Testimonianza per Amnesty International
Mi chiamo Karim Franceschi, sono un 27enne di nazionalità italiana, nato a Casablanca (Marocco) il 31/03/1989, da madre araba e padre italiano. Sono stato volontario nelle Unità di Protezione del Popolo(YPG) dal 10 gennario 2014 al 9 aprile 2014, nel cantone di Kobane, nord della Siria.
Ho partecipato sia alla liberazione della città di Kobane, e all’avanzata successiva che per tutto il periodo di febbraio e marzo ha spinto verso l’Eufrate, nel tentativo di riprendere i villaggi catturati dall’ISIS dal 13 settembre 201 4 al 2 ottobre 2014.
Quando entrai nella città ancora sotto assedio dall’ISIS, dovetti aggirare i rigorosi controlli delle guardie di frontiera turche, che avevano sigillato il varico di Mistupinar, rendendo la città ormai in rovine ancora più isolata. All’interno trovai le Unità di Protezione del Popolo(YPG) e le Unità di Protezione delle Donne(YPJ), con un manipolo di civili, che cocciutamente si rifiutavano di evacuare la città.
YPG e le YPJ a Kobane erano per lo più costituiti da curdi di varie provenienze geografiche. La maggior parte erano locali, ma vi era un gran numero di curdi provenienti dal resto del curdistan, fra questi quelli provenienti dalla turchia erano la maggior parte. Kobane è una città per 99% curda, quindi di arabi arruolati nello YPG a Kobane vi erano pochi, non ebbi mai l’opportunità di conoscerne. Cosa ben diversa al cantone di Jiazira, dove gli YPG hanno come punta d’orgoglio il fatto di avere intere compagnie formate d’arabi, costituenti il 30% dell’intera forza armata.
Nonostante non avessi mai fatto segreto delle mie origini arabe(parlavo per lo più in arabo con il locali) non ho mai notato nessun comportamente che potesse darmi anche il minimo sentore di pregiudizio contro il popolo arabo.
Sono stato inviato al fronte, per mia richiesta, e sono stato sul fronte Mistupinar fino a che non è sata liberata la parte cittadina. Dopodicheè sono sempre stato nella prima linea di avanzamanto che spingeva ad Ovest(Xarbi) verso Jarabulus. Durante tutta l’avanzata non incontrammo mai civili, le case ed i villaggi avevano al loro interno ancora gli effetti personali dei curdi cacciati dall’ISIS qualche mese prima. Le cose cambiarono quando raggiungemmo le sponde dell’Eufrate. La mia squadra fu la prima ad arrivare ai confini di Jarabulus ed a Kun Heftar. Quando arrivammo trovammo la popolazione molto preoccupata, scoprimmo che l’ISIS aveva raccontato che avremmo compiuto ritorsioni sui civili per quello che è successo a Kobane. Insomma credevano fossimo una spedizione punitiva.
Si accorsero ben presto che così non era, anche se per lo meno all’inizio rifiutarono qualsiasi aiuto, alcuni di loro ci confessarono che avevano paura di quello che gli avrebbe fatto l’ISIS, una volta ritornati.
Kun Heftar era una piccola frazione curda, prima che le politiche di arabizzazione portate avanti da Assad, rilocarono forzatamente i curdi che vi risiedevano sostituendoli arabi siriani. Questo i curdi non lo avevano dimenticato, ma allo stesso tempo il concetto di confederalismo democratico, andava oltre confini e proprietà. Vi era una grande volontà di riparare i rapporti con i vicini arabi, ed una grande attenzione a non delegittimare il progetto politico per cui si combatteva.
La prassi era che si mandavano prima le YPJ, con viveri e acqua in maniera da dissipare qualunque percezione di minaccia i civili potessero avere. Con il loro tatto tutto femminile, riuscivano spesso ad avere risultati migliori nell’evacuare momentaneamente i civili da zone ad alto rischio.
Per quanto riguarda i danni alle proprietà, nella città di Kobane le case che non aveva distrutto l’ISIS, le abbiamo distrutte noi, coordinando i bombardamenti della coalizione, e i colpo d’artiglieria. Nella pratica militare degli Ypg e YPJ, vi era una tendenza a prendersi poco cura delle proprietà se questo significava aumentare il rischio in termine di vite umane. Ecco allora che muri venivano abbattuti a martellate per creare nuovi ingressi, ecco che case e quartieri interi venivano rasi al suolo dai bombardamenti della coalizione, per spazzare via le armate ISIS. Questo nella stessa città di Kobane, a stragrande maggioranza curda.
Nel periodo di tre mesi trascorso tra Kobane e l’Eufrate non ho mai visto discriminare proprietà curdi, da proprietà arabe, o qualunque altra minoranza etnica.
Credo anche che sia ingiusto parlare del Rojava, e del confederalismo democratico come qualcosa di solo curdo. La rivoluzione del Rojava ormai è composta oltre che da curdi, anche da arabi, assiri, yazidi ed armeni. Non esiste e non è mai esistita nell’idea di quest’autnomia una contrapposizione etnica, o religiosa. L’unica contrapposizione è alle dittature, ed al terrorismo dell’ISIS.
Karim Franceschini, Volontario delle YPG dell’Italia.