Posizione del PYD sul mancato invito a Ginevra-3
Intervista dell’ANF con Salih Muslim…
Dopo che nessun rappresentante curdo è stato inviato ai negoziati di Ginevra, Salih Muslim in un’intervista con l’agenzia stampa curda Firat (ANF) fornisce informazioni sui retroscena e su quali sono state le ragioni per il non-invito. Inoltre Salih Muslim spiega in quali circostanze i curdi potrebbero ancora partecipare a Ginevra-3.
Tutte le aree erano sicure della vostra partecipazione ai negoziati di Ginevra. La decisione di non invitarvi è stata presa all’ultimo minuto? Cosa è successo in quel momento dietro le quinte?
Non possiamo dire che la decisione è stata presa all’ultimo minuto. Anche prima non c’era chiarezza sulla nostra partecipazione. Ma le aree che sono per una soluzione della crisi siriana, si aspettavano che i curdi dovessero partecipare ai negoziati. Queste aree hanno sottolineato che una partecipazione del Partito dell’Unità Democratica (PYD) e dell’amministrazione autonoma del Rojava è indispensabile. In tutti i colloqui che abbiamo avuto con le diverse aree, dalla controparte è stato sempre sottolineato che senza l’inclusione di una forza così importante e del sistema che i popoli della Siria hanno costruito nel nord del paese, una soluzione della crisi non sarà possibile. Ora proprio queste aree si servono della vecchia retorica. Noi eravamo consapevoli del fatto che si sarebbe potuti arrivare a un mercato delle vacche. Ma dall’inizio abbiamo sottolineato che dovevamo essere coinvolti nei colloqui e nei negoziati. Ora le parti che prima sottolineavano che la nostra partecipazione era tassativa, spiegano che una partecipazione diretta potrebbe portare a un caos e che dovremmo essere coinvolti nei negoziati a posteriori. Quindi non è ancora del tutto chiaro se parteciperemo ai colloqui. La domanda è quando e in quale forma ci verrà concessa la possibilità di una partecipazione. Ci viene detto che stanno ancora aspettando. A questo proposito l’Incaricato Speciale dell‘ONU [De Mistura] ci ha detto che la decisione va oltre lui e la sua gente. Da questa affermazione deduciamo che una forza superiore all’ONU ha impedito il nostro invito a Ginevra.
Si può dire che ha avuto una garanzia rispetto alla partecipazione?
Dobbiamo aspettare. I nostri interlocutori a questo proposito non sono degli stati, ma le Nazioni Unite.
Molte aree motivano il non-invito a Ginevra con l’atteggiamento della Turchia. Come valuta questa tesi?
Non solo la Turchia, ma anche altre forze erano impegnate a impedire la nostra partecipazione. Perché un invito ai negoziati equivarrebbe a un riconoscimento. Quindi oltre alla Turchia ci sono anche altre aree che non vogliono riconoscere l’amministrazione autonoma del Rojava. A causa della sua curdo-fobia, la Turchia è contro di noi. Alcune aree temono che i curdi nella terza conferenza di Ginevra possano ottenere uno status. Per questo sono contrari. Un’altra ragione per il rifiuto è dovuto al sistema democratico che attuiamo nella regione. Nonostante il suo alto valore democratico che non viene solo accettato, ma anche sostenuto dai popoli della regione, molte aree sono contrarie al riconoscimento di questo sistema. L’aspirazione a rifiutare il riconoscimento con ogni mezzo si può spiegare così. Quelle aree che corrispondono a questi due criteri si sono alleate contro i curdi. Da più di cinque anni non vogliono accettarci in alcun modo. Sono impegnati a strumentalizzare in questo senso anche altre aree. Il risultato sono diversi appellativi come „sostenitore del regime“, „terrorista“ o altre terminologie. Sono state intraprese le strade più diverse per fermare l’unico sistema che offre una prospettiva alle popolazioni della regione e la libera volontà dei curdi e delle curde. A questo proposito sono esemplari gli attacchi crudeli contro Kobanê. Questi risultano da questa mentalità. Ma nel frattempo tutti sono consapevoli del fatto che questo sistema e questa volontà non possono più essere spezzati. Per questo queste forze sono impegnate a impedire un riconoscimento del sistema, costi quel che costi.
