Ascoltando la voce di Efrîn – Rojava
Pensate a un momento nella vostra infanzia quando avevate la febbre e a come chiudevate gli occhi tremando e gemendo quando la febbre non accennava a scendere, nonostante tutte quelle docce calde e asciugamani freddi.
O pensate a una volta in cui avete colpito la testa contro qualcosa di duro, o ingoiato una batteria e una macchina a raggi x è stata subito in grado di individuarla e la chirurgia è stata in grado di rimuoverla prima che l’alcalino o il mercurio mettessero la vostra vita in pericolo.
Ora pensate a una situazione in cui ognuno si mobilita e porta di corsa il proprio figlio all’ospedale più vicino solo per sentirsi dire che la macchina a raggi X o il tomografo è rotto e non c’è niente da fare.
E pensate poi alla disperazione di questa situazione. Questo non vi squarcia il cuore e la mente come una lama?
Questo è esattamente ciò che sta accadendo al Cantone di Efrîn (Afrin), semplicemente per avere urlato, durante i suoi raduni, una filosofia di democrazia, libertà e uguaglianza per tutti.
A Efrîn, dove la dittatura baathista non ha fornito alcun servizio e non ha fatto investimenti nel tentativo di distruggerne l’identità, c’è solo un ospedale e un paio di unità sanitarie insufficienti. Dicono che non ci sono macchinari per la dialisi, raggi X o tomografi a Efrîn. Non c’è nemmeno una sala parto. I medici stanno lavorando instancabilmente e disinteressatamente. Tuttavia si può immaginare che cosa accade alle famiglie e ai medici nel momento in cui qualcuno muore di una malattia banale a causa dei mezzi limitati.
Vale a dire che Efrîn è stata punita con un embargo attuato dalla Turchia, perché ha provveduto a determinare il proprio destino nel luglio 2012.
Mentre Efrîn aveva una popolazione stimata tra i 500-600 abitanti, prima della rivoluzione è divenuta la meta dei migranti in fuga dai combattimenti nelle altre aree. Si stima che il numero di persone che ora vivono nel cantone del Rojava abbia raggiunto un milione e 200 mila abitanti. Il 90 per cento della popolazione di Efrîn è curda, circa il 10 per cento è araba. All’interno della città c’è un solo villaggio arabo alevita. Tutti i popoli del Cantone partecipano insieme all’amministrazione e alle organizzazioni cantonali. Vi è un giornale a cadenza settimanale che rappresenta la voce della città. Tuttavia le potenze circostanti, con la loro mentalità colonialista, hanno messo in atto un embargo attraverso i loro procuratori locali al fine di schiacciare gli sviluppi che stanno avvenendo qui e ora, e poi mandare i loro delegati ad attaccare. Mentre la Turchia controlla il confine con Efrîn, le zone intorno ad Azaz e Aleppo sono sotto il controllo di gruppi jihadisti e delle forze di Assad.
Il varco di confine di Islahiye deve essere aperto:
Al fine di ottenere che la Turchia, che sta attuando l’embargo, apra la frontiera per Efrîn da Antep-Islahiye (la zona circostante la stazione inutilizzata) e sviluppi relazioni economiche e politiche, il governo del Cantone di Efrîn (il Presidente Hevi Mistefa, il Ministro degli Esteri Sileman Cafer e il Vice Ministro degli Esteri Cihan Mihemmed) si è recato a Ankara. Da lì sono poi giunti a Istanbul e hanno incontrato le organizzazioni della società civile nel ristorante Cezayir [nel quartiere Beyoğlu di Istanbul]. Essi hanno spiegato come la mentalità della discriminazione abbia completamente disprezzato la vita umana. Hevi Mistefa ha chiesto il sostegno dei rappresentanti delle organizzazioni della società civile cui si è rivolto, al fine di aprire il varco di confine e rimuovere l’embargo.
Ecco i punti cardine del discorso di Hevi Mistefa:
*Con i rifugiati la popolazione è raddoppiata. E’ difficile per noi farvi fronte.
*Non siamo riusciti a far sentire la voce di Efrîn. Il sostegno esterno è carente. È stato imposto un embargo contro di noi. La nostra gente ne sta pagando il prezzo. Stanno vivendo in condizioni molto difficili. Vi è una quantità insufficiente di beni necessari.
*Il varco di confine deve essere aperto. In particolare, vi è necessità di assistenza medica. Le provviste mediche sono molto limitate. I farmaci non sono facilmente accessibili. Siamo costretti a procurarceli attraverso il contrabbando. Il prezzo è doppio.
*Efrîn ha una terra molto fertile. Ci sono uliveti e tutti i tipi di frutta. Stiamo cercando di sviluppare delle cooperative.
*Nel Rojava i curdi, gli arabi, i siriaci, gli Yezidi, gli aleviti e i sunniti hanno fondato una vita insieme. Tutte le fedi e i gruppi possono esprimere se stessi tanto quanto i curdi.
*Vi è ora una Siria in cui ci si ammazza tra fratelli e non vi è che distruzione e saccheggio. Noi non siamo parte di questa guerra, ma quando veniamo attaccati siamo costretti a difenderci.
*Difenderemo noi stessi e le conquiste che abbiamo fatto attraverso il nostro lavoro e il sangue dei nostri martiri.
La nostra fede nelle YPG e YPJ è infinita – ci si dovrebbe aspettare qualcosa dalla Turchia?
Quello che desideriamo è che il regime del Baath si comporti in modo diverso e che faccia della fratellanza dei popoli il suo fondamento. Oppure una tale possibilità è ormai stata rovinata e una tale retorica è ora al limite del ridicolo? O sarà che “Noi saremo dalla parte degli oppressi…Non dimenticheremo Gerusalemme né Gerusalemme si dimenticherà di Istanbul” (come dichiarato dal primo ministro Ahmet Davutoğlu il 9 novembre su TRTHaber). E per chi hanno realmente valore le sue parole? Non si deve dimenticare che la Turchia sarà altrettanto responsabile quanto il regime del Baath per ogni morte che avverrà a Efrîn a causa della mancanza di forniture mediche necessarie.
di Ali Celebi – Ozgur Gundem