Isis, a Mosul donne vendute al mercato e sottoposte a mutilazioni genitali dalle milizie del Califfato
“Donne vendute al bazar per cinque dollari. Esposte come buoi, con il cartellino del prezzo al collo, condannate a essere oggetto sessuali per i militari dell’Isis: schiave del Califfato”.
È la denuncia di Nursel Kilic, rappresentante internazionale del Movimento delle donne Curde, che ha portato, con l’aiuto del senatore Luigi Manconi e del vicepresidente del Senato Valeria Fedeli, la questione delle donne curde impegnate nella resistenza armata nel Parlamento italiano alla ricerca di solidarietà.
“Secondo le stime ufficiali le donne rapite e vendute nei bazar sono 3,000, in realtà sono molte di più. 1200 poi giacciono nelle prigioni nella zona di Mosul e lì vengono violentate, torturate, subiscono ogni genere di violenza.”
Racconta così Nursel Kilic le terribili condizioni in cui versa una terra invasa dalle milizie del califfato.“Che siano curde, cristiane, turcmene, poco importa. Né fa differenza se hanno otto o sessant’anni. I soldati non hanno alcuna remora, le rapiscono per costringerle a convertirsi all’Islam. O meglio, alla loro interpretazione dell’Islam”.
Una tratta delle schiave destinata a soddisfare gli appetiti degli stessi militari, che possono avere fino a quattro mogli, o dei capitribù che hanno ceduto alla violenza dell’Isis, nelle terre su cui già sventola la bandiera nera.
“Fanno loro il lavaggio del cervello e credono che se stermineranno tutti i popoli non musulmani si guadagneranno l’ascesa al cielo.”
Ma il prezzo del paradiso islamico lo pagano le donne di Mosul. “Per chi non accetta la dura legge della Sharja ci possono essere anche altre conseguenze. Più di cinquemila donne hanno subito finora mutilazioni genitali. La giusta punizione per non aver riconosciuto l’Islam”.
“L’Isis è un gruppo criminale, un’organizzazione sostenuta da forze internazionali, con un solo progetto: lo sterminio degli eretici. E andranno avanti fino alla fine perchè sono programmati per la morte”.
Per questo Nursel si è rivolta all’Italia perchè intervenga creando un corridoio umanitario nel Kurdistan straziato.
“Le donne kurde stanno cercando di costruire uno Stato di diritto nell’ambito del quale si affermino i principi basilari dell’uguaglianza e del pluralismo sociale, etnico, religioso, oltre che politico, in tutti i diversi cantoni tra loro federati”.