In questa crisi si tratta solo di attori regionali o sono inclusi gli USA e la Russia?
Né per gli USA né per la Russia il riconoscimento del nostro sistema svolge un ruolo significativo. Entrambe le parti sono molto più focalizzate sui propri interessi. Ma tutte le aree sono consapevoli della forza delle curde e dei curdi nel Medio Oriente. Nessuno può più negare la volontà e il sistema che viene riconosciuto da oltre 40 milioni di curde e di curdi. Soprattutto non se si vuole effettivamente procedere contro il terrorismo. Data che non è possibile ignorare i curdi, queste forze saranno costrette a trovare una via di mezzo. Per questo dovranno riconoscere sia noi che il movimento curdo. Le aree che sono impegnate in particolare contro di noi, sono attori regionali. Primi tra tutti la Turchia, l’Arabia Saudita, il regime siriano e l‘Iran.
Vi siete incontrati diverse volte sia con la delegazione USA che con quella russa. Ci può dare qualche dettaglio sui contenuti dei colloqui?
Ora non posso parlarne dettagliatamente. Ma posso dire che entrambe le parti ci hanno comunicato che dobbiamo mostrarci pazienti e che questa fase non può essere portata avanti con l’esclusione dei curdi e che effettivamente ci saremo. Ma il fattore „timing“ è un tema importante.
Nei colloqui è stato dichiarato che sareste stati coinvolti direttamente a Ginevra-3?
Questo è stato detto. Si è parlato anche di timing adatto. Sembra che prima dell’incontro ci fossero determinati piani. Ma questi non sembrano essersi realizzati.
Quel’è stata la sua reazione rispetto al fatto di essere invitato.
Abbiamo sottolineato che dobbiamo partecipare ai colloqui fin dall‘inizio. Abbiamo detto che non riconosceremo le decisioni prese senza la nostra partecipazione e che non siamo nemmeno costretti a riconoscerle.
Al co-presidente del Consiglio della Siria Democratica (CSD) Heysem Menna è stato inviato un invito personale a Ginevra-3. Cosa significa questo invito personale?
Nell’invio degli inviti per Ginevra-3 è stato possibile osservare due diversi modi di procedere. Per esempio al gruppo di Riad, la cosiddetta opposizione, è stato inviato un invito per 15 persone che dovevano essere decise da loro. Heysem Menna e anche altri nostri amici hanno ricevuto inviti personali. Ma questi sono stati rifiutati con la motivazione che il PYD è la componente più grande del CSD. Se non c’è il PYD, hanno dichiarato le persone invitate, anche loro non avrebbero partecipato ai negoziati. Poi noi come PYD, insieme al CSD, abbiamo preparato una lettera all’Incaricato Speciale dell‘ONU De Mistura nella quale abbiamo spiegato quali persone ci rappresenteranno.
Dopo che Menna ha risposto a De Mistura sull’invito, anche Lei ha partecipato con De Mistura e i rappresentanti dell’ONU a un incontro. Di cosa si è parlato nel colloquio?
In effetti sono stati ripetuti gli stessi contenuti anche nei colloqui. È stato detto che coloro i quali hanno ricevuto un invito personale devono partecipare ai colloqui. Che gli altri avrebbero dovuto aspettare e che sarebbero stati coinvolti successivamente.
Menna e le altre persone che hanno avuto un invito parteciperanno ai colloqui?
In nessun caso. Su questo la nostra decisione è presa.
E di chi consiste il cosiddetto „Gruppo di Riad“ che è stato invitato ai colloqui di Ginevra-3? Da chi vengono appoggiati e perché sono stati invitati?
