Caro Dino Frisullo racconta tu del popolo curdo
Leggo che il governo turco, già che ci siamo, torna a fare guerra al Pkk oltre che all’ Isis e per sua richiesta, oggi la Nato si riunirà per una riunione d’emergenza.Il mondo ha guardato con speranza a quel coraggio grandioso delle donne curde a Kobane, nel Rojava e in quei tanti tanti villaggi dove riescono a mantenere dignità e forza. E allora mi è tornato alla mente Dino Frisullo che ho conosciuto 15 anni fa a Roma e mi fece amare questi sconosciuti curdi, di cui non sapevo assolutamente niente.
Più che i miei ricordi vale la pena riportare chi fosse e chi è, per non scordare la sua grandissima fede nella lotta per la pace.Dal letto di ospedale scrisse: “Se morissi adesso o fra due giorni o un anno, ecco il mio testamento, il testamento di un comunista Avido di conoscenza e d’amore, vissuto e morto povero e curioso. Lascio tutto il mio disprezzo a chi mi ha usato. Lascio tutto il mio odio a chi mi ha dato un mondo senza gioia, da attraversare a denti e pugni stretti. Lascio la nostalgia per le moschee di Gerusalemme e gli ulivi di Puglia ed ogni roccia, pianta, finestra, stella, che i miei occhi hanno accarezzato nel cammino.
Lascio fiumi di dolcezza alle donne che ho amato. Lascio fiumi di parole dette e scritte spesso con rabbia, raramente con saggezza, in malafede mai, un mare di parole che già evapora al vento rovente del tempo. Lascio a chi vorrà raccoglierlo, il testimone del mio entusiasmo, nella folle staffetta mozzafiato -volgendomi indietro dopo vent’anni non so più se ho corso da solo. Lascio il mio sorriso a chi sa ancora sorridere. E le mie lacrime a chi sa piangere ancora. Non è poco. In cambio, voglio essere sepolto senza cippi e lapidi fra le radici di una albero grande in piena nuda terra rossa e grassa perché il mondo con me respiri ancora e si nutra con me di ogni mia fibra. Con me (non vi sembri retorica) solo una bandiera rossa E la nave del Ritorno intagliata con le unghie nella pietra di un prigioniero assetato di vita nel deserto del Neghev.”
“…Nel 1996 e nel 1997 giungono in Italia, sulle coste pugliesi, calabresi e siciliane barconi pieni di centinaia di profughi curdi dalla Turchia, dalla Siria, dall’Iraq e dall’Iran. Due di queste imbarcazioni riportavano sulle fiancate il cognome storpiato di Frisullo (Frizullo e Frisonullo), un riconoscimento da parte dei profughi curdi per l’attività del militante comunista. Negli stessi anni fonda l’associazione Azad per la libertà del popolo curdo.Il 21 marzo 1998 Dino Frisullo è a Diyarbakır, in Turchia, con una delegazione italiana di venticinque pacifisti, per festeggiare assieme ai curdi il loro capodanno, il Newroz.
La celebrazione si trasforma ben presto in un corteo che rivendica i diritti civili e politici dei curdi La manifestazione viene repressa dalla polizia turca, che arresta un centinaio di partecipanti tra i quali gli italiani Frisullo e gli studenti Giulia Chiarini e Marcello Musto, con l’accusa di istigazione alla violenza. Due giorni dopo il Tribunale per la sicurezza dello Stato scagiona i due studenti e rinvia a giudizio Frisullo. Durante il mese di aprile sia il governo italiano che il parlamento europeo chiedono a gran voce la scarcerazione del pacifista, che il 16 aprile inizia uno sciopero della fame contro l’isolamento a cui è sottoposto e le torture praticate nel carcere.Il 28 aprile Dino Frisullo viene scarcerato dopo quaranta giorni di carcere ed espulso il 16 giugno, dopo che la condanna a un anno di reclusione e a una multa di 6 miliardi di lire turche, emessa lo stesso giorno, è stata sospesa con una condizionale di cinque anni. Dall’esperienza vissuta a Diyarbakır nasceranno due saggi scritti da Frisullo, L’Utopia incarcerata e Se questa è Europa…Damiano Giovanni Frisullo, noto come Dino (Foggia, 5 giugno 1952 – Perugia, 5 giugno 2003), è stato un attivista, politico e giornalista italiano.
“… La notizia volò.Milioni di profughi si misero in cammino dall’Europa e da tutta la Turchiaverso oriente.Verso il Kurdistan, verso il sole, il fieno e il pane. (E’ tutto vero, tutto… tranne il finale: vi prego, facciamo che ungiorno sia vero anche quello…) Dino Frisullo – 27 ottobre 2001
Doriana Goracci