Bayik: I Problemi del Medio Oriente Non Possono Essere Risolti Senza il Popolo Curdo

Il Co-Presidente del Consiglio Esecutivo del KCK Cemil Bayik ha parlato con Michael Völker del giornale austriaco leader, Der Standard, circa la resistenza di Kobanî.

Cemil Bayik ha dichiarato che la lotta contro l’ISIS ha spinto la questione curda sulla scena internazionale, aggiungendo: “I curdi sono una forza chiave in Medio Oriente. Se i curdi non prendono parte, o non sono inclusi, i problemi del Medio Oriente non possono essere risolti. Affinché il Medio Oriente possa essere ridisegnato ci deve essere una soluzione della questione kurda.”

Bayik ha affermato che il conflitto in Kobanî è stato intensificato grazie al sostegno della Turchia a favore delle bande ISIS. Ha detto che le forze speciali turche stavano lavorando con i terroristi dell’ISIS, aggiungendo: “Vi è ora una regione autonoma del sud del Kurdistan e vi è il Rojava. Poi c’è la Turchia che deve riconoscere uno status per i kurdi, ma invece di farlo cerca di evitarlo e di distruggere le istituzioni sviluppate in Rojava tramite l’ISIS. La Turchia vuole rafforzare la sua influenza in Medio Oriente utilizzando l’ISIS e sacrificando i curdi nel processo.”

Bayik ha continuato: “Tutti pensavano che Kobanî sarebbe caduta in una settimana e che i curdi sarebbero stati cacciati e massacrati, ma non è successo. La resistenza è forte. Noi non abbandoneremo Kobanî!”

La resistenza e la pressione internazionale sono state efficaci nel cambiamento di tattica della Turchia

Bayik ha risposto al commento del giornalista di Der Standard che ‘La Turchia ha permesso ai peshmerga di arrivare in Kobanî,’ aggiungendo che sia la resistenza di Kobanî sia le pressioni internazionali avevano portato ad un cambiamento di tattica. Bayik ha aggiunto che all’inizio Erdogan aveva voluto che la coalizione internazionale conducesse una lotta contro le YPG e il PKK e contro l’ISIS, ma che gli americani non avevano accettato questa soluzione e avevano sostenuto le YPG, con un conseguente cambiamento di tattica della Turchia.

Le armi favoriscono una sconfitta per la diplomazia turca

Cemil Bayik ha ricordato che gli Stati Uniti hanno inviato delle armi alle forze delle YPG, a significare una sconfitta per la diplomazia turca. Ha poi aggiunto: “Ci sono grandi differenze tra gli obiettivi degli Stati Uniti e l’Europa e quelli della Turchia. Mentre l’Occidente vuole combattere l’ISIS, la Turchia li sostiene contro i curdi.”

Diamo il benvenuto al sostegno dei peshmerga

Bayik ha detto che la Turchia ha potuto osservare che con gli attacchi a Kobanî i curdi sono divenuti più forti, e sperava che i problemi sarebbero affiorati con la presenza dei peshmerga a Kobanî. Ha aggiunto che non c’era nessun problema di fiducia per quanto riguarda i peshmerga: “le nostre forze hanno combattuto fianco a fianco su molti fronti, e questo ha creato una sensazione positiva tra il nostro popolo. Abbiamo quindi dato il benvenuto al sostegno dei peshmerga nella resistenza di Kobanî.”

Bayik ha aggiunto che l’ISIS ha dato un certo vantaggio ai curdi in quanto li ha fatti avvicinare e che i tentativi turchi di utilizzare i peshmerga contro le YPG non avrebbero funzionato.

Vendere le donne significa vendere l’umanità

Cemil Bayik ha dichiarato che l’ISIS è un’organizzazione disumana e ha condannato il mercato delle donne. Bayik ha continuato, dicendo: “In Kobanî stiamo portando avanti una lotta per l’umanità. L’ISIS è anti-umanità e anti-donne. Vendere le donne significa vendere l’umanità. Ridurre in schiavitù le donne equivale a rendere schiava l’umanità.”