Nell’ambito dei colloqui di Vienna e della decisione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU è stata presa la decisione di una riunione a Riad. Nei colloqui di Vienna si è parlato di una riunione del genere, ma non è stato detto che doveva svolgersi a Riad. A posteriori però l’Arabia Saudita ha invitato a organizzare la riunione a Riad. Naturalmente dovevano partecipare solo i gruppi che vengono accettati dalla leadership saudita. Quindi alla fine dei conti è stata convocata una riunione che non era adeguata alle decisioni di Vienna. Perché a Vienna era stato deciso che tutte le opposizioni avrebbero dovuto partecipare a una riunione del genere. Quindi non siamo stati inviati a Riad. Invece a Riad erano presenti gruppi come Ahrar al-Sham e Jaish al-Islam, che combattono attivamente contro di noi. Dal nostro punto di vista, queste sono organizzazioni terroristiche. E con l’invito di questi gruppi si voleva dare loro una certa legittimità. Invece i curdi e i suryoyo sono stati esclusi da questa riunione. A quella riunione a Riad era stato invitato anche il co-presidente del CSD Heysam Menna. Ma ha rifiutato l’invito perché non voleva sedere allo stesso tavolo con quei gruppi.
Si parla del fatto che questi gruppi vengono sostenuti dall’Arabia Saudita e dalla Turchia. Spesso si parla anche del fatto che entrambi gli stati in passato e nel presente hanno sostenuto IS. Se guardiamo determinati gruppi che ora stanno seduti al tavolo di Ginevra-3, salta all’occhio che non sono molto diversi da IS. Per questa ragione vorrei chiedere se dal suo punto di vista un invito di IS a Ginevra-3 avrebbe creato uno sdegno altrettanto grande, quanto quello che hanno provocato le discussioni su un vostro possibile invito?
Una domanda legittima, perché in effetti determinati stati non avrebbero protestato così rumorosamente contro un invito a IS, come lo hanno fatto rispetto a noi. La forma mentis di organizzazioni come Al-Nusra o Jaish al-Islam non è così lontana da quella di IS. Vengono invitati, perché anche loro in parte parlano di una soluzione attraverso negoziati politici. Ma come ho detto, per il resto la loro forma mentis non è molto diversa da quella di IS. Anche se si definiscono come parte dell’opposizione siriana. Ma in realtà o sono vicini ai Fratelli Musulmani, o – la parte più radicale tra loro – ad Al-Qaeda.
Anche se al Gruppo di Riad è arrivato un invito, il gruppo non sembra essere veramente d’accordo al proprio interno. Da cosa dipende?
Questo dipende dalla loro eterogeneità. Perché questo gruppo si è formato attraverso pressioni esterne. In principio si tratta di un’opposizione straniera, la cui guida si trova ad esempio a Istanbul o ad Ankara. Ma allo stesso tempo guidano anche gruppi armati nella guerra civile siriana. Inizialmente questi gruppi sono stati spacciati all’opinione pubblica come „Esercito Libero Siriano“. Più tardi è venuto fuori che la maggior parte di loro erano gruppi islamisti e jihadisti. Oggi nessuno può negare la vera faccia di questi gruppi. IS è comunque ben noto nel mondo. Al-Nusra viene considerato un ramo di Al-Qaeda. E Ahrar al-Sham combatte noi e altri oppositori. Quindi non c’è da meravigliarsi se un’opposizione che è stata fondata sulla base di pressioni esterne e non ha una base sociale, va rapidamente in disaccordo e litiga. Questo è diventato chiaro nella riunione di Riad.
Anche se nel conflitto siriano collaborate a livello militare sia con gli USA che con la Russia, entrambe le potenze a livello politico si comportano in modo molto cauto nei vostri confronti. Da cosa dipende?
Questo è vero. Non vogliono accettarci politicamente. Parlano di democrazia e di diritti umani nella regione, ma non riconoscono l’unica forza democratica nella regione. Questo è inaccettabile. A Ginevra di fatto non c’è nessun altra forza che sia laica e che difenda anche i valori umani e la democrazia. L’unica forza che sarebbe in grado di farlo siamo noi. Invece l’opposizione che siede al tavolo dei negoziati a Ginevra condivide i valori di uno stato islamico con il quale una democratizzazione in Siria non può essere realizzata. Senza di noi al tavolo quindi, il risultato dei colloqui non sarà la democrazia, ma qualcos’altro.
Quali conseguenze porterà con sé l’atteggiamento della Russia e degli USA a livello militare?
