La Turchia rifiuta di attuare il “diritto alla speranza” per il leader del PKK
La Turchia ha rifiutato ancora una volta di attuare il “diritto alla speranza” in un piano d’azione presentato al Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa il 14 ottobre in merito al leader incarcerato del PKK Abdullah Öcalan.
ll 14 ottobre la Turchia ha presentato un nuovo piano d’azione al Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa (CdE) per il processo di monitoraggio del “diritto alla speranza” riguardante il leader del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) Abdullah Öcalan, detenuto in grave isolamento nel carcere di İmralı , lo ha riferito l’agenzia stampa Mesopotamia.
Nel piano la Turchia ha confermato che esiste un meccanismo di revisione per il rilascio condizionato dei prigionieri, ma ha proseguito affermando che alcuni reati sono esentati da questo meccanismo di revisione.
Già nel 2014 la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) aveva stabilito che la Turchia aveva violato l’articolo 3 sul divieto di tortura per quanto riguarda la reclusione di Öcalan.
Lo scorso agosto, gli avvocati dello studio legale Asrın avevano presentato ricorso al Consiglio d’Europa per l’attuazione della sentenza della CEDU sul leader del PKK.
Il comitato aveva concesso alla Turchia fino alla fine di settembre 2022 per fornire informazioni sui suoi piani per rettificare le violazioni dell’articolo 3, in particolare attraverso l’approvazione di una legislazione che garantisca il diritto alla speranza per tutti.
In risposta la Turchia ha dichiarato al comitato nel piano d’azione che “sebbene sia possibile che i detenuti condannati a ergastoli aggravati siano rilasciati sulla parola, alcuni reati sono stati esentati da questa possibilità”.
L’isolamento di Öcalan nella prigione di İmralı dal 1999 è contrario alle leggi internazionali.
Il leader del PKK Abdullah Öcalan non è stato autorizzato a incontrare la sua famiglia o i suoi avvocati da più di 18 mesi a causa di sanzioni disciplinari e divieti di visita.