Con Öcalan e il popolo kurdo: il 16 febbraio corteo a Roma
In vista del corteo del 16 febbraio continuano gli approfondimenti di Riccardo Carraro/ Dinamopress sulla questione kurda. Abbiamo intervistato Ozlem Tanrikulu, presidente di Uiki, Ufficio per l’informazione del Kurdistan in Italia, per leggere assieme a lei l’evoluzione della situazione politica internazionale in Medio Oriente
Il 16 febbraio ci sarà il corteo nazionale di solidarietà al Kurdistan, nell’ appello c’è una grossa attenzione alla condizione di Öcalan. Puoi spiegarci perché?
Attualmente ci troviamo in una fase molto delicata: lo scenario internazionale è nel caos e la situazione in medio oriente continua ad essere intricata. Ci sono coalizioni che si modificano e vecchie alleanze che si sciolgono. Nonostante una guerra ed una crisi umanitaria di portata internazionale, siamo riusciti a creare un nuovo progetto, una proposta politica e sociale per una vita nella solidarietà tra i popoli, di democrazia radicale, basata sulla liberazione delle donne e sull’ecologia: il Confederalismo Democratico. Tutto ciò è frutto di anni ed anni di ricerca politica, di un lavoro svolto da un grande filosofo: Abdullah Öcalan.
Öcalan, leader del popolo curdo, è stato costretto a lasciare la Siria nel ‘98 per via di pressioni e minacce delle forze internazionali. Questa campagna di aggressione è confluita nel sequestro di Öcalan il 15 febbraio 1999 dal Kenya e nella successiva incarcerazione in Turchia nell’isola di Imrali.
Da quel momento il popolo curdo ha dichiarato il 15 febbraio come “dark day – giorno oscuro“. Da allora i curdi manifestano per ricordare che non accetteranno mai questo comportamento verso un leader del loro popolo ed hanno fatto delle manifestazioni con lo slogan “non potete oscurare il nostro sole” al fine di creare un cerchio di protezione attorno al loro leader, come si vede in questo video.
In Europa da 15 anni organizziamo una manifestazione a Strasburgo, sede delle istituzioni europee. Da 5 anni c’è anche un presidio permanente davanti al Consiglio d’Europa, della quale la Turchia è uno stato membro, mentre qui in Italia sono 4 anni che organizziamo la manifestazione. Per la prima volta organizzeremo una manifestazione anche in Kenya.
Quest’anno ricorre una data per noi particolare: sono 20 anni che Öcalan è rinchiuso in un carcere di massima sicurezza nell’isola di Imrali, in Turchia. L’isola carcere di Imrali è stata costruita con l’approvazione delle istituzioni europee. Come il sequestro extragiudiziale di Öcalan, il sistema di isolamento stabilito e messo in funzione ad Imrali è stato approvato nel quadro di un consenso politico internazionale. I recenti avvenimenti hanno portato il sistema politico dello Stato turco ad essere sempre più autoritario e dittatoriale. All’interno di questo scenario, la Turchia ha intensificato l’isolamento ed è dal 27 luglio 2011 che a Öcalan non è permesso di incontrare i suoi avvocati.
La marcia del 16 febbraio è una piattaforma per le forze e l’opinione pubblica democratica, per i comitati di solidarietà italiana a prendere con più forza posizione in occasione del 20° anniversario della Cospirazione Internazionale, aumentare la resistenza contro l’isolamento e a partecipare alle campagne “Libertà per Öcalan”. La Turchia, con le sue politiche, sta radicando nella popolazione turca una mentalità basata sul nazionalismo, sul fondamentalismo e sul sessismo, distruggendo l’umanità tutta. C’è in atto una terza guerra mondiale e questa mentalità, basata sullo stato nazione è in realtà la maschera di un sistema fascista, che quindi va abbattuto. Abbiamo la possibilità di fermarli ed abbiamo un modello che nasce dal basso, a partire dalle volontà dei popoli. Per noi liberare Öcalan significa proprio questo: liberare i popoli, liberare tutti noi.