Bayik ha aggiunto che l’ISIS non stava solo occupando alcune aree, ma stava anche tentando di effettuare la pulizia etnica, come ha fatto per i curdi Yazidi a Sinjar e per i cristiani di Mosul. Ha affermato che stavano tentando di fare la stessa cosa a Kobanî.

Bayik ha evidenziato che: “Non permetteremo che questo accada. Il destino di Kobanî sarà anche il destino dell’ISIS, ma non dobbiamo dimenticare che la Turchia ha aperto le porte di Kobanî all’ISIS.”

La politica di Erdogan sta portando la Turchia verso l’isolamento e la guerra civile

Cemil Bayik ha sostenuto che il processo di risoluzione del Kurdistan settentrionale non può essere considerato separatamente da Kobanî, aggiungendo che sarebbe ingenuo aspettarsi che l’AKP, che sostiene l’ISIS, possa sviluppare una politica di pace. Bayik ha precisato: “I kurdi sono aumentati in tutte le regioni. Questa resistenza è una lotta per l’umanità, fraternità e il multi-culturalismo. La politica di Erdogan sta portando la Turchia verso l’isolamento e la guerra civile.”

Bayik ha sottolineato che il leader del popolo curdo Abdullah Ocalan sta tenendo il processo di pace in pista grazie ai suoi sforzi unilaterali, nonostante tutte le avversità. Ha aggiunto che l’AKP sta facendo promesse vane, cercando di guadagnare tempo per distruggere il PKK. “La Turchia è intollerante alla resistenza. Sta rispondendo duramente alle critiche dei giornalisti e alla protesta popolare. E l’AKP sta cercando di prendere in consegna l’intero apparato statale,” ha detto.

Esiste un limite agli sforzi unilaterali

Bayik ha riferito che il processo di risoluzione è in una fase critica, e che la Turchia non è pronta a prendere le misure necessarie. Ha informato che, mentre l’intenzione è quella di non combattere nuovamente la Turchia, “c’è un limite agli sforzi unilaterali.” Ha aggiunto che se gli attacchi contro il popolo dovessero continuare, i guerriglieri sarebbero pronti a intervenire, ribadendo che il mondo sa che i curdi vogliono una soluzione pacifica in quanto, tra l’altro, hanno dichiarato un cessate il fuoco durante il Newroz del 2013. “Se la Turchia non ci lascia altra alternativa ci difenderemo,” ha detto Bayik, che ha aggiunto che aspettare troppo a lungo, mentre la Turchia mette in atto un gioco differito, equivale alla ‘resa’, un qualcosa che non possono accettare.

Bayik ha spiegato: “In Kobanî un nuovo movimento per la libertà sta emergendo e i curdi si uniscono a sostegno di questa città. Sta avendo un’influenza sulla comunità internazionale e sull’opinione pubblica, ed è anche una ribellione contro la Turchia “.
Bayik ha annunciato che, in un momento in cui la rimozione del PKK dalla lista delle organizzazioni terroristiche è stata seriamente discussa, volevano una soluzione pacifica. “La guerra è andata avanti per anni e né la Turchia né noi abbiamo ottenuto quello che volevamo. Questo è il motivo per cui è ora necessario adottare misure verso una soluzione pacifica,” ha aggiunto.

Cemil Bayik ha palesato la necessità di una terza parte per monitorare il processo: “Potrebbe essere gli Stati Uniti oppure una delegazione internazionale. Vi è la necessità di mediatori e osservatori, “ha detto.

