Altun: il Socialismo non può essere costruito con gli strumenti del capitalismo

Altun, del KCK, ha messo in evidenza come la maggior parte dei movimenti anti-sistema chiuda un occhio sul fatto che essi vivono il capitalismo e l’imperialismo in tutti i loro aspetti, ingannandosi con le proprie ideologie e i propri dogmi.

Rıza Altun, membro del Consiglio esecutivo dell’Unione delle Comunità del Kurdistan (KCK), ha parlato all’edizione in lingua inglese dell’ANF delle illusioni riguardo una presa di posizione reale contro il sistema, l’imperialismo e il capitalismo; dell’approccio del PKK relativamente a socialismo reale e socialismo; del cambio di paradigma dopo la cattura di Abdullah Öcalan.

Di seguito la seconda parte della dettagliata intervista ad Altun.

Intervista a Riza Altun in PDF

In alcuni paesi occidentali, specialmente dell’America latina, i regimi siriano e iraniano sono considerati anti-imperialisti per via della loro presa di posizione contro l’ISIS. Recentemente, anche il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha iniziato a usare una certa retorica anti-americana. Cosa c’è dietro all’anti-americanismo di queste nazioni? Sono davvero anti-americane o possiamo dire che questo è solo il risultato di una lotta interna alle potenze coloniali?

In Occidente esistono diversi movimenti che, possiamo dire, sono contro il Sistema. Dal punto di vista storico, ci sono movimenti e potenze che conducono veramente una lotta per la libertà. Queste sono potenze straordinarie contro il sistema e l’America latina ne è un centro importante. Quando guardiamo a cos’è accaduto a partire dalla scoperta dell’America, specialmente pensando ai movimenti guerriglieri e socialisti degli anni ’60, vediamo che essa è un importante campo per la lotta rivoluzionaria. Questi movimenti e queste potenze, tuttavia, hanno le loro problematiche. Per esempio, in Occidente i movimenti anti-sistema sembrano distaccati e marginali. Ci sono serie difficoltà in relazione a come gestiscono i propri problemi ideologici, politici e organizzativi. Hanno difficoltà a trasformarsi in movimenti realmente anti-sistema e libertari, così come è problematico determinare quali movimenti ideologici, politici e militari siano veramente anti-sistema, in quanto non hanno la lungimiranza di sviluppare un’identità. In tal senso è problematico. C’è un grande oscurantismo e dogmatismo in questi movimenti, sebbene siano contro il sistema.

Prendiamo un movimento occidentale a caso e possiamo criticarlo in maniera accurata. Per esempio, se valutiamo 150 anni di storia del Marxismo, osserviamo che esso è risultato principalmente nel socialismo reale. La realtà del socialismo reale può essere analizzata sotto vari aspetti. Senza dubbio il Marxismo è espressione di istanze anti-sistemiche. È un punto di svolta contro l’egemonia e riflette 100-150 anni di esperienze precedenti. Nessuno lo può negare. Alla fine, però, dobbiamo mettere in discussione un percorso inteso verso la libertà che finisce col trasformarsi nel socialismo reale, finendo col nutrire il sistema di sangue fresco.

Da una prospettiva di socialismo reale non è possibile arrivare al livello di una linea libertaria, né stimare correttamente una linea efficace esistente e sostenerla. Similmente, quando guardiamo all’Anarchismo, notiamo che le differenze fra le varie correnti sono soprattutto quantitative. Non esistono differenze fondamentali tra di esse. Filosoficamente, il suo approccio verso la libertà e l’uguaglianza e la sua posizione contro le egemonie ha creato una somma di valori preziosi. Poiché, tuttavia, questi valori non si manifestano nei vari aspetti ideologici, di lotta, di resistenza e organizzativi, le correnti dell’anarchismo non riescono a lasciare una traccia nella società e non riescono a mostrare la forza di rappresentare una linea efficace. E poiché non riescono a farlo, trattano una lotta sviluppatasi in qualche altra parte del mondo unicamente in base al loro metro di giudizio, alla loro prospettiva e alla loro logica.

Nonostante tutti il discorso radicale, questo movimento non riesce a liberarsi dallo stile di vita e dai modelli relazionali del capitalismo. Questo è un problema fondamentale per l’intero fronte di liberazione. Possiamo includere in questo fronte anche i movimenti ecologisti e femministi.

