Funzione di avanguardia, modello di soluzione e lavoro di riconciliazione
Intervista con la rappresentante dell’amministrazione autonoma dei Cantoni del Rojava in Europa-Michael Knapp a colloquio con Sinam Mohamad.Sinam Mohamad ha partecipato a una conferenza di esperti il 23 settembre a Berlino come rappresentante dell’amministrazione autonoma democratica del Rojava.
Si può presentare per piacere?
Sono Sinam Mohamad, nel 2011 ero nella presidenza de Consiglio Popolare del Kurdistan occidentale, poi abbiamo fatto l’accordo di Hewlêr con l’ENKS (Consiglio Nazionale Curdo in Siria) ed ero nell’Alto Consiglio Curdo che si è poi costituito. Dopo abbiamo avuto l’accordo di Duhok e abbiamo formato un nuovo Alto Consiglio e faccio parte anche di questo. Ho partecipato a tutti questi processi negoziali. Poi sono diventata co-presidente del Movimento per una Società Democratica (TEV-DEM) e ora sono rappresentante dell’amministrazione autonoma dei cantoni del Rojava in Europa. Sono la presidente delle relazioni estere del Rojava. Da un lato sono rappresentante del Movimento dei Consigli e dall’altro, del governo del Rojava.
Quali gruppi prendono parte al governo del Rojava, quali partiti, come si inseriscono in questo sistema il governo autonomo dei consigli e la società civile?
Abbiamo molti diversi partiti curdi nel governo e anche partiti suryoyo e arabi. Inoltre abbiamo il blocco del TEV-DEM che al momento è il più forte, tra l’altro con sei partiti politici curdi e nell’amministrazione abbiamo ulteriori partiti curdi che non fanno parte del TEV-DEM. Abbiamo due frazioni del Partito della Sinistra, il Partito dell’Unità Suryoyo, l’Unione Nazionale Araba, inoltre organizzazioni della società civile, organizzazioni delle donne come Yekîtiya Star e l’Iniziativa Siriana delle Donne che non comprende solo curde, ma anche turche, druse, suryoyo e altre. Abbiamo contatti anche con donne a Damasco e altre zone della Siria, ma per via della situazione in Siria non è semplice incontrarsi nell’amministrazione dei cantoni. Possiamo dire che gli arabi e le arabe e i curdi e le curde e i e le suryoyo amministrano il Rojava insieme. Questa è la situazione nel cantone di Cizîre, anche ad Afrîn abbiamo curdi e curde e arabi e arabe, a Kobanê sono soprattutto curdi e curde.
Quali sono i sei partiti rappresentati nel TEV-DEM?
Ora cito alcuni nomi, diversi hanno il nome dei loro segretari e segretarie generali, dato che per il resto il nome è lo stesso. Nel TEV-DEM c’è il PYD (Partito dell’Unità Democratica), il Partito Liberale, il Partito Comunista del Kurdistan, Yekitî (Muhammed Abbas), il Partito della Pace e della Democrazia in Siria, il Partito Democratico (Abdulkerim Zakho). Questi sono tutti partiti curdi nel TEV-DEM. Nell’amministrazione ci sono il PYD, il Partito della Sinistra, il Partito Comunista, il Partito Liberale, Yekitî (Muhammed Abbas), il Partito della Pace e della Democrazia in Siria, il Partito Democratico del Kurdistan siriano (PDK-S), il Partito Verde, Partito della Trasformazione Democratica in Mesopotamia, il secondo Partito della Sinistra, la Commissione Nazionale Araba, l’Unione Nazionale della Libertà, a questo si aggiungono le organizzazioni delle donne arabe e siriane.
Alcuni definiscono questi partiti come partiti fantoccio del PYD? Lei cosa ne dice?