I problemi del Medio Oriente non possono essere risolti senza i curdi

Quando gli è stato ricordato il crescente sostegno internazionale per i curdi e gli è stato chiesto se questo può contribuire al processo di risoluzione, Cemil Bayik ha detto che la questione curda è anche una questione internazionale e ha concluso dicendo: “Crediamo che questa guerra abbia corretto l’immagine del PKK. Il PKK farà parte della risoluzione di questo problema. I curdi sono una forza chiave in Medio Oriente. Grazie in particolare al PKK, i curdi nel tempo si sono organizzati. Se i curdi non prendono parte, o non sono inclusi, i problemi del Medio Oriente non possono essere risolti. Affinché il Medio Oriente possa essere ridisegnato ci deve essere una soluzione della questione curda.”

Cemil Bayik, co-presidente del Consiglio Esecutivo in un’intervista a Sterk TV

Nell’intervista con il giornalista Günay Aslan per il canale Sterk TV il co-.presidente del Consiglio
Esecutivo della KCK spiega come il perdurare del successo della resistenza di Kobanê ha vanificato i piani del governo turco per la regione.

La resistenza di Kobanê dura ha quasi due mesi. Il fatto che all’assalto di Stato Islamico IS si tenga testa con successo per così tanto tempo ha portato nuovi sviluppi per l’intera regione. Secondo lei, quali piani e calcoli stanno dietro la guerra contro Kobanê?

In primo luogo penso che la maggior parte delle aree non partiva dal presupposto che la resistenza di Kobanê potesse avere tanto successo. Molti hanno pensato che la città sarebbe caduta nelle mani di IS nel giro di pochi giorni. Ma si è verificato il contrario e le aspettative di queste aree sono andate deluse. Così tutti quelli che nei propri piani erano partiti dalla conquista di Kobanê da parte di IS hanno dovuto fare nuovi piani e nel farli tenere conto della resistenza di Kobanê.

Noi siamo fermamente convinti del fatto che dietro la guerra contro Kobanê ci sia lo stato turco e il governo dell‘AKP. Con questa guerra la Turchia persegue determinati obiettivi. Il suo primo obiettivo è di annientare l’amministrazione del cantone di Kobanê. Perché sanno perfettamente che se nel Rojava le curde e i curdi raggiungono uno status, questo necessariamente spingerà anche la Turchia verso un riconoscimento delle curde e dei curdi nel Kurdistan del nord. E proprio questo il governo dell’AKP vuole impedirlo ad ogni costo, cosa che alla fine spiega anche perché agisce tanto contro le curde e i curdi nel Rojava. E per fare questo usa IS.

Il secondo obiettivo dell‘AKP è di guadagnare influenza sulla Siria, sull’Iraq e in tutto il Medio Oriente. Perché l’aspirazione egemonica che ha avuto fino ad ora con la sua politica estera fallita è andata a vuoto. Ora cerca tramite IS di riconquistare influenza. Attraverso IS vuole conquistare potere negoziale quando si tratta di discussioni sulla regione.

E per ottenere questo potere, vuole sacrificare le curde e i curdi e Kobanê. La guerra Kobanê quindi è una guerra alla quale la Turchia partecipa in modo determinante. Mira a una pulizia etnica a Kobanê. Vanno cacciati via da lì le curde e i curdi e insediata una popolazione araba. E questa popolazione araba deve essere alimentata dai seguaci di IS.

In questo scenario, come valuta l’arrivo delle unità di peshmerga a Kobanê?

Quando IS ha dichiarato guerra alle curde e ai curdi, loro hanno messo in piedi una difesa comune. Così le nostre forze di guerriglia si sono recate a Shengal, Maxmur, Lalisch e altre località per partecipare alla difesa delle conquiste della popolazione contro IS.

Dal nostro punto di vista questo era importante perché si è dimostrato che una nuova difesa comune è in grado di difendere curde e curdi e gli altri gruppi della popolazione nella regione contro IS. Ora dal nostro punto di vista è altrettanto importante che le forze dei peshmerga provenienti dal Kurdistan del sud diano sostegno nella difesa di Kobanê. Questo reciproco sostengo ha un grande significato ed è anche desiderato e richiesto dalla popolazione curda. Penso anche che nessuno possa andare contro questa richiesta.