Guardando alle loro posizioni, anche se sembrano essere contro il sistema, possiamo notare come posseggano un notevole dogmatismo. In loro c’è grave autismo politico e auto-astrazione. Isolarsi da tutto significa autodistruggersi.

Lo stesso vale per l’America latina. L’America latina ha attraversato periodi storici critici. Ha condotta la lotta contro il colonialismo spagnolo e portoghese, contro l’imperialismo statunitense. Ha lottato per il socialismo, al quale poi ha contribuito con i movimenti di guerriglia. Dobbiamo dargliene atto. Adesso, però, esiste un serio problema su come gestiscono la questione.

Per esempio, possiamo affermare direttamente che coloro i quali agiscono in nome del socialismo non riescono ad andare oltre il socialismo reale. Se si basano principalmente su un approccio legato allo stato nazione e all’esercizio del potere, è per loro impossibile raggiungere una vera linea di socialismo. Il problema dei movimenti anti-sistema in Europa e America latina si origina da qui.

Il loro approccio è il seguente: “chiunque sia contro il sistema, è anticapitalista.” L’anticapitalismo, tuttavia, ha i propri criteri specifici. Ci sono nazioni che rappresentano il capitalismo e l’imperialismo e sono nemiche. Loro si illudono che rompere con queste nazioni sia l’approccio fondamentale e definiscono la propria libertà su questa base. Guardando, però, alle loro vite, vediamo che vivono capitalismo o imperialismo stessi. Vivono nelle proprie città, sotto il proprio potere, con la propria identità e all’interno del proprio mercato. Vivono immersi in tutto questo fino al collo e, tuttavia, si illudono di essere libertari. C’è qualcosa di sbagliato qui. Sappiamo che questo è il problema del socialismo reale. Credono sia possibile costruire il socialismo con gli strumenti base del capitalismo.

La maggior parte dei movimenti anti-sistema chiude un occhio sul fatto che essi vivono il capitalismo e l’imperialismo in tutti i loro aspetti, ingannandosi con le proprie ideologie e i propri dogmi. Questi movimenti prendono posizione senza pensare a quello che sta succedendo in Medio Oriente, quali fattori storici e sociologici siano in gioco o quale sia la loro relazione con le potenze globali. Questo è davvero un grosso pericolo.

In realtà dovrebbero pensare al sistema dell’imperialismo globale con le sue sotto-unità, gli stati-nazione. Dovrebbero capire che le contraddizioni tra loro sono il risultato dello sfruttamento e delle egemonie e non dell’uguaglianza, della libertà o della giustizia. Queste potenze non possono scontrarsi tra loro sulla base di aspetti ideologici. Soltanto il popolo, i movimenti socialisti rivoluzionari e i segmenti sociali possono scontrarsi con loro.

Guardiamo adesso alla realtà latino-americana: non discuterò del fatto che sia o meno anti-imperialista. Non abbiamo obiezioni contro una linea che conduce una lotta democratica contro l’imperialismo. È stato però raggiunto un punto e dobbiamo capirlo.

C’è grande illusione qui. Dobbiamo chiederci quanto sia anti-imperialista il socialismo reale latino-americano. Di certo è anti-americano, ma l’anti-americanismo non implica l’anti-imperialismo. L’America è imperialista ed è possibile sviluppare un atteggiamento contro l’imperialismo americano. Essere anti-imperialisti è comunque un’altra cosa. Essere anti-imperialisti significa essere contro l’ordine mondiale capitalista, contro l’egemonia dell’imperialismo a livello mondiale e contro i sotto-centri egemonici dell’imperialismo. Dire “Io sono contro gli Stati Uniti” non significa niente. Questo è il punto raggiunto dall’America latina. Sono contro gli Stati Uniti e hanno ottenuto grandi vittorie in questa lotta, ma hanno anche relazioni con paesi sub-egemoni legati all’imperialismo. Questo ha causato una situazione molto sgradevole. Anche il capitalismo dell’Europa occidentale è un’espressione dell’imperialismo. Il rivoluzionarismo dell’America latina dovrebbe portare l’orientamento anti-americano a un livello tale da includere [tutto] l’imperialismo occidentale. Stanno affrontando un problema molto grave a causa di questo. Non è logico affermare che l’imperialismo che non mi attacca è buono.

