«La resistenza di Afrin è forte»
L’esercito turco è entrato nel centro del cantone curdo di Afrin lo scorso 18 marzo. Secondo le Nazioni Unite, sono centinaia di migliaia i civili costretti alla fuga in seguito agli attacchi dell’operazione “Ramoscello di Ulivo”, avviata il 20 gennaio scorso. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, sarebbero 1500 i morti tra le Forze siriane di difesa (Sdf) che includono i/le combattenti curdi/e Ypg/Ypj, 447 sarebbero i morti tra gli aggressori pro-Erdogan, 78 tra i militari turchi, 90 tra i miliziani pro-Assad e 289 i civili. Tra i morti si contano anche due combattenti che dall’estero hanno raggiunto le Unità di protezione femminile, la britannica Anna Campbell e l’argentina, Alina Sanchez. Sono stati numerosi gli episodi di saccheggi nel centro di Afrin da parte dei miliziani pro-Erdogan mentre l’esercito turco ha colpito anche importanti siti archeologici tra cui Barad, una delle chiese cristiane più antiche e patrimonio Unesco.
Abbiamo parlato del futuro del progetto di autonomia democratica del Rojava con Dilar Dirik, attivista del Movimento delle donne curde.
Con l’ingresso delle forze turche ad Afrin, il sogno del Rojava è finito?
Assolutamente no, la resistenza in Afrin è forte. Dopo 58 giorni di resistenza Ypj/Ypg hanno deciso di trasformare la natura della guerra. D’ora in poi si dedicheranno alla guerriglia. La resistenza non è finita. Questa è stata solo una battaglia della guerra. Per i militanti curdi Rojava è un’idea, un progetto politico che ha influenzato centinaia di migliaia di persone. Gli anni non sono passati invano. L’esperimento di autonomia democratica continuerà. Si tratta semplicemente di un ritiro momentaneo. Forse torneranno con progetti ancora più radicali. Quando gli abitanti di Kobane sono stati costretti a lasciare la città a causa dell’invasione dell’Isis, poi sono tornati chiedendo strutture ancora più democratiche. Lo stesso accadrà ad Afrin.
Perché la comunità internazionale ha di nuovo abbandonato i curdi?
Questa non è la vera comunità internazionale. Bisogna distinguerla dalla vera comunità civile internazionale che si è mobilitata ovunque, anche in Afghanistan, Giappone, Sudafrica, oltre che in America ed Europa. In altre parole, si sono mobilitati a favore di Afrin anche paesi del mondo dove non ci sono curdi. La comunità internazionale degli Stati ha invece abbandonato i curdi. Ma forse la parola “abbandonato” non è valida in questo caso. I curdi non hanno mai contato sul sostegno internazionale. Sapevamo benissimo che il sostegno di alcuni paesi, come gli Stati Uniti, era un’alleanza militare. E quando l’Isis sarebbe stato sconfitto, i curdi sarebbero stati lasciati a loro stessi. Alle conferenze internazionali sulla Siria, i curdi non vengono invitati per non irritare la Turchia. La Turchia è un paese strategico per loro ed è il vicino per Assad. Nessuno si aspettava che una rivoluzione di sinistra con un ruolo centrale per le donne avesse successo. Sappiamo che a livello politico non ci avrebbero mai sostenuto. Non solo, gli attacchi turchi avvengono con la complicità occidentale: Italia, Gran Bretagna e Germania forniscono le armi che hanno colpito Afrin. Hanno bisogno che la guerra continui per creare caos in Medio Oriente. Nessuna alternativa di sinistra è possibile.
I numeri parlano chiaro, l’attacco turco ha causato un gravissimo spargimento di sangue mentre era stato dichiarato il cessate il fuoco in Siria da parte delle Nazioni Unite, possiamo dire che Erdogan è un criminale di guerra?
Erdogan è un criminale di guerra. E non lo nasconde. Ha sostenuto sul campo gruppi jihadisti. Commettono e registrano i loro crimini di guerra, assassinii torture e saccheggi. Poi ne pubblicano le immagini sui social network. Sono sicuri di loro stessi. Basta ascoltare il linguaggio di Erdogan: “Puliremo questa terra e la ridaremo ai legittimi proprietari”. Definisce tutti i curdi come terroristi e li vuole rimuovere dal Nord della Siria per creare una zona cuscinetto. Ma questa è vera pulizia etnica. Hanno imposto le bandiere turche dovunque ad Afrin, hanno abbattuto la statua di Kawa, simbolo della resistenza curda. Attaccano deliberatamente la cultura curda. E vogliono sradicare il progetto democratico del Rojava. Sostengono che arabi e turchi sono contro i curdi, ma in realtà arabi, siriaci, armeni combattono insieme ai curdi. Rojava non è una minaccia per la Turchia, ma vuole la liberazione delle donne. Invece Erdogan, come il partito Baath negli anni Sessanta, vuole rimuovere i curdi dal Nord della Siria affinché siano sempre una minoranza. Con questo pretesto hanno distrutto intere regioni nel Kurdistan turco e commesso veri e propri massacri di civili a Cizre e Nusaibin, per esempio. Una guerra sporca è la politica di Erdogan, contraria all’autonomia curda, all’idea di democrazia. Considera intollerabile un sistema rivoluzionario. Ed è una vergogna che la comunità internazionale non lo definisca criminale di guerra.
Il disastro più grande è l’altissimo numero di profughi. Come è possibile che l’Ue abbia confermato gli aiuti alla Turchia per 3 miliardi di euro in questo contesto?
Non so i numeri precisi ma ci sono oltre 300mila spostamenti forzati. Erdogan usa i rifugiati come strumento per minacciare l’Europa. Ha promesso alla Germania di tenere i profughi in territorio turco, ma sta creando migliaia di nuovi rifugiati per continuare a minacciare l’Europa di invasione. In secondo luogo, usa la questione dei rifugiati per dividere i profughi e far scontrare siriani e curdi in Turchia. Cerca di islamizzare e indottrinare i rifugiati. Invece il Rojava era un posto libero per tanti rifugiati.
Pkk e Ypg/Ypj hanno accolto migliaia di rifugiati da Sinjar. Era un luogo sicuro per i rifugiati: la popolazione di Afrin era raddoppiata negli ultimi anni.
Cosa accadrà ora ad Afrin?
È una guerra lunga. Le decisioni vengono da Russia e Stati Uniti che hanno concesso lo spazio aereo per gli attacchi turchi. Il movimento curdo non lascerà mai Afrin, chiediamo il boicottaggio della Turchia.
di Giuseppe Acconcia, area