HRW: nessuna giustizia per le vittime del bombardamento aereo
30 dicembre 2012
Il governo turco non ha ancora avviato un´indagine effettiva e trasparente riguardo al bombardamento dell´aviazione turca che un anno fa ha ucciso 34 adulti e minori kurdi, ha dichiarato oggi Human Rights Watch.
Anche le inchieste parlamentari e penali sull´accaduto, nei pressi del confine Turchia-Iraq vicino ad Uludere, appaiono in una fase di stallo.
Human Rights Watch ha affermato che la mancata conduzione di un´indagine efficace sulle circostanze del bombardamento e sulle stesse uccisioni indica il fallimento da parte della Turchia di rispettare alcuni dei suoi obblighi più fondamentali ai sensi della Convenzione Europea dei Diritti dell´Uomo (CEDU), per quanto riguarda la salvaguardia del diritto alla vita.
“Un anno dopo, nessuno è stato individuato in quanto colpevole di aver dato l´ordine ai jet F-16 di sganciare le bombe che hanno ucciso 34 abitanti di un villaggio”, ha detto Emma Sinclair-Webb, senior researcher sulla Turchia per Human Rights Watch. “Il governo turco, il parlamento ed il procuratore di Diyarbakır non hanno finora dato risposta alle famiglie delle vittime in cerca di giustizia”.
L´attacco, avvenuto il 28 Dicembre 2011 alle 9:30 circa della sera, ha colpito un gruppo di 37 abitanti di Ortasu (Roboski, in Kurdo) e di Gülyazı (Bujeh, in Kurdo), villaggi entrambi situati presso il lato turco del confine. I civili stavano tornando in Turchia provenienti dal Kurdistan iracheno: 34 di loro sono stati uccisi, di cui 17 minorenni.
Il gruppo stava trasportando oltre confine con dei muli carburante, tè e zucchero: una pratica vecchia di secoli in una regione con poche opportunità di occupazione. Il bombardamento aereo è stato effettuato in base ad informazioni di intelligence fornite da droni senza pilota sottoforma di immagini: esse ritraevano un gruppo formato da molte persone che camminava con muli all´interno della regione montagnosa. E´ stato il governo a dichiararlo ed il filmato è stato reso disponibile per le indagini sull´incidente.
La Commissione Parlamentare investigativa sui Diritti Umani ha istituito una Sottocommissione nel Gennaio 2012 per esaminare l´accaduto ad Uludere.
La Sottocommissione tuttavia non ha ancora concluso la sua indagine né pubblicato nessun risultato, nonostante le ripetute garanzie che l´avrebbe fatto. Membri della Sottocommissione appartenenti a partiti di opposizione hanno dichiarato ai media e a Human Rights Watch che l´Ufficio del Capo di Stato Maggiore, il Ministero della Difesa e l´Agenzia Nazionale di Intelligence (MİT) si sono rifiutati di collaborare pienamente nell´inchiesta ed hanno rifiutato di rispondere alle domande e di fornire la particolare documentazione che la Sottocommissione aveva richiesto.
Anche l´ufficio del procuratore di Diyarbakır, responsabile dell´indagine penale sull´incidente, non ha concluso nulla e non ha neanche indicato quando ció potrebbe avvenire.
“La mancanza di progressi nel corso di un anno sul completamento di qualsiasi indagine sull´accaduto a Uludere si rivela molto preoccupante perchè coerente con la totale riluttanza del governo di riferire all´opinione pubblica i suoi atti illeciti” ha dichiarato la Sinclair-Webb. “Ritenere responsabili le autorità statali che hanno ucciso dei civili è fondamentale per sostenere la democrazia e lo Stato di diritto”.
L´articolo 2 della CEDU, di cui la Turchia è firmataria, garantisce il diritto alla vita e, utilizzando le parole della Corte Europea dei Diritti dell´Uomo che stabilisce le violazioni della Convenzione, le circostanze in cui puó essere giustificata la privazione della vita devono essere interpretate restrittivamente. L´articolo 2 disciplina situazioni di omicidio volontario e situazioni in cui è permesso l´uso della forza che puó risultare, non intenzionalmente, nella privazione della vita. La corte sottolinea tuttavia che qualsiasi uso della forza deve essere non più che “assolutamente necessario” e rigorosamente proporzionato al raggiungimento degli obiettivi consentiti.
Per quanto riguarda le attività militari, che la Corte ha avuto modo di esaminare numerose volte, viene sottolineato che qualsiasi operazione deve essere pianificata e controllata da parte delle autorità in modo da ridurre al minimo, per quanto possibile, il ricorso alla forza letale ed il rischio per la vita.
Nel caso del bombardamento nessuna informazione è stata fornita all´opinione pubblica riguardo alle misure di salvaguardia in vigore, se c´erano, e riguardo alla valutazione se l´utilizzo di una forza letale era assolutamente necessaria, se il numeroso gruppo di persone individuate dai droni potessero essere colpite legalmente e come si sarebbe potuto ridurre al minimo la predita di vite umane.
Il Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulle esecuzioni extragiudiziarie, sommarie ed arbitrarie Christof Heyns ha visitato la Turchia nel mese di Novembre. Ha sollevato in seguito una generale preoccupazione riguardo “la necessità urgente di porre fine all´impunità del passato e alle violazioni in corso del diritto alla vita” in questo paese.
Heyns ha così commentato sull´accaduto ad Uludere: “Il fatto che l´opinione pubblica non sia vicina, un anno dopo, alla comprensione di questi tragici eventi rafforza le preoccupazioni… riguardo all´impunità. L´assenza di un´inchiesta pubblica trasparente aggrava ulteriormente la situazione”. Ha dichiarato quindi che “essa dovrebbe essere intrapresa come una questione di grande priorità”.
Il governo turco dovrebbe insistere riguardo all´immediata e piena cooperazione da parte di tutti gli agenti governativi sia riguardo alle inchieste parlamentari che a quelle penali, in modo che le vittime del bombardamento possano finalmente vedere giustizia, ha affermato Human Rights Watch. In caso contrario la Turchia potrebbe essere condotta davanti alla Corte Europea dei Diritti dell´Uomo per aver violato il diritto alla vita di altri 34 dei suoi stessi cittadini.
ANF / ISTANBUL
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