Appello all’Ue per fermare Erdogan

“Quello in atto nei confronti dei curdi di Afrin non è solo un attacco ingiustificato, è un vero e proprio genocidio”.

Le parole di Asiya Abdulla, eroina di Kobane e co-presidente del Movimento per società democratica, insieme alle immagini che ci arrivano dal Rojava non lasciano adito a dubbi e costringono gli ignavi a guardare in faccia alla realtà.

Dopo il genocidio degli armeni, un secolo dopo quegli orrori, la Turchia sta compiendo nel Kurdistan siriano crimini contro l’umanità nel silenzio colpevole della comunità internazionale.

Eppure a fronte di quanto avviene in queste ore in Siria la coscienza collettiva dell’Europa non sembra scossa. Ed è proprio ai leader europei che la Abdulla ha voluto lanciare un messaggio chiaro.

Durante una conversazione via Skype che sono riuscita a strapparle, tra una corsa all’ospedale di Afrin e una riunione di emergenza con i rappresentanti del Pyd, il partito curdo maggiormente rappresentativo in Rojava, alcune considerazioni che forniscono il quadro di quanto lì accada e fornisce qualche chiarimento sulle prospettive per l’area in conflitto.

L’esponente curda ha voluto ricordare che l’Unione europea ha compiuto sforzi importanti per risolvere la crisi siriana, ma che oggi debba compiere un atto di coraggio, assumendo una posizione netta nei confronti dell’operazione militare turca contro il suo popolo, massacrato con armi pesanti, granate e bombe a grappolo.

Un attacco quello su Afrin che colpisce soprattutto i civili, oltre 100 vittime in soli tre giorni, che ha danneggiato l’unica diga nella provincia del distretto del Kurdistan siriano e demolisce abitazioni, luoghi di culto e ospedali.

“Ci aspettiamo che i massacri contro i civili siano condannati, che Erdogan non continui a beneficiare del silenzio della comunità internazionale” è l’appello dell’ex combattente di Kobane.

La Turchia ha giustificato l’offensiva “Ramoscello d’ulivo”, affermando che i curdi siriani rappresentano una minaccia per l’integrità territoriale turca. Erdogan non può e non vuole permettere alle forze politiche del Kurdistan siriano di portare avanti la loro agenda, che ha come principale punto il progetto dell’autonomia federalista che, a differenza di quanto ritengano i turchi, migliorerebbe la sicurezza e la stabilità non solo in Siria ma nella regione nel suo complesso.

Sono invece l’azione aggressiva e le operazioni militari turche a favorire l’instabilità siriana, quanto le ambizioni espansionistiche che Erdogan non riesce più a celare.

A fronte di ciò la Abdulla chiede che l’Europa e le Nazioni Unite siano garanti del rispetto degli accordi e delle risoluzioni approvate dall’assemblea generale e che si assumano le proprie responsabilità.

Il messaggio che lanciano i rappresentanti dei curdi è chiaro: l’unica possibilità per risolvere la crisi siriana è un modello di federalismo democratico. Ed è questo il punto su cui la comunità internazionale dovrebbe impegnarsi, oltre a trovare un punto di equilibrio tra ciò che politicamente conveniente e moralmente giusto.

di Antonella Napoli