Bombe sulla manifestazione per la pace: la solidarietà della Mogherini ad Erdoğan
Sabato 10 ottobre due esplosioni di fronte alla stazione di Ankara hanno colpito il corteo che manifestava per la pace in Turchia. Ad oggi sono quasi 100 le vittime accertate e circa 250 i feriti in quello che è stato definito l’attacco più grave nella storia della Repubblica turca. Mentre vari osservatori già evidenziano le responsabilità del governo e del Presidente Erdoğan, la Mogherini dichiara la solidarietà europea alle istituzioni turche.
Almeno 95 persone sono state uccise e più di 250 ferite in due esplosioni ad Ankara sabato 10 ottobre. L’obiettivo dell’attacco era la manifestazione organizzata da sigle sindacali e movimenti della sinistra turca e fortemente sostenuta dal filo-curdo Partito Democratico del Popolo (HDP), che manifestavano contro la rinnovata guerra tra il governo turco e il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK). L’esplosione è avvenuta nel luogo del concentramento dello spezzone del partito HDP.
L’esplosione è parte di una serie di attacchi. La prima bomba è eplosa a Diyarbakır a giugno durante una manifestazione di supporto alla campagna elettorale del HDP; la seconda a Suruç a luglio ha colpito un gruppo di attivisti di movimenti socialisti turchi, diretti a Kobane per portare aiuti alla ricostruzione. E adesso Ankara. Tra questi tre eventi, non dimentichiamo di menzionare i continui attacchi alle sedi del HDP in tutto il paese, l’assedio di Cizre, gli scontri tra fascisti e curdi e il livello alto di scontro in tutto il paese.
Sembra esserci un fil rouge in tutti questi eventi, che la stampa collusa non riesce ad individuare (o forse non vuole individuare). Due sono le vittime principali di tutti gli attacchi: il popolo curdo e con esso i suoi partiti politici e quella parte di popolazione turca che vuole manifestare per la pace e la democrazia.
L’esplosioni ad Ankara avvengono a sole tre settimane dalle cruciali elezioni del 1 novembre, occasione per il Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP) di riconquistare la maggioranza parlamentare persa nelle elezioni di giugno, anche a causa dell’ottimo risultato del HDP che riuscì a superare la soglia di sbarramento ottenendo circa il 14% dei voti.
Le istituzioni tuche hanno dichiarato che le esplosioni sono di matrice terroristica. Il Presidente della Repubblica Recep Tayyip Erdoğan ha condannato l’attacco, affermando che mina l’unità del paese e la pace. Il ministro Veysel Eroğlu ha affermato che i veri colpevoli sono gli organizzatori della manifestazione, mentre il primo ministro Ahmet Dautoğlu sostiene che i responsabili potrebbero essere militanti del IS, di gruppi estremisti di sinistra o curdi. Vari osservatori hanno già smentito che possa trattarsi di gruppi di sinistra o militanti curdi.
Ma questo non importa in Turchia. Parliamo di un paese scosso da più di trentanni da una sanguinosa guerra civile, che ha segnato la storia e la memoria collettiva. Parliamo di un paese che ha paura dell’instabilità. In questo tipo di paese, basta una allusione a far crescere di nuovo la paura. Il Presidente della Repubblica Erdoğan è ben consapevole di ciò e ne ha dato riprova questa estate quando ha affermato che se avesse ottenuto la maggioranza alle elezioni, questa nuova guerra non sarebbe iniziata.
Il massacro di Ankara avviene nel giorno nel qule era previsto l’annuncio del cessate il fuoco unilaterale da parte del PKK, in vista delle elezioni di novembre. La dichiarazione è arrivata poche ore dopo le esplosioni.
La solidarietà della Mogherini ad Erdoğan
Il fil rouge degli attentati solleva molte domande. L’inasprirsi del conflitto a poche settimane dalle elezioni, gli attacchi indiscriminati contro l’HDP, l’alto livello di conflitto, sono tutti fattori che sembrano far ricadere il paese nella spirale di violenze e terrore che ha caratterizzato la sua storia negli anni ’90. Molti osservatori turchi e internazionali puntano il dito contro il Presidente Erdoğan e il suo partito, che potrebbe aver adottato una strategia del terrore per poi vendere al paese la favola della stabilità, che sarebbe assicurata solo da una schiacciante vittoria dell’AKP alle prossime elezioni. Questa sarebbe un’arma a doppio taglio: così come cresce la paura, in Turchia stanno crescendo anche le opposizioni.
E’ indiscutibile che una certa responsabilità dell’attacco di Ankara vada imputata al governo dell’AKP. Se non vogliamo cadere in teorie del complotto e fantapolitica, guardiamo anche solo lo svolgimento dei fatti. L’attacco è avvenuto nella capitale del paese, dove non vola una mosca senza che i servizi segreti lo sappiano. C’è stato quindi innanzitutto una falla (volontaria o involontaria) nella sicurezza. Inoltre, il comportamento delle forze dell’ordine a seguito dell’eslposioni è stato oltremodo e inguistificatamente violento: i manifestati sono stati attaccati con gas lacrimogeni ed è stato impedito il passaggio di ambulanze e soccorritori. Poco dopo le esplosioni, Twitter è stato bloccato e il Consiglio di Radio e Televisione turco ha proibito la copertura mediatica degli eventi di Ankara.
Alcuni di questi passaggi devono essere sfuggiti all’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Federica Mogherini e al suo collega Johannes Hahn, commissario europeo per la politica di vicinato, che hanno emesso un comunicato congiunto esprimendo la loro vicinanza alle vittime della strage e alle istituzioni turche. Hanno aggiunto che “come Ue, siamo determinati a sconfiggere chi vuole distruggere e destabilizzare la società e vicini al popolo turco che opera contro la violenza e il terrorismo. La nostra partnership con le autorità e la società turca è più forte che mai, a tutti i livelli”.
Ancora una volta le istituzioni europee si dimostrano acritiche e colluse con il regime turco, vittime di una cecità forse causata dalla recente crisi migratoria e dal fatto che ad oggi la Turchia ha accolto da sola più profughi che l’Europa intera. Per non svegliare il can che dorme, meglio soprassedere su tutto il resto ed evitare che la Turchia membra della NATO e protettrice dei confini europei possa risvegliarsi e smettere di assecondare gli interessi dell’Unione.
di Bianca Benvenuti