Tra Napoli, Kurdistan e Roma: alle porte del 17esimo anniversario della cattura dello storico leader del PKK, una settimana di riconoscimenti istituzionali e iniziative a sostegno del popolo curdo
È alle porte un fine settimana importante per la causa curda: il prossimo lunedì, 15 febbraio, si svolgerà a Napoli la cerimonia per il riconoscimento della cittadinanza a Abdullah Öcalan.
Lo scorso 28 gennaio la Giunta Comunale, su proposta del sindaco De Magistris, ha infatti conferito il titolo di cittadino onorario allo storico leader del PKK detenuto da oltre 16 anni sull’isola di Imralý in Turchia. La delibera riconosce Öcalan come «guida politica e spirituale del popolo curdo», un Presidente che da sempre «si batte contro la repressione del suo popolo e per l’affermazione dei diritti umani e democratici, gravemente disattesi – nel corso soprattutto di questi ultimi anni – da politiche oppressive, brutali ed autoritarie». Questa lotta, prosegue la delibera «è diventata uno degli emblemi mondiali della resistenza alla sopraffazione autoritaria e sistematica verso donne, bambini ed uomini e Napoli, Città multietnica, dell’accoglienza e della Pace, è al fianco della battaglia di libertà del Popolo Curdo, così come persegue i valori dell’autodecisione dei Popoli, contro il soffocamento delle minoranze etniche, religiose, linguistiche o di qualsiasi altra natura».
Una risposta istituzionale importante che si inserisce sulla scia del riconoscimento politico del PKK, della resistenza curda – e del suo Presidente – in Turchia, già intrapresa dalla città di Palermo, la prima ad aver conferito al leader curdo la cittadinanza onoraria lo scorso dicembre.
Importanza particolare riveste la data in cui si svolgerà la cerimonia a Napoli: l’arresto di Öcalan avveniva, infatti, il 15 febbraio di diciassette anni fa come conseguenza di una disastrosa gestione diplomatica da parte della Farnesina. Dopo essersi consegnato alle autorità italiane nel novembre ‘98 per ottenere asilo politico, il governo – pur non concedendo l’estradizione in Turchia – non riconobbe al leader curdo la protezione internazionale per alcuni ritardi di natura giurisdizionale. Così dopo 65 giorni, il 16 gennaio 1999, Öcalan si rifugiò in Kenya, dove venne catturato dai servizi segreti turchi il 15 febbraio dello stesso anno. In occasione di questo anniversario, anche la città di Roma si mobilita con un presidio a sostegno della sua immediata liberazione, organizzato dal centro socio-culturale Ararat e dalla Rete Kurdistan Roma domenica in piazza del Colosseo (ore 15.00).
L’intenso fine settimana sarà inoltre preceduto da una serie di iniziative romane che, agendo su un versante parallelo, si propongono di riportare al centro del dibattito politico quanto sta accadendo nel Kurdistan turco dove, solo negli ultimi mesi, la repressione del governo Erdogan ha provocato oltre 250 morti e 200.000 profughi interni. Giovedì alla Casa Internazionale delle Donne e venerdì al Cinema Palazzo, è in programma la proiezione di “Sakine. Tutta la mia vita è stata una lotta”, un intenso documentario sulla storia di Sakine Cansız la leggendaria rivoluzionaria curda dai capelli rossi. Le proiezioni proseguiranno nel pomeriggio di sabato all’interno della Casa del Parco (Csoa Ex Snia) dove, a partire dalle 18:00, verranno presentati tre recenti documentari che fotografano l’attuale situazione politica nel Kurdistan bakur: “Cizre’de katliam var – Il massacro di Cizre”, “Nekuje – Non uccidere” (riproposto domenica dal collettivo Promakos) rispettivamente di Luigi D’Alife e Xerip Siyabend Dunen, presenti all’iniziativa, e “Puzzlestan. I confini sono i limiti dei popoli” di Ivan Grozny Compasso.
Se, allora, quelli che attendono la comunità curda sono giorni importanti, altrettanto deve dirsi per gli attori politici cittadini e nazionali. Rompere il muro di silenzio su ciò che accade oggi in Kurdistan, riconoscere Öcalan come figura centrale nel processo di opposizione al radicalismo e, contemporaneamente, vedere nelle città di Cizre, Silvan, Nusaybin, Sirnak, Sur le nuove Kobane, significa aprire una possibile strada verso una soluzione pacifica e duratura alla crisi profonda che sta attraversando l’Europa e il Medio Oriente.
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