I partiti nel Rojava sono molto piccoli. Ma anche i partiti piccoli hanno la loro base. Nessun partito accetta di essere una marionetta del PYD. Questa affermazione non corrisponde al vero. Il PYD è uno dei partiti che nel Rojava lavora davvero insieme nell’amministrazione autonoma con arabe e arabi e suryoyo. E se curde e curdi non accettano di essere marionette, perché mai dovrebbero farlo arabe e arabi e suryoyo? Queste persone prendono tutte insieme le decisioni nell’amministrazione. Così a volte curdi e curde accettano qualcosa che però non viene accettato da arabi e arabe e suryoyo, e questi presentano obiezioni. Il PYD amministra il Rojava insieme agli altri partiti e organizzazioni. Naturalmente il PYD è un partito molto grande che lì ha radici profonde. Per via del suo grande sostegno nella popolazione viene rappresentato come se fosse l’unico. Questo non è vero. La maggioranza della popolazione sostiene il PYD, è solo una minoranza a sostenere il PDK-S, e loro non perdono molto sostegno, perché le persone vedono come si impegna il PYD, e vedono come difende la regione. Il TEV-DEM è un’organizzazione ombrello, della quale il PYD fa parte. Anche se non fanno parte del PYD, appoggiano il TEV-DEM e con questo le persone che lavorano veramente.
Il sistema dei consigli è organizzato nel TEV-DEM?
Si, abbiamo il sistema dei consigli, inizia con l’unità più piccola, la comune, in piccole strade, villaggi, in campagna e fino ai quartieri in città. Si tratta di un sistema di delegati che collega i consigli. Viene rappresentato dal basso verso l’alto nel Consiglio di Cizîre. Dappertutto abbiamo avuto anche elezioni di consigli comunali. Ad Afrîn in sette distretti. Non si tratta solo dei consiglieri, tutti vanno alle elezioni. Qui vengono eletti i co-presidenti delle amministrazioni cittadine e poi i consiglieri comunali.
Quindi ci sono due consigli cittadini, una volta nel TEV-DEM e una volta nella città?
Sono due strutture diverse. Prima vengono eletti i presidenti dell’amministrazione cittadina, poi i consiglieri.
Quali sono le condizioni economiche e sanitarie nel Rojava, c’è ancora un embargo?
Abbiamo ancora un embargo, a Cizîre è un po’ più leggero perché il KRG a volte apre il confine. Il problema più grande c’è stato ad Afrîn e Kobanê. Kobanê è per la maggior parte distrutto e il confine verso la Turchia è chiuso, al momento lo aprono due giorni a settimana. Questo dipende anche completamente dall’umore della Turchia. Dopo la liberazione di Girê Spî (Tall Abyad) e il collegamento dei cantoni, le cose sono diventate un po’ più semplici. Il percorso è relativamente sicuro. A Girê Spî è un po’ difficile. Un giornalista è stato lì a luglio, mi ha detto di sentirsi sicuro dappertutto, ma che quando lì guardava negli occhi di molti arabi e arabe aveva l’impressione che fossero di IS e non al nostro fianco, che avevano semplicemente timore di dire che erano vicini a IS. Mi ha raccontato che quando voleva comprare qualcosa, il negoziante gli ha detto che era meglio quando c’era IS, perché allora si poteva commerciare a prezzi elevati. Quindi ci sono persone che interiormente appoggiano IS. Per questo ci sono alcuni rischi, ma dobbiamo lavorarci perché ora il posto è liberato. L’embargo esiste, è un po’ più leggero. In particolare per Afrîn questo pesa molto.