L’imperialismo ha un flusso principale che si organizza in centri differenti. Senza schierarsi contro ognuno di essi, è impossibile sconfiggerlo. A causa di questo atteggiamento, l’anti-americanismo non è mai stato capace di ottenere una vittoria in America latina. Questo poiché non riescono a trasformarsi in anti-imperialisti. Motivo per cui, anche se ottennero delle conquiste contro portoghesi e spagnoli, non riuscirono comunque a interrompere la loro relazione di dipendenza.

Le lotte guerrigliere in nome del socialismo non hanno ottenuto i risultati sperati. Perché? Dobbiamo chiederci questo. La ragione principale è l’atteggiamento inadeguato.

Guardiamo alla realtà del Kurdistan. Il Kurdistan è diviso in quattro parti. Ciò accadde durante la prima guerra mondiale. Turchia, Iran e paesi arabi non lo hanno fatto da soli. Il sistema capitalista mondiale divise il Kurdistan e lo spartì tra Turchia, Iran, Siria e Iraq.

I movimenti latino-americani non riescono a vedere questa realtà. Non trattano il sistema imperialista e i suoi collaborazionisti locali come un tutto unico. Quando Turchia, Iran, Siria o Iraq contrastano con gli Stati Uniti, alcuni pensano che siano anti-imperialisti. Per questo motivo, non vedono il genocidio perpetrato da questi paesi in Kurdistan. Questo atteggiamento dovrebbe cambiare. Il sistema di questi stati è, nel complesso, un sistema capitalista, imperialista e colonialista. I loro contrasti [con gli USA] non possono assolutamente essere considerati come anti-imperialismo.

Per esempio: l’attuale governo turco – sebbene colonialista, fascista e fondamentalista – è stato sostenuto perché, per via dei propri contrasti con gli Stati Uniti, è stato visto come anti-imperialista. Ciò che non è stato visto, però, è il suo carattere colonialista e le sue relazioni con l’imperialismo.

La Turchia è un centro del capitalismo dentro il nazionalismo, così come del fondamentalismo, tutti aspetti del nazional-statismo. La Turchia è un alleato strategico degli Stati Uniti. Come possiamo quindi definirla una potenza anti-imperialista soltanto per i suoi contrasti con gli Stati Uniti? Questo è un approccio liberal-capitalista, che definisce se stesso all’interno del sistema.

Lo stesso vale per i partiti baathisti che una volta erano i preferiti dai movimenti rivoluzionari dell’America latina. Tutti sanno che i partiti baathisti rappresentano la forma più corrotta e imperialista del nazionalismo e del nazional-statismo arabo. È una vergogna che vengano ritenuti anti-imperialisti solo perché avevano forti legami col blocco sovietico e alle volte entrano in contrasto con gli Stati Uniti. I regimi baathisti sono noti per la loro crudeltà sui popoli mediorientali.

Anche l’Iran è un regime fondamentalista, basato su una setta dell’Islam. La sua attuale struttura non è separata dall’ordine mondiale capitalista. Ha forti legami con l’imperialismo. Le relazioni basate sull’idea che l’Iran sia una potenza anti-imperialista per via dei suoi contrasti con gli USA, mostrano la condizione problematica delle potenze anti-imperialiste latino-americane. Guardiamo a Cuba, al Venezuela e ad altri paesi latino-americani in cui c’è un governo di sinistra: elogiano le potenze sub-egemoniche dell’imperialismo in Medio Oriente e Asia solo per via delle loro posizioni anti-americane. Questa è una pericolosa illusione.

Voglio ripeterlo: essere anti-americani non implica automaticamente l’anti-imperialismo. L’anti-americanismo è l’essere contro uno dei centri dell’imperialismo. Fermarsi unicamente all’essere anti-americani significa legittimare le altre potenze colonialiste e imperialiste. Abbiamo, quindi, bisogno di un paradigma forte e radicato per una visione del sistema capitalista mondiale e della sua egemonia imperialista.

Dopo la cattura del leader curdo Abdullah Öcalan nel 1999, c’è stato un cambio di paradigma da parte curda. Questo ha influenza sulle relazioni che avete sviluppato con Stati Uniti e Russia? Se non ci fosse stato un cambio di paradigma, sarebbe comunque stato possibile, per voi, sviluppare relazioni con USA e Russia? Molti gruppi credono che il PKK abbia abbandonato la lotta socialista: è davvero avvenuta una cosa del genere con questo cambiamento paradigmatico?