Il corteo di Roma sarà in contemporanea ad una marcia europea fino a Strasburgo. Puoi spiegarci le motivazioni e gli obiettivi della marcia?
Con la prospettiva sociale della liberazione delle donne, la democrazia radicale e l’ecologica, il movimento di liberazione curdo guadagna sempre più ammirazione. La resistenza contro la repressione e la guerra sta crescendo e si sta internazionalizzando.
A Strasburgo ci sarà l’unione di tre diverse marce: il 10 febbraio infatti partiranno tre cortei da tre punti diversi dell’Europa; queste manifestazioni arriveranno il 16 febbraio a Strasburgo e qui parteciperanno al corteo conclusivo che attraverserà le vie della città. Tra queste ci sarà la marcia degli Internazionalisti: saranno 150 da diversi Paesi Europei tra cui anche un gruppo di 7 persone dall’ Italia. Questo percorso inizierà il 10 febbraio a Lussemburgo. Il secondo corteo sarà invece composto da 150 politici rappresentanti curdi che si raduneranno a Basilea, in Svizzera il 9 febbraio. Infine, l’ultima marcia vedrà protagoniste le donne curde, che inizieranno il loro cammino da Mannheim in Germania.
Questi tre cortei si riuniranno a Strasburgo il 15 febbraio e sfileranno per le strade della cittadina il giorno seguente, in contemporanea con il corteo di Roma. La marcia andrà a trovare gli attivisti che sono in sciopero della fame a tempo indeterminato e manifesteranno la propria solidarietà.
Il movimento di liberazione curdo riunisce le persone più diverse amanti della libertà contro le politiche del “dividi et impera”, non solo in Kurdistan e in Medio Oriente. La messa in pratica del Confederalismo Democratico nel nord della Siria oltre che nel Rojava, mostra alla gente di tutto il mondo che un altro mondo è possibile e c’è la speranza.
Per questo motivo vogliamo unirci contro le forze reazionarie della modernità capitalista e dare un chiaro segnale contro la crescente brutalizzazione e repressione patriarcale e capitalista. Per questo motivo vi invitiamo al corteo. Siamo nel 2019 e Abdullah Öcalan è tenuto in totale isolamento da 20 anni. L’obiettivo dietro a questa ingiustizia è quello di discreditarne l’immagine, oscurandone le idee. Con questa grande manifestazione vogliamo mostrare che non accettiamo questo.
La libertà di Abdullah Öcalan è indispensabile per una soluzione dei conflitti politici in Turchia, Iraq e Siria. Il lavoro di Abdullah Öcalan è essenziale specialmente per il movimento delle donne curde. Il popolo curdo è riuscito a riappropriarsi della propria identità e della propria storia. Questo vale soprattutto per le donne.
La messa in pratica dell’autogoverno nel Rojava, un’alternativa democratica al potere statale che garantisce la libertà delle donne, non sarebbe stata possibile senza la dedizione e la filosofia di Abdullah Öcalan.
Vent’anni fa, proprio a Roma, veniva negata dal governo D’Alema la possibilità di chiedere asilo ad Öcalan che da qui sarebbe partito per il Kenya dove la polizia turca lo avrebbe arrestato. Che significato assume oggi quell’avvenimento così drammatico?
Organizzare questa manifestazione in Italia per noi è significativo. Non possiamo dimenticare che l’Italia ha avuto un ruolo importante: Ocalan ha trascorso 60 giorni a Roma, incontrando tantissimi politici al fine di trovare una soluzione pacifica alla questione curda. Tanti italiani all’epoca avevano manifestato la loro solidarietà nei confronti di Ocalan, così come tanti italiani continuano a scendere in piazza tutt’ora per noi. Le staffette, i progetti, le delegazioni, riconoscimenti di cittadinanza onoraria dai vari comuni non solo sono esempi di una virtuosa collaborazione che si è creata con il popolo italiano, ma evidenziano altresì come siano gli stessi ideali a muoverci. Gli stessi ideali di Ocalan che viene riconosciuto come leader di un popolo e per il quale oltre 10 milioni di persone hanno firmato tramite una campagna internazionale chiedendone la liberazione.