Perché la Turchia tiene i confini completamente chiusi, nessuno può entrare e uscire. Persino al Congresso del PYD non ha potuto partecipare alcuna delegazione di Afrîn. Anche illegalmente è difficile. I militari turchi, ad Afrîn e anche a Cizîre, hanno sparato a molte persone, in particolare a giovani che volevano attraversare il confine. Prima chiudevano gli occhi e si poteva andare e venire, ma ora è pericoloso, perché i soldati turchi sparano a tutti quelli che vedono sul confine. Proprio la scorsa settimana è successo di nuovo, hanno sparato a un giovane uomo quando da Cizîre ha attraversato il confine, forse per andare in Europa o per ottenere qualcosa dalla Turchia. I soldati turchi sparano a chiunque vedano sul confine. Ad Afrîn hanno sparato persino a una donna mentre lavorava sulla sua terra nei pressi del confine. L’embargo è dalla parte del confine turco, ma anche all’interno della Siria. Dall’interno abbiamo IS e Jabbat al-Nusra, che anche loro mantengono un embargo.
Le persone non possono andare a Heleb (Aleppo). Anche Afrîn è completamente sotto assedio. Nessuno può lasciare il posto o arrivarci. Così tutto diventa molto caro e probabilmente questo è uno dei motivi per cui le persone vengono in Europa. Per questo diciamo, aprite il confine per le importazioni nel Rojava, allora nessuno fuggirebbe. Le persone allora potrebbero anche andare e venire dalla Turchia nel Rojava. Potrebbero prendere quello di cui hanno bisogno, medicine, cibo, qualsiasi cosa, e poi ritornare. Ma il confine non viene aperto. Questo è il lato economico, niente e nessuno può più essere portato da Idlib o dalle altre città ad Afrîn, anche questo è vietato. Sembra quindi che vogliono proclamare un embargo economico, in particolare contro Afrîn. A Kobanê hanno attaccato militarmente, Afrîn viene minacciato soprattutto dal punto di vista economico. Questo mira a modificare la composizione della popolazione nella regione.
Da Afrîn abbiamo sentito che li è stato deciso che nessuno può lasciare il cantone? È vero?
Si, si tratta del fatto che le persone non devono lasciare il proprio paese. Non possono neanche vendere le loro case e le loro proprietà a qualcuno all’esterno del cantone.
Ha citato la situazione di arabe e arabi e turkmeni e turkmene a Girê Spî. Dopo il dominio di IS ci sono tentativi di riconciliazione? Nei media, in particolare in Turchia, continuiamo a sentir parlare di espulsioni. Potrebbe prendere posizione su questo?
Girê Spî è stata a lungo sotto il controllo di IS. Per costruire lì una democrazia, ci vuole tempo. Ora a Girê Spî vengono formati consigli civili in cui sono rappresentate tutte le componenti, arabi e arabe, curdi e curde e turkmeni e turkmene. Anche con le tribù arabe che sono presenti lì. Amministrano la regione insieme in questo consiglio. Girê Spî viene amministrata da loro, non dal PYD o dal TEV-DEM, semplicemente dalle persone che ci vivono. Rispettivamente circa per un terzo. In questo consiglio è stato deciso che lì non devono trattenersi Unità di Difesa del Popolo (YPG). Le YPG si sono ritirate, in caso succeda qualcosa, per la difesa ci sono solo forze di sicurezza civili come le Asayîș. Si lavora alla riconciliazione tra tutte le componenti, tra coloro che vogliono vivere insieme in pace come prima, che non vogliono scontri tra arabi e arabe, curdi e curde e turkmeni e turkmene. Ma il governo turco vuole provocare tensioni, in particolare attraverso la popolazione turkmena. Ma molti turkmeni e turkmene hanno capito quello che sta facendo lì la Turchia e hanno deciso di partecipare al consiglio insieme agli altri gruppi di popolazioni. Questo per noi è molto importante. Il governo turco accusa le YPG di »pulizia etnica «. Io stessa ho mandato così tante notizie ai Ministeri degli Esteri di numerosi paesi e abbiamo invitato organizzazioni