settembre 2014, dopo 20 giorni è inizata la battaglia in città e in campagna, dopo 94 giorni di combattimento i mercenari sono riusciti a controllare il 70 per cento della superficie totale della città di Kobanî.
Ma con l’intervento della coalizione internazionale degli Stati Uniti contro IS e le forze dei Peshmerga che hanno sostenuto le Unità di Difesa del Poplo e le unità di difesa delle donne nelle battaglie per difendere la città, le forze di Kobanî hanno sconfitto i mercenari di IS liberando punti strategici giorno dopo giorno.
YPG e YPJ dopo 134 giorni continui di combattimenti eroici ed epici hanno liberato Kobane. Il 26 gennaio 2015 Kobane è stato dichiarato completamente liberato dai mercenari IS. E le loro bandiere nere sono state sostituite con quelle verdi, rosse e gialle.
La resistenza di Kobane è stata internazionale, per questo vittoriosa
La resistenza del popolo di Kobane non si è limitata solo ai curdi, ma hanno partecipato anche diverse componenti internazionali. L’arabo ha combattuto a fianco del curdo, i combattimenti curdi a fianco dei persiani e i persiani hanno combattuto a fianco degli americani, britannici, tedeschi e persino israeliani e turchi.