Il PKK è un movimento socialista dal primo giorno che fu fondato. Quando guardiamo a quel periodo e alle condizioni del tempo, notiamo che c’era una forte influenza da parte del socialismo reale. C’era anche l’influenza dei movimenti di liberazione nazionale, specialmente la lotta in Vietnam, la guerriglia nell’America latina, la rivoluzione cinese e i movimenti nazionali in Africa. Pertanto le origini del PKK fanno riferimento sia al socialismo sia alla liberazione nazionale.

Quando guardiamo alla situazione mondiale e al predominio ideologico del tempo, notiamo che il PKK si è formato sotto l’influenza del socialismo reale. Il PKK ha condotto a lungo una lotta di liberazione nazionale con queste caratteristiche. Dopo la caduta del blocco sovietico e l’assorbimento dei movimenti di liberazione nazionale all’interno del sistema capitalista, tuttavia, dovevamo mettere in discussione questa situazione. Abbiamo messo in discussione sia il socialismo reale sia l’ideologia di liberazione nazionale. Se guardiamo più da vicino, osserviamo che il collasso del socialismo reale e l’assorbimento delle lotte di liberazione nazionale ha avuto come effetto il collasso di molti movimenti di liberazione. Si è trattato di una sconfitta totale. Il PKK ha sofferto a causa delle conseguenze di questo processo, durante il quale ha fronteggiato un attacco senza paragoni rispetto ad altri movimenti socialisti e di liberazione nazionale. Il sistema imperialista ha preso di mira il PKK come primo passo della propria strategia in Medio Oriente. Hanno provato a lasciare il PKK senza una guida e senza un’ideologia, catturando il nostro leader grazie a un complotto a livello internazionale.

È stato, senza dubbio, un fatto importante per il PKK. Se il PKK non si è sgretolato, è perché possiede delle diversità rispetto ai movimenti di socialismo reale e di liberazione nazionale. Sebbene il PKK rechi gli effetti del socialismo reale, possiede caratteristiche uniche. Non soltanto a livello ideologico, ma anche dal punto di vista organizzativo. Il modello di pensiero e di organizzazione, unico per le società storiche consapevoli del Medio Oriente, è stato la causa principale per cui il PKK non si è dissolto. Il PKK è stato, infatti, formato in questo modo dal nostro leader. La prigionia del nostro leader ha rivelato al PKK nuove circostanze. Esisteva già una ricerca di nuovi concetti ideologici e politici, prima della prigionia. L’insistenza sulla libertà delle donne e gli sforzi per una soluzione democratica attraverso i vari cessate il fuoco, sono un’espressione di questa ricerca. La prigionia ha condotto verso una nuova concezione in tutti gli aspetti. Il cambio di paradigma inizia da qui.

Ricerche nuove non possono essere affrontate criticamente se sono di matrice socialista o se il socialismo reale viene preso come riferimento. Nessuna nuova ricerca può, comunque, essere avviata con quell’atteggiamento.

Il nuovo cambio di paradigma del PKK non è basato sulla negazione del socialismo reale. Vorrei in particolar modo sottolineare questo. Si tratta di una situazione nuova basata su una critica agli approcci ideologici, filosofici e politici del socialismo reale. Ci si sta impegnando a ridefinire il socialismo mediante un approccio più libertario, egualitario e democratico. Il PKK non ha, quindi, rinunciato al socialismo. Al contrario, stiamo costruendo un nuovo socialismo basato su una critica del socialismo reale, una critica – specialmente – dei movimenti anti-sistema. Tutti i concetti che usiamo sono stati sviluppati dopo una critica del socialismo reale. Dobbiamo vederli come le espressioni libertarie, egualitarie e democratiche del nuovo socialismo. La guerra in Medio Oriente e le relazioni sviluppate su questa base non possono essere spiegate a partire dalla situazione ideologica. Si tratta più di una necessità, che di una contingenza politica. Se il PKK avesse tenuto la passata linea del socialismo reale, avrebbe condotto la propria lotta in quel modo. E dopotutto era quello che stava facendo. Ma dopo il proprio cambio di paradigma, la forza e la consapevolezza che ciò ha creato hanno fornito al PKK un vantaggio per fronteggiare la nuova crisi mediorientale. Se non avesse cambiato paradigma, avrebbe di certo continuato a lottare, ma non avrebbe avuto la possibilità di vincere.