per i diritti umani e tutti i giornalisti e le giornaliste a venire a Girê Spî, o in qualsiasi altro luogo per il quale il governo turco ha sollevato accuse del genere. Molti sono venuti e hanno scritto rapporti buoni. Naturalmente si tratta di un conflitto, una guerra, e quando c’è una guerra, allora naturalmente molte persone fuggono. Anche curdi e curde, arabi e arabe o turkmeni e turkmene, si, questo succede. Ma questo è un risultato dei combattimenti e della situazione di guerra. Nessuno resta in una zona di guerra. Tutti scapperebbero. Ma dopo tornano nei loro villaggi. Vengono bombardati, questo succede. Questo è successo anche a Til Eren e Til Hasil. IS e gli altri gruppi hanno fatto una pulizia etnica nei confronti della popolazione curda. Hanno ucciso le persone a Til Eren solo perché erano curde. Tutti hanno taciuto su questo. Come il governo turco o anche la Coalizione Nazionale ad Istanbul. E ora questa Coalizione ci accusa per via di Girê Spî. Ogni volta che liberiamo un luogo da IS, la Coalizione Nazionale rilascia una dichiarazione contraria e ci accusa di pulizie etniche. Lo fanno perché non gli sta bene quando liberiamo luoghi da IS. La Coalizione ad Istanbul ha sostenuto gli ospedali a Til Hemis e Til Brak questi venivano controllati da loro [IS], lo ha appoggiato, abbiamo documenti in proposito.
Rappresentanti del PDK del Kurdistan meridionale e dell’ENKS a lui vicino, hanno dichiarato di aver preso parte a una delegazione per l’inchiesta sui massacri di Til Hasil e Til Eren, ma di aver constatato che non ci sarebbero stati massacri, ma »solo singoli casi di decesso«. Lei cosa dice di questo?
Anch’io ho fatto parte di questa delegazione. Tutti i partiti curdi, PDK, PDK-I, YNK e KNK, hanno inviato loro componenti in questa delegazione. Io all’epoca li ho ricevuti nel Rojava. Abbiamo visitato numerosi luoghi in Rojava, a Serê Kaniyê (Ras al-Ain) all’epoca erano in corso combattimenti, come anche in molti luoghi del cantone di Cizîre. Abbiamo portato la delegazione dappertutto, anche lì dove si combatteva, e hanno visto loro stessi come si combatteva lì. Poi abbiamo incontrato 35 persone che avevamo salvato da Til Hasil e Til Eren. Le hanno intervistate senza che noi fossimo presenti. Gli abbiamo permesso di condurre i colloqui da soli, per non destare l’impressione che noi ci immischiassimo. Con chiunque volessero vedere, abbiamo organizzato incontri. Bambini, anziani, sono venuti tutti. Poi sono andati da loro in una stanza e hanno parlato con loro. Dopo i colloqui, molti componenti della delegazione piangevano per quello che le persone raccontavano alla delegazione. Come è stato a Til Hasil e Til Eren, come hanno assassinato le persone. Come sono stati aiutati da collaboratori curdi e collaboratrici curde che hanno denunciato queste persone come curdi e curde e queste poi sono state assassinate al centro della città o nel villaggio. Hanno scritto tutto questo. E dopo hanno detto che non c’è stato un massacro! Questa è una … non trovo le parole per questo. La delegazione ha visto le persone e ha ascoltato quello che hanno raccontato. Come possono dire poi che non c’è stato un massacro, quante persone devono essere uccise per un massacro? Devono essere 100.000 per parlare di un massacro? Molti di quelli con i quali hanno parlato, erano gli ultimi componenti delle proprie famiglie, forse da soli o in due, gli altri erano stati tutti uccisi. Lo hanno visto e sentito da sé. I e le partecipanti lo hanno raccontato anche a noi. Dietro c’erano motivi politici, perché alcuni di loro come curdi e curde collaboravano con la Coalizione Nazionale e non volevano accusare le sue forze di aver commesso un massacro.
Ci sono sempre nuovi gruppi che accusano l’amministrazione autonoma del Rojava o le Asayîș di violazioni di diritti umani. Lei cosa ha da dire?