Ma in questo contesto, come va intepreprato l’atteggiamento dell‘AKP? Ha lasciato arrivare le forze dei peshmerga a Kobanê attraversando il territorio turco.

Inizialmente ho detto che l‘AKP con IS voleva far cadere Kobanê e poi arabizzarla. Questa è anche la ragione per la quale Erdogan dice costantemente: „Il luogo non si chiama Kobanê, ma Ain al-Arab.“ Con questo vuole solo dire che Kobanê dal suo punto di vista è territorio arabo. Forse con queste dichiarazioni involontariamente mostra il suo vero obiettivo di fare lì una pulizia etnica.

E lasciando passare i peshmerga vuole camuffare questo obiettivo?

Si, ha a che fare anche con questo. Ma ha a che fare ancora di più con il fatto che l’AKP con questa politica è andata in fuori gioco dal punto di vista della politica estera. L’AKP nelle ultime settimane ha svelato da sé il vero volto dello stato turco davanti a tutto il mondo. Ora con questo passo vuole cercare di dare una ripulita alla propria immagine.
È un dato di fatto che l‘AKP ha bisogno dell’appoggio dei curdi e delle curde. Perché senza questo appoggio al più tardi nelle prossime elezioni nell’anno 2015 per loro si mette male. L’immagine dell’AKP tuttavia attraverso la sua politica rispetto Kobanê è ulteriormente peggiorata in modo significativo anche tra il suo elettorato curdo. Ora cerca di recuperare.

Inoltre c’è una forte pressione internazionale sull‘AKP perché svolga il suo ruolo nella coalizione anti-IS e in questo contesto apra anche un corridoio verso Kobanê. Rispetto a questo inizialmente la Turchia si è nettamente opposta. Poi si è accorta di quale danno arrecava a se stessa con questa opposizione e ora cerca in qualche modo di uscire dal vicolo cieco nel quale è entrata. Per questa ragione ha chiesto che i peshmerga e l’Esercito Siriano Libero (ESL) arrivino a Kobanê per combattere contro IS. Solo in questo caso avrebbe potuto aprire un corridoio per Kobanê. Poi quando i peshmerga sono arrivati alle porte di Kobanê, l‘AKP li ha trattenuti per giorni e questa volta ha dichiarato che avrebbe lasciato passare i peshmerga se anche l’ESL arrivava a Kobanê. Ma una parte dell’ESL combatte da settimane insieme alle YPG contro IS a Kobanê.

Quelle parti dell’ESL che non lo facevano erano quelle che sono piuttosto sotto il controllo della Turchia. Sappiamo che sia all’interno dell’ESL che anche all’interno di IS ci sono unità turche, che sono sottoposte all’ „Ente per la guerra speciale“ (trc. Özel Harp Dairesi; fondato ai tempi della guerra fredda per la sezione turca delle strutture di Gladio all’interno della NATO; ufficialmente sciolto nel 1992, ma di fatto continua ad esistere in collegamento con lo stato maggiore turco). Con queste unità ha portato IS nella guerra contro Kobanê. Vede che questo obiettivo ora non sembra più raggiungibile e per questo ma modificato la sua strategia. Ora attraverso unità dell’ESL che le rispondono, vuole portare Kobanê sotto il proprio controllo dall’interno.

E come sarà possibile?

In nessun modo. La resistenza di Kobanê nel frattempo si è fatta un nome a livello internazionale. E una resistenza di questo tipo non potrà essere messa in ginocchio né dall’interno né dall’esterno. Questo dipende anche dal fatto che la resistenza di Kobanê e il suo sostegno internazionale continuano a crescere.

Lei ha parlato del fatto che la resistenza di Kobanê ha fatto saltare i piani di diverse forze. Prima tra tutti il governo dell’AKP della Turchia ha partecipato attivamente alla lotta contro Kobanê. Con questa strategia ha fallito e ora cerca di limitare il danno. Allo stesso tempo questo governo continua però a un processo di soluzione con Öcalan e il movimento. Come sta insieme tutto questo?