La terminologia che usate fa uso dei concetti di democrazia, nazione democratica, libertà delle donne, ambiente ed ecologia più che di socialismo. State dando nuovo significato a queste espressioni, rispetto a quello tradizionale? State sostituendo il socialismo con queste espressioni?

Queste non sono cose che esistono a dispetto del socialismo. Il socialismo rimane lì come concetto generale. Possiamo dire che questi concetti aggiungano contenuti al socialismo. Per esempio, c’è uno stravolgimento della democrazia quando la si osserva dal punto di vista liberal-capitalista o real-socialista. Stanno stravolgendo il concetto di democrazia. Come la esprimono? Esprimono la democrazia come un metodo di governo. Guardare alla democrazia in questo modo è una grande illusione, un inganno. Mettere stato e democrazia fianco a fianco non è mai possibile. La democrazia può esprimersi come il modello di auto-governo delle società [che esisteva] prima dello stato. Come era gestita la società prima che emergesse la civiltà e quando il popolo non sentiva il bisogno di uno stato? Avevano il loro auto-governo, ma questi governi non erano basati sullo sfruttamento, l’oppressione e l’invasione. Questo è un governo democratico. Sarebbe opportuno definire meglio la democrazia così. La visione della storia liberale nega questo modello di governo delle società del tempo. Essa si è servita della democrazia come di un invenzione della civilizzazione [portata] alla società. Hanno usato la democrazia come una barriera per coprire lo sfruttamento.

Non possiamo parlare di stato democratico o di governo democratico di una classe. Questa è una menzogna. Se prendiamo come riferimento il socialismo, dobbiamo definire un’espressione per l’impostazione di governo socialista. Ci sono espressioni per il modello di governo di socialismo reale. Per esempio, i marxisti usano il concetto di “dittatura del proletariato”. Usano anche lo stato come elemento fondamentale della letteratura socialista. Vedono l’egemonia di una classe come modello di governo. Definiscono la democrazia come un metodo di amministrazione di uno stato. In questo modo, trasformano la democrazia in un concetto passivo che definisce un metodo amministrativo, sebbene sia stata applicata da diverse società umane per un periodo di tempo storico significativo. Questa è una situazione problematica. Se diciamo di essere socialisti, per prima cosa l’atteggiamento socialista verso il modo di governare dovrebbe essere espresso e concettualizzato nella maniera più libertaria possibile. Non è difficile trovare questa cosa nella storia dell’umanità e applicarla alla situazione attuale. Ciò può derivarsi dalla vita egualitaria e libertaria che certe società mantengono in vita anche nelle situazioni di capitalismo e imperialismo.

I significati più moderni che si possono attribuire alla democrazia erano presenti nella società naturale e sono le caratteristiche della vita di comunità. La democrazia, dunque, può essere un concetto attuale per un modello amministrativo egualitario e libertario. Usiamo questo termine con questo significato.

Per esprimerci in maniera più chiara, usiamo il termine “democrazia” per descrivere il modello amministrativo della nostra visione socialista. Questo non è un concetto di democrazia che si basa sullo stato. Lo usiamo per definire l’auto-governo della società. Questa non è una cosa diversa dal socialismo, né un disimpegno da esso. Al contrario, mira a portare nuovi significati al socialismo o a condurre a un metodo di socialismo. Lo stesso può dirsi di tutti gli altri concetti. Senza una critica del socialismo, non lo avremmo potuto condurre ad un punto in cui può essere messo in pratica nella vita in termini concreti.

Anche l’ecologia è importante. Dal punto di vista dell’ordine mondiale capitalista o dell’approccio socialista, la relazione tra natura e società è problematica. Il capitalismo ha reso il mondo un posto insopportabile con il suo industrialismo e la sua logica di profitto. L’umanità è a un passo dall’annichilazione. Quando si fronteggia una minaccia del genere, intendere il socialismo come un’utopia basata su una libertà e un’uguaglianza artificiali non ha nessun senso. Il socialismo dovrebbe dunque avere un atteggiamento finalizzato a salvare il mondo e l’umanità. A tal proposito, dovrebbe avere un’impostazione ideologica che sia contro i danni causati dal capitalismo al mondo. Non c’è, tuttavia, nulla del genere nel socialismo reale che – in maniera generica – afferma che il capitalismo sfrutti la natura e l’ambiente; ma non può salvare se stesso dall’essere parte della distruzione ecologica, col proprio approccio industrialista e la difesa dello stato-nazione. In aggiunta, esso non riesce a definire la relazione tra ecologia e società da un punto di vista ideologico. Questa è una situazione molto preoccupante.