Öcalan è riconosciuto a larghissima maggioranza come capo-negoziatore e rappresentante del popolo curdo nei colloqui di pace con lo Stato turco. È il promotore di numerosi cessate il fuoco e di attività volte a trovare una soluzione per la fine del conflitto.
La sua è una figura centrale per poter garantire un reale processo di pace. Nonostante le sue terribili condizioni di detenzione, Öcalan ha attivamente guidato iniziative di pace mirate ad affrontare la questione curda. Negli scritti per la sua difesa ha sviluppato la teoria della nazione democratica e la base intellettuale per la vita comune dei popoli. Ha risposto alla Cospirazione Internazionale e alle forze della violenza e della tirannia con la pace e con contributi costruttivi; è stato l’architetto della Rivoluzione del Rojava, forse il prodotto più significativo dei suoi sforzi. L’isolamento brutale di Öcalan è un attacco alla pace ed un attacco alla ricerca di una soluzione pacifica della questione curda. Come spiegato poco fa, Öcalan è costretto ad una politica di isolamento, il che simboleggia in modo ancora più profondo la guerra dello Stato turco in Kurdistan. Ciò rappresenta la consapevolezza non solo di andare contro la volontà dei popoli, ma altresì la negazione della vita di un popolo e di un futuro in comune.
Tale trattamento non è accettabile il trattamento, è inumano. Fino ad oggi il nostro popolo ha percepito la situazione vigente della sua leadership come la propria cattività e si è schierato contro la Cospirazione Internazionale con una resistenza costante. Questa resistenza continuerà fino a quando spezzerà l’isolamento di Öcalan e lo libererà.
Leyla Güven, regolarmente eletta al Parlamento turco, deputata del Partito Democratico dei Popoli (HDP), ex sindaca e co-Presidente del Congresso della Società Democratica (DTK), da 91 giorni è in sciopero della fame indeterminato. La deputata Guven ha cominciato questa resistenza dicendo cosi: «Oggi la politica dell’isolamento su Öcalan non è imposta solo a lui, ma a tutto un popolo che si riconosce nella sua persona. L’isolamento è un crimine contro l’umanità. Sono un membro di questo popolo. Sto iniziando uno sciopero della fame a tempo indefinito per protestare contro l’isolamento di Öcalan».
L’azione di sciopero della fame di Leyla Güven si è diffusa all’interno e all’esterno delle prigioni con la partecipazione di persone di tutto il mondo con il motto “La domanda di Leyla Guven è la nostra richiesta”. Oltre a 291 prigionieri politici in Turchia e in Kurdistan, e circa decina dei curdi hanno lanciato scioperi della fame in Francia, Kurdistan, Galles e Canada che stanno pure nelle condizioni gravi. Le dimostrazioni e le azioni di solidarietà in tutto il mondo stanno crescendo di giorno in giorno. Tutto ciò dovrebbe dare le dimensioni di quanto la situazione sia grave e della determinazione di questi attivisti che mettono a disposizione la propria vita per questa causa.
La Turchia è sempre una minaccia più grave non solo per i kurdi che vivono nel paese ma anche per la rivoluzione in Rojava.
Dovete sapere che dopo lo scoppio della prima guerra mondiale, si sono definiti i confini che hanno determinato il quadro del Medio Oriente, creando ad hoc gli Stati che attualmente esistono nella regione. Oggi, dopo un secolo, è iniziata una nuova lotta regionale e globale per rideterminare il potere all’interno di questi territori. Per quasi un secolo, gli stati di Turchia, Iran, Iraq e Siria hanno imposto un processo di omogeneizzazione che includeva varie forme di assimilazione e brutali campagne di pulizia etnica.
