Occorre scegliere se continuare a vivere nelle ingiustizie
Intervista a Ozlem Tanrikulu*
Parlaci del popolo kurdo: spesso ci si dimentica della lotta e della guerra che da decenni ha luogo nei territori dove vivono popolazioni kurde, quindi è importante, ogni tanto, rinfrescare la memoria.
Il popolo Kurdo costituisce una delle più antiche etnie insediate nell’area della cd. “Mezzaluna fertile”, ossia l’area tra il Tigri e l’Eufrate. È l’area dove si sono sviluppate le prime forme di civiltà umana, dove è nata la storia e si sono formate le prime città; dove sono state fatte le prime scoperte scientifiche, fondamentali per lo sviluppo della civiltà, dalla ruota alla scrittura, dall’aratro alla fusione dei metalli. È anche il luogo dove, con i Sumeri, nascono le prime forme di istituzione politica centralizzata e di divisione sociale in classi e caste.
Tuttavia i Kurdi, eredi forse dalla civiltà di Ur, nei secoli hanno mantenuto una struttura sociale comunitaria, resistendo sempre, a volte rifugiandosi sui loro inaccessibili monti, a volte in campo aperto, ai tentativi di sottomissione e assimilazione da parte di sistemi autoritari e statuali di altri popoli, dai persiani ai romani, dagli arabi agli ottomani. Questa storia particolare ne ha fatto un popolo senza stato, che in tempi moderni, e particolarmente dopo la prima guerra mondiale, fu facile, per le potenze vincitrici di Francia e Inghilterra, dividere con frontiere artificiali tra stati in parte inventati a tavolino, come la moderna Turchia, la Siria, l’Iraq, l’Iran. Questa divisione da un lato ha favorito la drammatica storia di oppressione e negazione che i Kurdi hanno vissuto in tutte le quattro parti in cui sono stati divisi, ma dall’altro ha favorito la crescita di una visione che va oltre il nazionalismo e lo stesso concetto di stato autoritario e centralizzato, favorendo la nascita di una concezione moderna di convivenza, integrazione e democrazia dal basso che oggi prende il nome di Confederalismo Democratico.
Che differenza c’è fra la situazione kurda nei vari stati in cui i kurdi sono divisi? Iraq, Iran, Siria, Turchia?
In realtà le situazioni nei quattro stati nei quali i Kurdi vivono hanno più similitudini che differenze. Politiche di assimilazione e negazione sono state portate avanti in Turchia, come in Iran, in Iraq come in Siria. Va detto che in Turchia la politica di assimilazione è stata particolarmente profonda e la repressione e l’oppressione forse più forti che altrove. Comunque i Kurdi piangono i loro martiri in Siria, come in Iraq, in Turchia come in Iran. Alla feroce politica di assimilazione in Turchia ed in Siria i Kurdi hanno opposto una resistenza particolare, rafforzata da una elaborazione ideologica e politica molto avanzata. Mentre in Iraq la resistenza kurda si è basata molto sul sistema dei clan, riponendo sistemi patriarcali e classisti, i kurdi di Turchia e di Siria hanno elaborato un programma che mira a liberare tutti i popoli del Medio Oriente dall’oppressione e dalle ingiustizie di un sistema capitalistico e patriarcale.
Quest’anno si parlerà, fra gli altri temi, anche di confini e di frontiere. Il Kurdistan, mai riconosciuto come stato, è sempre stato a cavallo di confini coloniali o statali. In particolare, recentemente I kurdi hanno iniziato a produrre una propria teoria dello stato e della convivenza fra diverse etnie e fedi religiose. Proprio in questi mesi, parallelamente alla difesa dall’ISIS, i kurdi hanno prodotto la Carta del Rojava. Cosa dice questa “costituzione”?
Il Confederalismo Democratico presuppone e propone una comunità dove il potere è esercitato dal basso, direttamente dal popolo, attraverso assemblee popolari, senza la creazione di un potere centralizzato e di carattere statale. Il Contratto Sociale del Rojava nasce con questa caratteristica fondamentale, mirando a realizzare una società libera, equa, ecologicamente orientata e fondata sulla parità di genere. Non vengono annullate le diversità e le identità particolari, ma esse scelgono di convivere pacificamente, rispettandosi e rispettando i principi fondamentali della democrazia, della solidarietà, dell’equità, del rispetto per la natura e della parità di genere. Non si costruisce un nuovo stato, ma una comunità libera, che può attraversare, ignorandoli, i confini. E questo è possibile proprio perché i Kurdi hanno da sempre ritenuto i confini di stato e i poteri centralizzati una finzione e una catastrofe per l’umanità intera. Per questo oggi nel Rojava possono proporre agli arabi, ai turcomanni, agli Yazidi e a tutti di convivere pacificamente, in libertà ed equità. È un modello che si contrappone a quello dominante in Medio Oriente, dove tutti si rappresentano come identità assolute, per religione o etnia o entità statali, contrapposte o comunque differenti e in concorrenza con tutte le altre identità.