L’atteggiamento del socialismo reale è problematico? Lo è. La propria difesa di un’industrializzazione illimitata, la propria prospettiva che mette industria e sviluppo sulla stessa lunghezza d’onda e definisce l’umanità come la potenza egemone sulla natura, rappresentano problemi ideologici seri. Non si può pensare al socialismo senza l’ecologismo. Non si può pensare alla vita senza l’ecologia. Se si mette in relazione il socialismo alla vita, allora si può capire la sua relazione [anche] con l’ecologia.

Questo vale anche per la linea della liberazione delle donne. Il capitalismo ha reso le donne un obiettivo e un oggetto. Il capitalismo impone alle donne le cose peggiori. La mentalità del maschio dominante sperimenta la propria forma più intensa nel sistema capitalista. Senza pensare alla libertà e alla salvezza delle donne e alla loro posizione nella società e senza una definizione di ciò nel contesto del socialismo, non è possibile salvare il mondo o ottenere uguaglianza, libertà e democrazia. La questione delle libertà delle donne è troppo profonda, non è possibile risolverla con l’approccio del socialista reale che afferma: “quando arriverà la rivoluzione, la questione femminile verrà risolta.” È più complicato di così. Dovrebbe essere considerato come il problema fondamentale del socialismo o anche come il problema principale della vita, a livello più ampio. Coloro i quali non sviluppano un approccio specifico riguardo la questione della libertà delle donne, mostrano la debolezza dei loro propositi socialisti.

Cosa viene fuori quando pensiamo a questi elementi come a un tutto unico? Emergono approcci approssimativi e inefficaci verso i problemi del socialismo reale e della costruzione del socialismo. Emergono carenze filosofiche, ideologiche e politiche, che conducono alla distruzione del socialismo. Con il proprio cambio di paradigma, il PKK affronta questi problemi, trova soluzioni e ricostruisce il socialismo basandolo su una scienza sociale nuova e concreta.

Non significa disimpegnarsi dal socialismo. Significa portare al socialismo un vero significato, dopo aver riesaminato il collasso e la sconfitta del socialismo reale. Non c’è spazio per lo sviluppo di movimenti anti-imperialisti, socialisti, libertari e anti-sistema se essi non si interrogano in tal senso. Dobbiamo comprendere il collasso di quelli che crollarono insieme al socialismo reale, le conseguenze di limitare il proprio destino a un fallimento del genere. Il PKK è riuscito a rigenerarsi, dopo avere analizzato correttamente la situazione aver criticato il socialismo reale. Non ha creato la propria essenza e la propria forza distaccandosi dal socialismo, piuttosto ha reso questo possibile proprio attraverso la filosofia, l’ideologia e la vita socialista. Soltanto così il PKK è riuscito a diventare una forza ideologica e politica in Medio Oriente.

Vorrei parlare del concetto di nazione democratica. Sappiamo che l’imperialismo immagina un nuovo ordine mondiale che supera i concetti attuali di identità nazionale e stato-nazione. Quello di cui stiamo parlando è un nuovo governo mondiale o un nuovo stato mondiale, che travalicherà le nazioni. La nazione democratica è un’alternativa a questo?

La composizione sociale del capitalismo è basata sulla forma dello stato-nazione. Quando parliamo di stato-nazione, esso ribadisce la forma capitalista. Questo significa costruire un sistema egemonico sulla categoria nazione, che una forma sociale, facendo diventare questa forma un’area di violenza e sfruttamento del monopolio capitalista. Qui il problema principale è la creazione della categoria nazione per mezzo dello stato. Questa categoria è molto elastica e transitiva. Gli sforzi per omogeneizzare la società nel corso di questa creazione, implicano il genocidio di tutte le diverse qualità sociali e culturali. Creare una nazione e farne una zona di potere supremo, pertanto, causa un problema sociale. Ecco che emerge il più basilare dei problemi del socialismo reale. Il suo più grande errore è credere di poter progredire e raggiungere la libertà con i più basilari elementi e argomenti del capitalismo.