Abbiamo molte organizzazioni di diritti umani che visitano i prigionieri. Così, tante persone hanno potuto andare nelle carceri in ogni momento per controllare la situazione, chiedere perché erano detenuti. Non sono detenuti per via delle loro idee politiche, ma per attentati, questioni economiche, traffico di droga o anche omicidio. Quando qualcuno mette una bomba ovviamente viene incarcerato. Nel Rojava siamo in una situazione di guerra, per questo la sicurezza è molto importante. Molti sfruttano la situazione. La situazione nelle carceri è relativamente buona e stiamo persino progettando di trasformare le carceri per mettere fine alla stigmatizzazione. Le porte delle carceri sono aperte per tutte le istituzioni e organizzazioni perché controllino, ma cerchiamo anche di costruire una giustizia basata sulla riconciliazione.
Come valuta la discussione sulla zona cuscinetto turca?
Penso che non ci riusciranno. La Turchia ha già tentato così tanto per impedire un’unione dei cantoni. Hanno sostenuto IS e Jabbat al-Nusra, per attaccare le persone nella regione, ci hanno accusati di presunte pulizie etniche, violazioni di diritti umani, ecc., ma hanno fallito sotto ogni punto di vista. Ora, quando è stata liberata Girê Spî e sono stati collegati i cantoni di Kobanê e di Cizîrê, hanno detto che dovevano impedire che venissero collegati Kobanê e Afrîn. Quindi hanno cercato di mandare in mezzo alla regione truppe turkmene e queste truppe sono sotto il controllo della Turchia, non hanno niente a che fare con la Siria e quindi questo non potrà funzionare. Lì non vivono solo turkmeni e turkmene, ci vivono arabi e arabe e curdi e curde e non possono controllare la regione da soli, nessuno può farlo. Gli arabi e le arabe, i curdi e le curde lì, non li accetteranno. La maggior parte di loro ora stanno a Minbic (Manbidsh) e da lì continuiamo a ricevere il messaggio alle YPG: Liberateci da IS! Quindi, quando le truppe turkmene sono lì, evidentemente non possono liberare la regione da lui [IS]. Si tratta semplicemente di uno di questi continui tentativi della Turchia.
Pare che le milizie turkmene abbiano contatti stretti con Jiaish al-Fatah e Jabbat al-Nusra. Questo significa un appoggio della Turchia per i gruppi di Al-Qaeda?
La conquista di Idlib alcuni mesi fa sotto la guida di Jabbat al-Nusra, è avvenuta con il sostegno della Turchia. Diversamente non avrebbero potuto staccare Idlib dal regime. Tra i combattenti c’erano persino soldati turchi. Lo stesso nome Jaish al-Fatah si appoggia al Sultano Fatih. Jabbat al-Nusra era anche sul confine turco tra Kobanê e Afrîn. Ora dicono, vi ritirate un po’, e mettono al loro posto Ahrar al-Sham e i gruppi turkmeni a nome dell’Esercito Libero Siriano (ESL). Dicono che sia ESL, non Jabbat al-Nusra, ma le persone sono idiote, vedono chi è e chi li appoggia.
Quindi da un lato sembra che la Turchia sia almeno formalmente parte della coalizione anti-IS e dall’altro, abbia trasferito il suo sostegno da IS a Jabbat al-Nusra. Continua a sostenere IS?
Non lo fanno più apertamente e vogliono atteggiarsi a combattenti contro IS. Ma in realtà attaccano curdi e curde a Cizîr (Cizre), Nisêbîn (Nusaybin) e Qandil. Il governo turco sta perdendo contro la democrazia e le persone e anche nelle prossime elezioni perderanno. Penso che in questo modo Erdoğan si stia scavano la propria tomba. Non avrebbe dovuto farlo. Non ha potuto realizzare il suo progetto nel Rojava e si è rivolto contro i curdi e le curde in Turchia.