Credo che abbia senso prima di tutto fissare alcune cose: la Turchia non si è mai proposta come compito la soluzione della questione curda. Non ha nemmeno sviluppato un piano per la soluzione di questa questione. Questo vale anche adesso. Al contrario, ha sempre cercato di ostacolare e svuotare di contenuti il processo iniziato dal nostro presidente Abdullah Öcalan. Ha fatto sembrare che volesse risolvere la questione curda per ripulire la sua immagine. In realtà però ha solo lasciato in sospeso [le aspettative de] la popolazione e non ha dato seguito a nessuna delle sue aspettative. Così cerca di cavarsela di elezione in elezione per non perdere il potere di governo.

L‘AKP parla molto della soluzione, ma in pratica non fa nulla. Valutiamo questo come parte di una guerra psicologica contro di noi. Effettivamente è stata ben capace di alimentare le aspettative della popolazione che poi sono rimaste senza risposta, perché alle sue parole non seguite azioni. E non solo questo, ha anche fermato e svuotato di contenuto qualsiasi iniziativa del nostro presidente di portare avanti il processo. Ora prende come pretesto le proteste nel Kurdistan del nord per via degli eventi di Kobanê e minaccia ufficialmente di porre fine al processo. Minaccia quindi di fare ufficialmente quello che in effetti ha fatto per tutto il tempo, ovvero sabotare il processo.

Ma l‘AKP dice che vi ha fatto avere una roadmap per il processo di soluzione.

È vero, rappresentanti dell‘AKP hanno dichiarato pubblicamente di aver inviato al nostro presidente una roadmap. Solo che una tale roadmap non ci è mai arrivata. Quindi non si tratta di altro che di un annuncio propagandistico per ingannare l’opinione pubblica turca e internazionale.

E se tutto continua così, come si svilupperà il processo?

Erdogan e il governo dell’AKP hanno portato la Turchia sull’orlo di un abisso. In passato nella lotta contro il PKK potevano contare sul sostegno da parte della NATO e dell‘UE. Ora non trovano più nemmeno questo sostegno. Questo è il risultato della loro stessa politica. Hanno portato la Turchia in un vicolo cieco e l’hanno isolata a livello internazionale. La Turchia con la sua politica viene percepita come peso sia da parte della NATO che anche dall’UE. Il governo dell’AKP non solo porta la Turchia nell’isolamento internazionale, porta il paese anche sull’orlo di una nuova guerra civile.

Il nostro movimento e il nostro presidente hanno fatto molti sforzi perché l’AKP finalmente facesse dei passi in questo processo. Ma ognuno deve anche capire che un processo di questo genere può essere portato avanti unilateralmente solo fino a un determinato punto. E questo punto è stato raggiunto da tempo.

Ma al massimo a partire da questo punto il processo di soluzione deve essere portato avanti da entrambe le parti. Qualsiasi trasformazione di conflitto che abbia successo ne è la prova evidente. In effetti serve anche una terza parte indipendente che controlli il processo. Ma grazie all’atteggiamento dell‘AKP siamo ancora molto distanti da questo. Il nostro presidente continua a compiere grandi sforzi per salvare il processo in qualche modo e così impedire il ritorno a una guerra civile. Ma il governo turco non mostra alcun segnale positivo che possa rappresentare una risposta a questi sforzi.

Lo dico molto apertamente, sia nel nostro movimento che nella popolazione sta montando la rabbia contro questa politica dell‘AKP. La pazienza è giunta al suo limite. Il nostro movimento di liberazione chiede al governo turco di mettere fine immediatamente al suo corso dilatorio e di avviare immediatamente negoziati per la soluzione della questione curda. In caso contrario, e a favore di questo depongono anche gli sviluppi in Kurdistan e in tutto il Medio Oriente, l’AKP con questa politica suggellerà la propria fine.