Il progetto turco che cercava di stabilire uno stato-nazione turco monolitico su una terra occupata da diverse popolazioni locali, fu affrontato di volta in volta da una resistenza risoluta del popolo curdo. Essendo il più grande gruppo etnico non turco che viveva entro i confini della Repubblica di Turchia, dopo gli armeni, i curdi sono stati i principali bersagli delle vaste politiche di assimilazione e pulizia etnica dello stato turco sin dalla sua fondazione. Però la resistenza dei curdi ha ora raggiunto l’internazionalizzazione della loro causa. Questa nuova dinamica sta sfidando lo stato turco a fare una trasformazione democratica.
Bisogno sottolineare inoltre, che la Turchia sotto Erdoğan è diventata sempre più autocratica. Il nuovo sistema di governo presidenziale ha garantito uno stato di eccezione permanente. Sotto il nuovo sistema presidenziale, il presidente Erdoğan ha consolidato e ampliato i suoi poteri amministrativi. Ora il presidente ha il potere sulla magistratura, con il controllo sulla nomina di giudici e pubblici ministeri, mentre i poteri del parlamento nazionale sono stati significativamente indeboliti. Il Sistema di isolamento praticato per primo ad Imrali contro Ocalan, viene applicato contro tutta la Turchia, contro l’opposizione democratica e contro i popoli.
Al fine di non mettere in discussione il governo, soggetto oggi ad un disastro economico, politico e sociale senza precedenti, Erdogan sta seguendo una politica di invasione ed occupazione di tutte le dinamiche democratiche in Medioriente; in Turchia sono presenti 260 mila persone in carcere. Erdogan ha deciso di appoggiare l’ISIS con l’unico fine di sconfiggere la resistenza dei curdi in Rojava che rappresenta un modello alternativo per tutti sistemi esistenti che stanno in crisi.
Ci sono 22 basi militari attive che continuano ogni giorno a bombardare i villaggi civili causando dei morti nel Kurdistan Iracheno. Non solo: questo tipo di ingerenze sono continuate ed hanno visto un attacco senza precedenti alla popolazione civile di Afrin, bombardando per 58 giorni la città e violando tutte le leggi internazionali. Tutto ciò è avvenuto sotto lo sguardo delle potenze internazionali, le quali non hanno impedito che ciò accadesse. La Turchia ha letteralmente occupato una parte del territorio siriano, ma la resistenza della liberazione di Afrin continua ancor oggi. Come saprete, sta minacciando ogni giorno di invadere tutte le città che furono liberate da Daesh ma la popolazione continua a difendersi per non ritornare a quella mentalità vigente sotto l’invasione dei jihadisti.
La Turchia va fermata; diventerà un pericolo per tutto il mondo e la mentalità fascista che porta avanti, dilagherà in Medioriente. Il Rojava significa una modello alternativo, una speranza per tutti i popoli. È un luogo dove si parla, si discute ma allo stesso tempo si costruisce: un luogo in cui teoria e pratica si uniscono in un unicum. Non c’è tanto da dire; è un mondo che è stato liberato dalla mentalità dii DAESH e verrà anche difeso, contro ogni tipo di attacco del sistema. Il Rojava è basato sulla liberazione delle donne, sull’ecologia, sulla convivenza tra i popoli; è la zona dove viene costruita la democrazia radicale. È responsabilità di tutti noi difendere questo progetto. La solidarietà che ha difeso Kobane difenderà anche tutto questa sistema: tutti insieme, da chi ci vive dentro a chi vive km di distanza, la liberta è un battito dentro, che anima tutti noi. I valori costruiti con la resistenza, sulla pelle di migliaia di caduti in Rojava verrà difesa in ogni modo.
Il partito di sinistra Hdp vive sempre una forte repressione da parte di Erdogan. A breve ci saranno le elezioni amministrative in Turchia. Che significato assumono per la lotta di liberazione del popolo kurdo?