Volete collegare i Cantoni in un futuro prossimo?
Si, appena possibile verranno collegati. Ma non si tratta solo del collegamento, si tratta di liberare le persone lì da IS. Ovunque si trovi ancora, c’è pericolo per le persone nell’area. Anche le persone sotto il suo dominio vogliono essere liberate. Forse prima si pensava che non potesse essere sconfitto e per questo lo si è accettato, ma ora in molti luoghi è stato dimostrato che può essere sconfitto. Ora le persone sono convinte del fatto che può essere sconfitto anche da loro. Ma da sole non ci riescono, perché lì uccidono la gente, per questo chiedono alle YPG di liberarle.
Ma c’è anche una forza economica che si è determinata con il dominio di IS. Per esempio sembra che durante il dominio di IS, le frontiere con la Turchia fossero aperte e ora è tutto chiuso. Sembra che in effetti esista una classe di profittatori.
Si, in particolare nel commercio al confine ci sono stati questi profittatori e profittatrici. Ci sono in ogni guerra. E anche se all’epoca il confine era aperto, non era mica aperto per le persone, ma solo per IS. Ma la popolazione voleva questa rivoluzione, perché è una rivoluzione per la gente quella che facciamo. Il popolo non accetta IS. Perché la Turchia non apre il confine verso Girê Spî? I turkmeni e turkmene, gli arabi e le arabe, i curdi e le curde, tutti tornano. Questa domanda, perché non aprite il confine, deve essere rivolta al governo della Turchia. Perché il confine era aperto quando c’era IS? I suoi miliziani venivano da lì e all’epoca [IS] vendeva persino petrolio in Turchia attraverso questo confine. Ne approfittava [la Turchia]. Se ora aprissero il confine, sarebbe un bene per tutti, persino per la Turchia.
Qual è la situazione attuale a Hasaka?
Lì IS non c’è più. Hasaka è completamente liberata. C’è ancora un po’ di regime, come a Qamişlo (Al-Qamischli). Ma sono molto deboli e poco attivi, possiamo dire che ci sono solo pro forma. Sono rimasti solo in un posto e se anche ci fossero, non siamo contrari, non vogliamo uccidere nessuno, solo per poi esserci noi. Ma se attaccano, allora ci difenderemo. Siamo contro le uccisioni. Ma cose del genere sono successe quando il regime ha attaccato la nostra gente, allora noi abbiamo risposto e sono rimasti uccisi molti soldati del regime. Nei combattimenti per Hasaka il regime era sul lato meridionale sul fronte verso IS, si sono ritirati e molti di loro sono stati uccisi da IS. Quest’ultimo è avanzato, hanno avuto paura. Per questo le YPG sono dovute avanzare a loro volta e hanno iniziato ad attaccare IS con l’aiuto della Coalizione. Sono avanzate e hanno potuto sconfiggerlo e hanno liberato la regione. Il regime si è ritirato per via della sua debolezza. IS ora è all’esterno di Hasaka. Ora c’è un consiglio delle tribù arabe e hanno acconsentito ad appoggiare l’amministrazione autonoma. I curdi e le curde, gli arabi e le arabe e i suryoyo hanno un consiglio comune e amministrano la città. Il problema sono gli attentati suicidi. Ce ne sono stati due, nei quali sono rimasti uccisi 35 civili e 3 componenti delle Asayiș. Cellule di IS sotto copertura, continuano a essere presenti. Cerchiamo lo stesso di lavorare a una riconciliazione tra tutte le persone, perché la nostra politica si basa sulla convivenza.
C’è un collegamento con Șhengal? Ci sarà un cantone Șhengal?