In questo periodo, i kurdi sono passati alle cronache soprattutto per la loro efficace resistenza contro ISIS: in cosa consiste questa resistenza?
La lotta contro l’Isis si basa sul principio democratico dell’autodifesa. I kurdi non hanno il mito eroico della guerra, ed ogni azione o formazione militare è sempre e solo azione e formazione di autodifesa. L’autodifesa, inoltre, non è mai solo militare. È anche, e spesso soprattutto, presa di coscienza, processo di liberazione, affermazione della solidarietà e della democrazia. Per questa ragione le forze di autodifesa sono anche luoghi di formazione, di discussione, di crescita umana e culturale. In questo quadro le forza di autodifesa delle donne costituiscono un particolare fattore di crescita per tutta la società, in quanto affermano in concreto il principio della parità di genera e riversano sull’intera comunità la grande forza liberatrice delle donne. È questo spirito che ha consentito di vincere le bande fasciste dell’Isis, animate da un furore distruttivo e disumano che è l’esatto contrario dell’amore per la vita che ha animato e anima le combattenti e i combattenti di Kobane e di tutto il Rojava.
L’attività politica dei kurdi, specialmente dei kurdi che vivono in Turchia, è conosciuta per essere molto paritaria fra maschi e femmine. É sempre stato così o è il prodotto di un processo? Come si è arrivati a questo punto? Qual è il ruolo della donna nella società kurda?
L’attuale ruolo decisivo delle donne nel movimento di liberazione kurdo, in Turchia e non solo, è una conquista che cominciamo a raggiungere dopo anni ed anni di lotta ideologica, politica e culturale, iniziata dal Presidente Ocalan e proseguita da milioni di donne e uomini. La cultura patriarcale e sessista era, ed è ancora radicata nel Medio Oriente, e il suo pieno superamento è un processo ancora lungo e difficile. È vero che nella società kurda la donna ha sempre avuto un ruolo importante, tuttavia il maschilismo e il sessismo prevalevano come valori indotti da un distorto sviluppo storico. La piena coscienza che la società non potrà mai essere libera se le donne non saranno libere sta sempre di più progredendo nel nostro movimento. La scelta di duplicare sempre tutte le cariche politiche e amministrative, va in questa direzione: è un chiaro segnale al nostro popolo, e a tutti i popoli del Medio Oriente, di quale direzione vogliamo dare alla nostra rivoluzione.
Cosa può insegnare l’esperienza kurda all’Europa di oggi?
Noi stiamo costruendo, in Rojava e nelle città kurde di Turchia, un’esperienza rivoluzionaria, democratica ed equa, modellata per quella realtà. Tuttavia un insegnamento può essere universale: come scrive il Presidente Ocalan, l’umanità oggi ha raggiunto un livello di civilizzazione tale che può consentire alle donne e agli uomini di qualsiasi parte del mondo di prendere il potere in sé stessi, di autogovernarsi, senza dover sottostare a sistemi ingiusti ed autoritari. La scienza, inoltre, ci consente di costruire società che non distruggano la natura e che anzi, la rispettino e vivano in armonia con essa. Infine, la coscienza sociale ha sviluppato al massimo grado i principi e le pratiche di solidarietà, di equità e di parità. Si tratta solo di scegliere se continuare a vivere nelle ingiustizie, le sofferenze le divisioni sociali del capitalismo moderno, un mostro che tenta di occupare tutti gli spazi della vita individuale e collettiva, o provare a costruire un altro mondo, possibile e necessario, in Medio Oriente, in Europa e in ogni altro luogo.
*Ozlem Tanrikulu è la presidente dell’Ufficio di informazione del Kurdistan in Italia (UIKI-onlus), impegnato a denunciare la repressione e la violazione dei diritti cui è sottoposto il popolo kurdo, a promuovere la pace e la solidarietà tra i popoli attraverso attività di sensibilizzazione e informazione.
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