Togliere il blocco al Rojava
di Michael Rubin – Quando ho visitato per la prima volta il Kurdistan iracheno nel 2000, la vita per i curdi iracheni era difficile. Saddam Hussein se n’era andato, almeno da Dahuk, Erbil e Sulaymani, ma nessuno sapeva se e quando le sue forze sarebbero tornate. L’economia curdo-irachena soffriva sia di questa incertezza che di un doppio embargo: le Nazioni Unite avevano sanzionato l’Iraq e il governo di Baghdad aveva bloccava il Kurdistan. (…) Il governo forniva l’elettricità solo per poche ore al giorno. Le farmacie avevano medicine, ma c’era carenza e spesso le medicine disponibili erano oltre la data di scadenza. La Turchia a volte chiudeva le sue frontiere con il Kurdistan iracheno al traffico di camion, causando code di camion lungo tutta la strada fino a Silopi. I rifugiati curdi in fuga da Kirkuk e dai suoi dintorni erano accampati in tendopoli nei pressi di Chamchamal e in edifici vuoti ad Erbil e Sulaymani.
I curdi hanno resistito al blocco, Saddam è caduto e oggi il Kurdistan iracheno prospera, in parte a causa della stoica risolutezza del popolo curdo e in parte per via della leadership sia dell’Unione Patriottica del Kurdistan che del Partito Democratico del Kurdistan.
Quanto è spiacevole che gli stessi politici che un tempo di si lamentavano del blocco del Kurdistan iracheno, ora siano impegnati a loro volta in un blocco.
La rivoluzione siriana ha reso possibili i sogni dei curdi che solo poco tempo fa potevano sembrare folli. Solo dieci anni fa, una protesta antigovernativa durante una partita di calcio a Qamishli scatenò la repressione siriana che portò alla morte di dozzine di curdi e all’incarcerazione di altre centinaia. Il governo siriano revocava regolarmente la cittadinanza alle persone di etnia curda impedendo loro di comprare terre e di frequentare l’università. I curdi languivano in città come Dibik, Qamishli e Amuda quando Hafez al-Assad prima, e suo figlio Bashar poi, cercavano sistematicamente di minare il loro sviluppo e anche quando cercò di finanziare il suo governo e il suo dispendioso stile di vita in parte con la ricchezza derivante dal petrolio della provincia di Hasakah.
Il Rojava è la zona più stabile e sicura all’interno della Siria, anche se la sua sicurezza è stata conquistata a caro prezzo: ogni città ha dozzine di nuove tombe e immagini di martiri costellano la maggior parte dei negozi, delle case, dei lampioni nelle strade. Mentre ogni ministro curdo iracheno vanta un grosso ufficio con tappeti stravaganti, i televisori più nuovi e divani decorati, i funzionari del Rojava svolgono il proprio lavoro in appartamenti e piccole stanze vicino a stufe a kerosene, spesso senza un tappeto e a volte senza nemmeno una scrivania. Nessuno dei loro figli trova i soldi per comprare ville da 10 milioni di dollari nei dintorni di Washington, DC, o eleganti case di città a Londra. Niente va sprecato perché alla gente normale serve così tanto.
Mentre la regione ha frutta e ortaggi, coltiva grano e per questo aveva farina per il pane, c’è una grave carenza di altri alimenti di base come riso e olio per cucinare. Anche durante le sanzioni i curdi iracheni ricevevano razioni, a prescindere da quanto fosse diventato corrotto il programma “oil-for-food” delle Nazioni Unite. I curdi siriani non hanno simili risorse: la Mezza Luna Rossa siriana riserva il suo aiuto a Qamishli e più in generale nel Kurdistan siriano per quelle aree che restano sotto il controllo di Assad. Al momento il bisogno più grande è quello di medicine: insulina per il diabete, farmaci per la pressione e medicinali per altri problemi cronici. Le cure per i neonati restano inconsistenti.
Il Rojava resta stoico, anche se il suo isolamento è maggiore di quello mai affrontato da Masud Barzani e Jalal Talabani. Nel costituire il Governo Regionale del Kurdistan (KRG), entrambi inizialmente ebbero l’assistenza di francesi, britannici e americani che crearono un porto sicuro e misero in atto una “no-fly zone”. Anche durante il picco dell’isolamento del Kurdistan iracheno, il commercio è continuato attraverso entrambi i confini, iraniano e turco. In effetti la scintilla per la brutale guerra civile combattuta tra i partiti di Barzani e di Talabani era in larga misura una disputa sulla divisione dei proventi del valico di confine di Ibrahim Khalil.
Il Rojava, al contrario, non gode né di una “no-fly zone”, né di alcuna protezione esterna. Il governo turco, temendo un’altra entità curda affermata lungo il proprio confine, ha imposto un blocco e la guerra civile all’interno della Siria taglia i rifornimenti da quel paese. Il KRG completa il blocco. Le autorità curde all’interno del Rojava dicono per esempio che il KRG ha rifiutato per più di quattro mesi di consentire che diverse tonnellate di medicinali donati e stoccati al confine entrassero nel Rojava e che funzionari del Partito Democratico del Kurdistan al valico di confine di Fish Habur hanno rifiutato il permesso di passare a illustri personalità straniere, tra cui un senatore italiano.
La ragione per la posizione del KRG ha due aspetti: in primo luogo Abdullah Öcalan è di gran lunga la figura più popolare nel Kurdistan siriano; i locali ritengono che Barzani abbia nel migliore dei casi un sostegno che va dal cinque al dieci percento, più o meno lo stesso che nella regione ha Bashar al-Assad. Un recente viaggio nel Rojava ha confermato simili stime, perché le bandiere a sostegno di Barzani erano rare. Le ragioni per la popolarità di Öcalan sono molteplici: ha vissuto in Siria fino al 1999 e quindi molti dei locali lo conoscevano. Coloro che non lo conoscevano, potevano leggere i suoi scritti e la sua filosofia. Molti respingono anche il carattere tribale del Partito Democratico del Kurdistan. Barzani non ha fatto niente per guadagnarsi il cuore e la mente dei locali e ha invece cercato di raggiungere i propri fini con la forza.
La seconda ragione è sia diplomatica che finanziaria: gli affari di Barzani con la Turchia dipendono dal fatto di compiacere Ankara. Se desidera mantenere alcuni dei contratti dai quali lui e la sua famiglia traggono benefici personali, deve compiacere il governo e l’esercito della Turchia. Alcune questioni dovrebbero essere più importanti del profitto personale.
Soldi e competizione politica potranno colorare i calcoli di Barzani, ma non dovrebbero essere la ragione per fare in modo che curdi innocenti soffrano e muoiano per mancanza di medicine. Se Barzani fosse un difensore dei curdi come lui stesso afferma, non dovrebbe sacrificare il Kurdistan siriano alle proprie ambizioni.
I curdi hanno un nome – Jash – per i loro compagni che hanno aiutato Saddam contro i loro compatrioti in cambio di denaro o favori. Ahimè, quando si tratta di danneggiare i curdi della siria, importanti funzionari del KRG ora agiscono come principi dello jash. Non è troppo tardi però per il KRG per fare la cosa giusta. Signor Barzani, tolga il blocco.