C’è un corridoio. Si può andare a Șhengal (Sinjar). Ma un cantone è una decisione delle persone che si trovano lì, possiamo aiutarle in questo se lo vogliono. Costruiscono i loro consigli e strutture di difesa, perché hanno fatto esperienza di quello che è successo quando nessuno li ha protetti, né i peshmerga o chiunque altro, e sono stati assassinati … Per questo hanno capito che devono creare le loro proprie forze e ora hanno le YBȘ (Unità di Resistenza di Șhengal) [così come le Unità di Difesa delle Donne Șhengal, YPJ-Ş] di uomini e donne e lavorano e difendono Șhengal. È la loro idea, non solo di potersi difendere da sé e non dover dipendere da nessuno. Hanno i loro propri consigli.
Le YPG continuano a essere rappresentate come milizie del PYD – Lei cosa dice in proposito?
Questo non è vero, il PYD è un partito politico, le YPG sono una formazione militare. Le YPG sono sottoposte all’amministrazione autonoma, non a un partito politico. Il Ministero della Difesa sta sopra di loro. È un’affermazione falsa, la maggior parte dei componenti delle YPG non fanno parte del PYD. Ci sono molti arabi e arabe. Il loro obiettivo è di difendere il territorio. Il Consiglio Nazionale Curdo cerca di trasmettere un quadro sbagliato di questo tipo, perché vuole costituire milizie di partito proprie e legittimano questo con l’affermazione che ne ha una anche il PYD.
Qual è la differenza rispetto ad altre unità militari?
Vengono formate sulla liberazione di genere e sul contratto sociale. I componenti delle YPG vengono istruiti su democrazia, diritti umani, gender equality e devono credere in questi valori, altrimenti non si può lavorare per l’amministrazione autonoma. Proteggono cristiani e cristiane, arabi e arabe e tutti i gruppi nel Rojava, non solo i curdi e le curde, perché sono convinti di questi valori. L’ENKS dice, voi avete le vostre forze, lasciate entrare anche le nostre forze. Ma non vogliamo avere due forze nel Rojava. È un rischio. Se ci sono due organizzazioni militari, questo porta a conflitti. Questo vogliamo evitarlo. In conformità con gli accordi di Hewlêr e di Duhok abbiamo detto, dovete riunirvi con la direzione delle YPG e discutere come potete unirvi alle YPG per stare dentro e non accanto, orientati in base a un partito. Per formare una forza nel Rojava, senza distinguere se si tratta di un gruppo del PDK-S o del Yekitî o qualcosa del genere. Se avviene in questo modo, allora si tratta di una milizia e questo è pericoloso. Vogliamo una forza di difesa fatta di tutte le persone nel Rojava, di arabi e arabe, curdi e curde, suryoyo. Gruppi come Suwar al-Raqqa, Burkan al-Furat si coordinano con le YPG.
Considera il modello Rojava un modello per l’intera regione?
C’è una città drusa nei pressi di Damasco, che ora sul modello del Rojava ha dichiarato l’amministrazione autonoma. La sosteniamo attraverso messaggi e siamo pronti ad appoggiarli con le nostre esperienze. Vediamo nell’amministrazione autonoma l’unico modello di soluzione per la Siria e il Medio Oriente. Un rappresentante dei drusi e delle druse ieri è venuto al congresso del PYD e ha portato i saluti dalla sua città. È un’esperienza che dovrebbe essere fatta dappertutto. Siamo pronti a sostenerla.
Qual è la situazione a Heleb?
Abbiamo il nostro quartiere a Șeixmasud, insieme agli arabi e alle arabe che si trovano lì. Ma lì ci sono difficoltà con Jabbat al-Nusra. Non ci sono collegamenti continui verso Afrîn.
Qual è la situazione delle donne arabe e suryoyo?
