Commemorazione di Andrea Wolf, membro del PKK
Un gruppo di persone giunte a Van dalla Germania, ha tenuto una commemorazione in onore della loro amica Andrea Wolf, membro internazionalista del PKK, che ha perso la vita in uno scontro insieme con altri 40 compagni.
Gli amici della Wolf hanno visitato la tomba monumentale nel quartiere Catak di Van, così chiamato dopo Ronahi, nome in codice della guerrigliera del PKK di origini tedesche, attivista nazionale per i diritti umani e sociologa, Andrea Wolf, che era tra i militanti del PKK sepolti nella fossa comune scoperta dallo staff dell’IHD (Associazione dei Diritti Umani) nella primavera del 2011.
Il gruppo ha visitato le tombe dei membri del PKK massacrati e il monumento costruito in onore della Wolf.
Uno degli amici della Wolf, Thomas Springer, ha dichiarato che 20 anni fa avevano incontrato la Wolf per un obiettivo comune e che il suo omicidio li aveva scioccati. Ha spiegato di aver organizzato attività e documentari per raccontare e introdurre la lotta della Wolf di molti anni, e ha aggiunto che i recenti sviluppi in Rojava hanno avuto un grande impatto anche su di loro. Springer ha detto di voler essere solidali con il popolo curdo e di essere andati a Van per vedere da vicino quello che il popolo curdo stava subendo.
In seguito, un’altra amica della Wolf, Maria Muck, ha affermato che alcune delle tombe che vedeva nel cimitero, erano senza nome, aggiungendo che le uccisioni e le esecuzioni sommarie sono parte della realtà del Kurdistan. Ha sostenuto che deve essere istituita una commissione per investigare su questo tipo di esecuzioni, proprio come quella di Andrea, e che i responsabili devono essere portati davanti alla giustizia.
Andrea Wolf, insieme con 40 militanti del PKK (Partito dei lavoratori del Kurdistan), fu uccisa il 23 ottobre 1998 in un massacro perpetrato dall’esercito turco e sepolta nel villaggio di Andiçen (Kelahêrê) nel distretto di Van Catak.
Secondo le informazioni raccolte fino ad oggi, nel 1998, la tedesca internazionalista Andrea Wolf nell’esercito delle donne curde (YAJK), insieme con le sue compagne, fu fatta prigioniere dall’esercito turco a seguito di una schermaglia in quella zona. Secondo le dichiarazioni dei testimoni, come detenuta disarmata, fu torturata e illegalmente giustiziata insieme con almeno altre due combattenti; i cadaveri delle vittime furono successivamente e ulteriormente abusati e mutilati.
Decine di combattenti pare siano state assassinate nello scontro e nel successivo massacro. La fucilazione dei prigionieri indifesi delinea gli elementi costitutivi del reato come delitto, secondo il diritto internazionale. L’uccisione dei prigionieri già disarmati – come pure quelli non in grado di combattere – è una violazione palese contro tutti i criteri del diritto internazionale e, secondo la Convenzione di Ginevra, si tratta di un crimine di guerra – e questo vale anche per la tortura dei prigionieri. Ciò vale anche per le metodologie di tortura sessuale applicate sistematicamente e utilizzate dall’esercito turco, che gli ufficiali in particolare imparano nei campi di addestramento dei servizi segreti occidentali come mezzo di sottomissione, umiliazione, dimostrazione di potere, distruzione e degradazione delle donne, ma anche degli uomini, qualora non cedano al contenimento di oppressione dello stato legittimato. I crimini di guerra includono anche l’utilizzo di gas tossici da parte dell’esercito turco contro i combattenti della guerriglia curda e contro la popolazione civile, cosa che, secondo una ricerca indipendente, ha avuto luogo e si verifica ancora oggi.
Şerif Fırat, un testimone oculare dell’esecuzione della Wolf e della comandante della guerriglia ai tempi, ha dichiarato in un’intervista all’ANF nel maggio del 2012, che era pronto a raccontare tutti i dettagli dell’esecuzione di Andrea Wolf nel caso in cui si tenesse un processo alla Turchia per i crimini contro l’umanità che ha commesso, di fronte alla corte internazionale di giustizia. “Era la sua visione internazionalista che ha fatto entrare nelle fila del PKK la compagna Ronahi. La sua determinazione ad essere una vera guerrigliera del PKK, nel suo complesso, ha fatto in modo che i suoi compagni la rispettassero,” ha affermato Fırat circa la cittadina tedesca attivista per i diritti umani e sociologa Wolf.
Fırat, sottolineando che è uno dei quattro testimoni oculari dell’esecuzione extragiudiziale di Ronahi, ha evidenziato che Ronahi ha perso la vita nel 1998 nel corso di scontri gravi e di una attività militare molto intensa, svoltasi nella regione. Fırat ha asserito che “Quasi tutti i nostri compagni in quella zona, dove si sono concentrate le operazioni dell’esercito turco, sono stati coinvolti in scontri gravi e di lunga durata. Ronahi fu fatta prigioniera dai soldati vicino Keleş, villaggio di Van, a seguito di uno scontro che durò dalla mattina presto fino alle ore notturne. Molti guerriglieri persero la vita in quello scontro, scoppiato in una zona molto vicina a noi. Ascoltando le radio dei soldati, seguivamo le discussioni sull’opportunità di uccidere Ronahi o portarla via viva. Dopo dieci minuti di discussione, un comandante ordinò ai soldati di ‘non comportarsi come in precedenza’, riferendosi ad un’altra guerrigliera tedesca, Eva Yunke, che era stata fatta prigioniera in precedenza. Subito dopo uccisero Ronahi perché ‘non volevano finire nei guai ancora una volta’. Tuttavia, l’esecuzione di Ronahi fu riportata ai media come se fosse stata catturata morta durante uno scontro. Questa è un’assoluta menzogna in quanto non le è stato sparato durante lo scontro. Fu una cattura e una esecuzione extragiudiziale.”