Il problema più grande del socialismo reale è di non aver sviluppato un’analisi profonda dello stato e della nazione nella formulazione del paradigma socialista contro il capitalismo. Ha ritenuto la nazione un fatto etnico, più che culturale, considerando lo stato come un’abitazione insostituibile per le nazioni. Non è riuscito a capire la relazione tra il capitalismo e la costruzione di uno stato basato sugli ingranaggi dello sfruttamento capitalista.

Questa situazione è emersa ancor più chiaramente dopo il crollo del socialismo reale. Individuare la libertà nello stato e cercare di andare oltre questo attraverso il modello di stato nazionale, che unisce [allo stato] la forma sociale, è stato un grosso errore. Il modello real-socialista ci ha provato per circa 70-80 anni. Alla fine, non ha potuto fare a meno di diventare parte del sistema capitalista.

Se ci concentriamo e analizziamo questo argomento, possiamo vedere che stato-nazione e libertà non possono coesistere. Il sistema statale è un sistema politico che è contro le libertà. Gli stati non produrranno mai libertà.

Dall’altro lato, la nazione è una formazione che possiede confini ben definiti e racchiude varie identità sociali, etniche e religiose. Poiché il concetto di nazione li contiene tutti, non può essere singolare. Nel sistema dello stato-nazione, lo stato è un mezzo di sfruttamento e potere sovrano mentre la nazione lo completa come sistema reso singolare sulla base di una struttura mono-etnica, mono-religiosa o mono-ideologica. In altre parole, esso si basa sull’assimilazione e distruzione delle diversità sociali. Questo modello deve esistere affinché si perpetui uno sfruttamento totale. Il capitalismo vive di questo. Crea un regime genocida, basato sul potere sovrano dello stato e sulla singolarità della nazione.

Quando il socialismo reale emerse come alternativa al Sistema capitalista, non riuscì ad andare oltre il paradigma dello stato-nazione e il suo sistema. Il suo approccio verso questi concetti era quasi copiato da quello capitalista.

Sappiamo che questo concetto è problematico. Non si può definire un’identità socialista senza rivedere il concetto di stato-nazione e presentare un’alternativa a esso. Quando diciamo che non vogliamo uno stato, tutti lo trovano strano, inclusi i membri di gruppi nazionalisti o socialisti.

I nazionalisti etnici si adirano con noi perché siamo contro lo stato, che è un mezzo per portare al potere la loro identità etnica e aiutarla a dominare sugli altri. Dall’altro lato, i socialisti reali credono di poter risolvere il problema della libertà e dell’uguaglianza diventando uno stato. Rifiutarsi di essere uno stato viene percepito come un rinnegamento del socialismo e della nazione. Lo stato, tuttavia, è quell’istituzione fondamentale che fa strage di entrambi. Nessun socialista libertario può esprimersi politicamente con uno stato. Lo stato equivale all’inimicizia verso libertà ed eguaglianza. Libertà e stato non possono mai co-esistere. Dobbiamo, pertanto, mettere per prima cosa lo stato da parte.

Dobbiamo separare i concetti di nazione e stato l’uno dall’altro. La nazione può essere accettata come modello sociale. Intendo che può essere accettata senza far parte di uno stato nazionale. Dobbiamo, però, definire la nazione molto attentamente. Dobbiamo capire cosa sia la nazione.

La nazione è una forma sociale. Stiamo, però, parlando di una società con diverse culture, gruppi di fede e opinioni. La società è fatta di diversità e della loro unità.

Non possiamo dare una definizione di nazione che neghi le diversità e si basi solo su un’unica identità sociale, religione e ideologia. Questo implica il genocidio di tutte le diversità. Questa non è libertà. La nazione democratica è una forma di società costruita su basi democratiche. La nazione democratica è la vera formazione della nazione. Ogni formazione sociale e costruzione non democratica è problematica e nemica della natura della società, il che alla fine conduce a violenze continue e al conflitto. Le entità sociali che formano la nazione possono essere tenute insieme solo attraverso un sistema amministrativo democratico basato su una politica democratica.

Prima Parte : Altun: per la prima volta abbiamo creato zone di libertà in Medio Oriente