Contro interventi stranieri

Partito curdo invita l’opposizione in Iran all’unità e presenta un piano di dieci punti- Mentre gli USA e il loro Presidente Donald Trump, con l’imposizione di nuove sanzioni fomentano il conflitto con l’Iran, le organizzazioni curde fanno appello per un fronte comune contro il regime iraniano. Contemporaneamente gli USA conducono colloqui con diversi gruppi dell’opposizione iraniana per sondare la possibilità di un intervento o di un cambio di regime.

Il Partito per una Vita Libera in Kurdistan (PJAK) con il Movimento per la Libertà e la Democrazia del Kurdistan Orientale (KODAR), già a metà luglio ha lanciato un appello per un movimento comune per la democratizzazione dell’Iran. Con questa »roadmap« si intende superare l’attuale crisi in Iran, ha detto un rappresentante del KODAR il 12 luglio all’agenzia stampa Rojnews.

“Azione concrete verso la convergenza delle forze politche nel Kurdistan Orientale”

Fuad Beritan, co-Presidente del KODAR, ha confermato questa posizione in un’intervista con l’agenzia stampa curda Firat giovedì scorso. La sua organizzazione non accetterà né la politica del governo a Teheran né un’ingerenza straniera, ma prenderà una terza via. Secondo Beritan le forze dell’opposizione si devono decidere: o si impegnano per cambiamenti democratici o per un intervento di forze esterne. Quest’ultimo non porterebbe a un miglioramento ma a una situazione come in Siria.

Ora il PJAK rilancia con una proposta di dieci punti per la fondazione di un fronte unitario nazionale delle forze curde in Iran presentata nel fine settimana. Il primo punto è la fondazione di una commissione comune per mettere fine ai conflitti tra le varie organizzazioni e lavorare insieme in modo più stretto. Inoltre si vogliono fondare tre consigli: per il lavoro politico, per la rappresentanza diplomatica all’estero e per organizzare l’autodifesa delle forze politiche. Inoltre si intende fondare una struttura militare. La proposta comprende inoltre una politica mediatica comune, conferenze e assemblee, la costituzione di un centro di solidarietà in Europa e una commissione per i prigionieri politici in Iran. Le donne dovranno assumere un ruolo particolare all’interno dei partiti politici.

Non tutte le organizzazioni curde si schierano con l’iniziativa del PJAK. Così il Partito Democratico Kurdistan-Iran, sostenuto dal governo della Regione Autonoma del Kurdistan in Iraq, alcune frazioni del partito curdo Komala di orientamento socialdemocratico e il Partito Comunista Iraniano sarebbero contrari al progetto, dato che putano piuttosto su un intervento straniero.

Già il 18 luglio la co-Presidente del PJAK Zilan Vejin si è espressa contro simili ingerenze: »Nessun intervento dall’esterno porterà una soluzione in Iran. Al contrario, i problemi esistenti in questo modo vengono acuiti. Il nostro progetto non offre spazio per un intervento dall’esterno. È fondato sul fatto che i popoli dell’Iran risolvano i loro problemi da sé.« Secondo Vejin i problemi dell’Iran sono nella concezione di sé monista dello Stato iraniano e della sua Costituzione – quindi nel principio dell’uniformità. Una vita democratica ci sarebbe invece solo se la Costituzione riconoscesse i diritti e le libertà di tutti i popoli e di tutte le identità, in particolare quelli delle donne e dei giovani.

Una reazione del governo a Teheran alla pubblicazione della »roadmap« l’hanno comunicata le Unità di Difesa del Kurdistan Orientale (YRK). In una dichiarazione del 24 luglio hanno fatto notare che l’esercito da metà luglio ha rafforzato i suoi attacchi contro le forze curde.

di Kevin Hoffmann