Le politiche di Erdogan continuano ad essere sempre più autoritarie. Dal golpe del 2016 in migliaia ormai sono stati arrestati. Le carceri turche sono affollatissime e chiunque esprima dissenso viene criminalizzato, perseguitato ed incarcerato. Le pressioni nei confronti di avvocati, giornalisti ed accademici sono oramai quotidianità. Una delle forze politiche filo curde di opposizione, l’HDP (il partito democratico dei popoli) ha oggi la maggioranza dei suoi rappresentanti in carcere. Le scorse elezioni, nel 2015, sono state ripetute due volte perché ad Erdogan non erano piaciuti i risultati elettorali.
Non possiamo dimenticare la rabbia e la frustrazione che ha scatenato: sono susseguite sanguinose giornate, coprifuochi ed esecuzioni nei confronti dell’elettorato che aveva supportato l’HDP, nel Bakur, il Kurdistan turco. Sono stati commessi crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Persino un Tribunale Permanente dei Popoli si è espresso su questo. La popolazione civile è stata seviziata, sequestrata, torturata. Nonostante ciò, l’HDP era riuscito a superare la soglia di sbarramento del 10%. Erdogan fu costretto a scendere a patti con i nazionalisti del MHP, con i quali detengono tutt’ora la maggioranza.
Al momento la situazione è preoccupante: proprio ieri ci sono stati nuovi arresti nei confronti dei candidati dell’opposizione dell’HDP. Sembra un film già visto. Hanno commissariato centinaia di municipalità e ne hanno arrestato i sindaci. La minaccia che in caso di vittoria verranno di nuovo insediate amministrazioni coatte di nomina governativa è più che concreto. Ma è importantissimo dare il segnale che nonostante tutto, la popolazione vuole la democratizzazione della Turchia, una soluzione politica per la questione curda e la pace. Le forze democratiche non rimarranno a guardare. Riprenderanno di nuovo i loro diritti andando a votare i loro rappresentanti. Proprio per questo è importante garantire una presenza durante le elezioni al fine di verificare il corretto e regolare svolgimento alle urne.
Se dovessi rivolgerti ai nostri lettori e invitarli al corteo del 16, cosa gli diresti?
Capisco che attualmente sembri che ci siano tanti problemi ad affliggere la quotidianità e che il Kurdistan possa sembrare una terra lontana. Ma la storia ci insegna che siamo tutti parte dello stesso popolo. La nostra resistenza è la vostra resistenza, così come la vostra resistenza è la nostra. Sono stati seminati paura e odio ovunque. Qui come in medio oriente. È arrivato il momento di far sentire la nostra voce e l’unico modo per essere ascoltati, è se siamo tutti uniti. Bisogna uscire dalla condizione di ricatto in cui Erdogan tiene l’Europa sia con accordi economici che militari e soprattutto con la sua arma principale: la questione dei profughi. È la vendita delle armi europee a Erdogan e la complicità dell’occidente che rendono possibile alla dittatura fascista di Erdogan di fare la guerra e in questo modo di creare altri profughi.
L’Europa e il governo italiano devono dare un segnale chiaro ed imporre il rispetto dei diritti umani, la democratizzazione e una soluzione pacifica per il Medio Oriente. Questo non è possibile senza Öcalan. L’Europa deve smettere di tacere di fronte a quello che succede in tutte le parti del Kurdistan. Il silenzio è complice. Vi chiediamo quindi di scendere in piazza e gridare assieme a noi di ‘rompere l’isolamento, di abbattere il fascismo e di liberare il Kurdistan’, che significa Libertà per Ocalan e per tutti i prigionieri politici; difendiamo il Rojava per la libertà e la pace dei popoli del Medioriente. Scendete in piazza con noi. È ora il momento. Vi aspettiamo sabato 16 febbraio alle ore 14 in piazza Esquilino.