Nusaybin, per 25 giorni pane secco e un po‘ di tè
Unità speciali turche sparano su città curde: numerosi morti, niente acqua potabile, niente cibo. Un colloquio con Ali Atalan
Ali Atalan è deputato al Parlamento turco per il Partito Democratico dei Popoli (HDP) filo-curdo. La sua carriera parlamentare è iniziata nel 2010 come deputato regionale della Linke a Düsseldorf.
Lei è rientrato da poco in Germania, prima ha passato diverso tempo nella zona curda della Turchia. Come ha vissuto l’assedio delle truppe turche?
Sono stato a Nusaybin. Per la città da circa 80 giorni vige un coprifuoco, per 60 giorni anch’io ne sono stato colpito. Ma la parola »coprifuoco« è piuttosto un eufemismo, in effetti siamo stati vittime di una guerra di aggressione che il governo turco conduce con ogni mezzo e possibilità. Secondo quanto riferito dal governo stesso ha impiegato circa 20.000 miliziani di unità speciali di polizia e gendarmeria, il comandante era un generale. Durante l’assedio per ben tre volte un capo di stato maggiore è venuto a ispezionare la zona di guerra. Il risultato: almeno 4.000 case sono state rase al suolo, ufficialmente è stato perfino ammesso che sono state uccise circa 500 persone. Arresti e torture erano all’ordine del giorno, prigionieri sono stati addirittura bruciati vivi. La prova: componenti delle suddette unità speciali lo hanno orgogliosamente descritto con tanto di dettagli via Twitter o Facebook.
Le truppe turche sono equipaggiate con gli apparecchi più moderni, con carri armati e lanciagranate ad esempio. Io stesso non l’ho visto, ma alcuni abitanti di Nusaybin mi hanno riferito di aver visto anche armi di produzione tedesca.
E Lei personalmente come stava nei 60 giorni in cui non poteva lasciare la città?
Nusaybin normalmente ha 80.000 abitanti – 50.000 di loro erano stati scacciati prima dell’attacco o erano fuggiti per propria scelta. Quindi c’erano ancora 30.000 persone, hanno dovuto nascondersi negli edifici in parte danneggiati dagli spari. Per 20 giorni non c’è stata acqua corrente.
Io stesso mi ero incontrato con la sindaca della città, alla fine ci siamo trovati chiusi con altre sei persone in un grattacielo. Per 25 abbiamo potuto nutrirci solo di pane secco e di un po‘ di tè. Sui tetti si raccoglieva l’acqua piovana con delle cisterne – ma era così rara che tra i rinchiusi c’è stata una specie di rivolta.
Naturalmente era impossibile farsi la doccia. Molte persone – in particolare bambini e persone anziane – si sono ammalate, è successo anche a me. Eravamo tutti indeboliti anche dalla mancanza di sonno – con il fuoco costante ci si sveglia ogni cinque minuti, tutto il corpo è perennemente in stato di massima tensione.
A quanto ammonti l’effettivo numero delle vittime non si può ancora dire, il coprifuoco è ancora in vigore. Probabilmente negli edifici danneggiati dagli spari si trovano ancora molti morti. Questa azione militare del governo turco è una dichiarazione di guerra alla propria popolazione: nove città abitate in prevalenza da curdi sono state distrutte fino al 60 – 70 percento.
Ci sono stati diversi rapporti sul fatto che parti delle truppe turche sarebbero state composte da mercenari di lingua araba. Ci sono prove?
È vero. Le truppe di assedio non sono composte solo dalla gendarmeria e da reparti di polizia, ma anche da volontari dell’organizzazione fascista dei »Lupi Grigi«. Anche questo si può documentare tramite i loro stessi contributi su Twitter e Facebook. E poi ci sono impiegati numerosi Jihadisti della Siria, solo loro quelli che parlano solo arabo.
Lei non molto tempo fa ha fatto visita al Congresso Regionale della Linke della Nordreno-Vestfalia a Colonia e immagino che anche nei suoi altri interventi pubblici non abbia parlato proprio bene del Presidente Recep Tayyip Erdogan. Lui intanto ha abolito l’immunità die parlamentari – Lei non deve mettere in conto l’arresto appena scende dall’aereo a Istanbul?
L’ho messo in conto, probabilmente anche i colleghi del gruppo avranno la stessa sorte. Siamo d’accordo di accettare l’arresto – in effetti si tratterebbe di andare in carcere per una causa giusta. Il mio partito è pronto a fare un sacrificio del genere nella lotta per la libertà, la giustizia e la convivenza pacifica di tutti i gruppi etnici e religiosi in Turchia.
Da Junge Welt
Intervista: Peter Wolter
Foto: Can Merey/dpa-Bildfunk