Quando la donna curda ha partecipato alla rivoluzione, era ben preparata. Si era preparata per molti anni, ma la società non era così aperta, sotto il regime di Assad non poteva esserci un movimento delle donne. Dal 2011 le donne hanno iniziato a muoversi molto liberamente nel Rojava e a costruire tutto molti in fretta. Abbiamo una base come donne. La società curda si distingue un po’ da quella araba. Nella società curda l’idea della liberazione delle donne è fortemente radicata, ma tra l’altro per via di idee religiose questo non era così evidente, ma quando si presenta l’occasione, possiamo lavorare in modo molto efficace per aprire la nostra società. Perché una ragazza non può partecipare alla società nello stesso modo, per mostrare che una ragazza può anche lei fare molte cose che fa un uomo? In questo modo molte donne hanno iniziato a lavorare. A livello sociale, economico, politico, diplomatico e persino come co-presidente del Rojava. Questo è qualcosa di completamente nuovo, non diciamo il presidente è un uomo, c’è anche una presidente. Quando la gente ha visto che una donna può fare molte cose con successo, ha iniziato a crederci e a sostenerlo. La nostra società è aperta e non troppo influenzata dall’Islam dal punto di vista religioso. La società araba è molto fortemente controllata dall’Islam e così le donne possono essere escluse dal riunirsi con uomini, dal partecipare alla politica o dall’andare in giro per strada da sole. Per questa ragione IS in diversi ambiti sociali ha avuto successo, perché rappresenta le loro idee. Proprio queste regole vengono applicate da IS alle donne in base ai principi islamici, le donne non potevano più girare da sole, guidare la macchia, mostrarsi senza velo. Questo viene dalla tradizione islamica e questa tradizione è profondamente radicata nella società araba, più profondamente che in quella curda. Così le donne curde sono diventate l’avanguardia per le altre donne. Ora anche le donne arabe iniziano a formare i loro consigli. In un villaggio arabo ho visitato un consiglio e la co-presidente del consiglio è una donna araba. Ha detto, non riesco a credere che sono diventata una presidente del consiglio. Quindi, quando si offrono le possibilità alla persone e le si aiuta a capire la situazione, allora riescono a cambiarla. Abbiamo iniziato con le donne arabe, ma anche con le donne suryoyo. Abbiamo iniziato a lavorare insieme nei consigli delle donne. Da questo punto di vista posso dire a partire dalla più profonda convinzione, che le donne curde hanno preso la guida nella liberazione delle donne nel Rojava e forse anche in Siria. Perché non siamo controllate dalla religione, che sia l’Islam o un’altra, abbiamo una nostra filosofia. Ora abbiamo anche leggi delle donne. Abbiamo così tante leggi che contraddicono in modo diretto il diritto islamico. Molti dicono, voi siete contro la sharia. Secondo la sharia un uomo può sposare quattro donne, ma da noi è vietato. Da questo punto di vista siamo anche contro la sharia, ma questo per noi non conta. Noi qui abbiamo diritti umani e le donne sono esseri umani e i loro diritti vanno protetti.
Ma cosa succederebbe se i Cantoni autonomi decidessero per esempio di applicare la sharia?
Abbiamo queste leggi e in determinati ambiti possono esserci ancora dei buchi, ma quando avremo sviluppato ulteriormente il sistema, questo non sarà più possibile. Abbiamo ad esempio introdotto il matrimonio civile, prima era religioso. Questo prima non lo accettava nessuno.
Cosa possiamo chiedere in solidarietà con il Rojava?
Il sostegno per progetti nel Rojava, progetti di donne, le cooperative sono molto importanti. L’economia e lo standard di vita devono essere migliorati e che possiamo risolvere i problemi all’interno del Rojava e le persone non devono più fuggire. La formazione per l’amministrazione è importante. Abbiamo tutt’altro che una società ideale, abbiamo bisogno di formazione in questo senso. Dal punto di vista politico è determinante la rimozione dell’embargo – la Turchia vuole che le persone fuggano dal Rojava e sostiene che noi ne siamo la ragione. Va fatta la ricostruzione di Kobanê. Alloggi ecc. …
a cura di Civaka Azad