La nostra forza nella regione non è stata creata da una qualche potenza esterna. Nessuno ci ha messo delle armi in mano e ci ha mandati in guerra. La popolazione ha la sua propria forza, la sua propria forza di difesa. Se quindi ora queste potenze ci abbandonano, questo non vuol dire che siamo perduti. Disponiamo di una forza che si è creata da sé e che sa difendersi da sola. Da questo punto di vista non è molto importante se qualcuno sta attivamente al nostro fianco o meno. Sta di fatto anche che queste potenze sono consapevoli anche del fatto che una fine del sostegno militare ai curdi, in linea di principio corrisponderebbe a un sostegno a quelle forze che fino ad ora sono state combattute.
Che significato ha la conferenza di Ginevra-3 senza i curdi?
Abbiamo detto fin dall’inizio che una conferenza Ginevra-3 senza di noi avrebbe portato allo stesso risultato di Ginevra-2. Guardi cosa è successo dopo Ginevra-2, quante persone in Siria hanno perso la vita. Lo stesso succederebbe anche dopo Ginevra-3.
Ha parlato del fatto che poi non accettereste i risultati della conferenza.
Si, non riconosceremo i risultati di una conferenza alla quale non partecipiamo. A quel punto non saremmo neanche vincolati.
Cosa succederebbe se dalla conferenza senza la vostra partecipazione uscisse una decisione cessate il fuoco?
Lo dico molto apertamente, questa decisione in questo caso non sarebbe vincolante per noi. Se non possiamo essere parte della decisione, allora non siamo neanche tenuti a mettere in pratica quanto deciso.
La Turchia ha fatto grandi sforzi per impedire la Vostra partecipazione a Ginevra-3. In precedenza Lei stesso ha avuto colloqui con la Turchia. Cosa è successo nei colloqui? E perché oggi si è arrivati a questo punto?
In questi colloqui abbiamo esplicitato la nostra buona volontà. Non abbiamo mai assunto un atteggiamento nocivo nei confronti della popolazione turca. E non lo faremmo mai, perché ci sentiamo legati dai nessi storici tra i popoli. Ma l’AKP avvelena questa comunanza dei popoli. Quando quattro anni fa abbiamo condotto dei colloqui, gli stessi rappresentanti del Ministero degli Esteri turco hanno parlato di amicizia tra i popoli. Allora ci sarebbe stata la possibilità di stabilizzare questa amicizia. Ma non l’hanno usata e non possiamo nemmeno metterla in pratica unilateralmente da soli. All’epoca abbiamo presentato le nostre richieste. Hanno detto che le avrebbero messe in pratica, ma non l’hanno fatto. Non volevano accettarci politicamente.
Parlerebbe di nuovo con la Turchia se da parte di Ankara arrivasse un invito in questo senso?
Non lo rifiuteremmo a priori e ci riflettemmo. Ma potremmo concordare solo se ci accorgessimo che un tale colloquio potesse servire alla fratellanza tra i popoli.
Alla fine vorrei tornare di nuovo sul livello militare: ci sarà un’operazione da parte curda verso Jarablus? Cosa vi aspettate a questo livello?
Questa, come ha detto Lei stesso, è una questione militare. Jarablus è una regione a maggioranza curda. Anche se forse non a breve termine, in prospettiva, lì in ogni caso andrà fatto qualcosa. Al momento IS controlla il territorio. Le curde e i curdi del territorio ogni giorno ci chiedono di liberali. Ma è anche un territorio sensibile. Vedremo in che direzione si evolve la questione.
La Turchia ha dichiarato Jarablus la sua linea rossa …
La Turchia dice che nel caso di un’avanzata interverrebbe. Si pone la questione contro cosa e contro chi vogliono intervenire e cosa ha da fare lì? I turkmeni combattono con noi, così gli arabi. Con quale diritto la Turchia quindi traccia qualche tipo di linea rossa oltre il confine? Questo non è accettabile.
Jarablus può essere intesa come la porta della Turchia verso IS?
Può esserlo. Prima Girê Spî (Tel Abyad) fungeva porta di questo tipo. Anche Serê Kaniyê lo è stata quando lì c’era IS. Attraverso queste porte sono stati organizzati i grandi attacchi che hanno portato IS fino a Kobanê. Jarablus non resterà sotto il controllo di IS in eterno. Questo non lo accetteremo. Ma IS non deve essere annientato solo a Jarablus, ma nell’intero Medio Oriente.
di S.Demirel e R.Demirkaya