Scheda sulle elezioni parlamentari

Domenica in Turchia è in gioco la democrazia. Le elezioni del 24 giugno sono già state definite le più impari, inique e irregolari elezioni mai svolte in 150 anni di storia elettorale della Turchia. Recep Tayyip Erdoğan ha convocato elezioni parlamentari e presidenziali anticipate in un tentativo di sfuggire alle conseguenze negative del crollo economico e finanziario che colpiranno la Turchia alla fine del 2018 o all’inizio del 2019.

Erdoğan era ottimista rispetto al fatto che avrebbe potuto gestire e migliorare la situazione con ulteriori misure artificiali di crescita.

Inoltre le politiche di guerra messe in atto dall’alleanza AKP-MHP hanno contribuito al rischio di bancarotta delle finanze dello Stato.

Le elezioni originariamente erano fissate il 3 novembre 2019 ma Erdoğan ha percepito che non avrebbe resistito fino a quel momento e, sostenuto e in certa misura spinto dal suo partner MHP che vede erodersi il suo consenso, le ha anticipate.

Il referendum elettorale del 16 aprile 2017 ha significato, tra le altre cose, che l’Assemblea aumenterà il numero di seggi, ma che il potere del Parlamento sarà ridotto in modo significativo.

Il referendum è stato approvato con un margine 51-49% secondo i risultati ufficiali, ma sono state riferite molte irregolarità, tra cui il cambiamento all’ultimo momento nelle regole elettorali da parte del Consiglio Elettorale Supremo (YSK) durante il voto che ha permesso di contare schede non vidimate. L’opposizione ha detto che almeno 1.5 milione di schede aggiuntive sono state incluse nel conteggio.

Alleanze

L’AKP si presenterà insieme all’MHP in quella che è stata chiamata “Alleanza del Popolo”.

L’HDP ha ricevuto sostegno da molti partiti più piccoli della sinistra e aveva effettivamente creato un’ampia alleanza di movimenti e gruppi e associazioni della società civile, oltre a molte nazionalità della Turchia, in particolare assiri e armeni, oltre che fedi diverse come aleviti e ezidi.

I partiti CHP, SP, IYI correranno nell’Alleanza della Nazione.

L’HDP: una ventata di aria fresca

Il partito ha presentato il suo manifesto elettorale dando una visione per una Turchia nuova. L’enfasi viene messa sulla reale possibilità di cambiamento fornita dall’HDP e la “ventata di aria fresca” di cui c’è tanto bisogno sono ciò che il partito promette agli elettori chiamati alle urne il 24 giugno.

L’HDP promette di iniziare un processo di transizione la sera del 24 giugno se la popolazione dovesse decidere di votare per una democratizzazione della Turchia. “Abbiamo una roadmap per la democratizzazione – dice l’HDP – che contiene soluzioni ai problemi vissuti durante il regime di un solo uomo”.

Non un percorso facile, dice l’HDP. “Inizieremo il processo di costruire una Costituzione Democratica basata su laicismo liberale, pluralismo, multi-linguismo, multi-religioni e pari cittadinanza”.

Risolveremo la questione curda

Il manifesto sottolinea che una pace duratura in Turchia dipende dalla soluzione della questione curda e insiste sul fatto che la soluzione della questione curda è legata al processo di democratizzazione in Turchia. La pace, dice il manifesto, non è solo assenza di conflitto, morte e sofferenza. È allo stesso tempo un lavoro vero verso la coesistenza.

Un manifesto per le donne

L’HDP sottolinea che della parte della società oppressa dal regime dell’AKP ci sono le donne. Per questa ragione il 24 giugno non segnerà solo la fine del regime dell’AKP ma anche la nascita di una nuova era dove non ci sarà più spazio per il sessismo, violenza contro le donne, sciovinismo. Dopo 16 anni di oppressione, le donne finalmente torneranno a farsi avanti.

Scenario

Nelle elezioni del 7 giugno 2015, i risultati sono stati i seguenti:

AKP 258 seggi

CHP 132 seggi

MHP 80 seggi

HDP 80 seggi

Questo ha significato un calo di 60 seggi per l’AKP rispetto alle precedenti elezioni.

Erdoğan non è stato affatto contento di questo risultato (40,8%) e infatti non lo ha accettato.

La vera sorpresa delle elezioni del 7 giugno 2015 è stato l’HDP che ha superato la soglia del 10% (ottenendo il 13,1%) e mandando in Parlamento 80 deputati.

Un grande successo che Erdoğan non poteva permettere.

Il Presidente ha formalmente incaricato il Primo Ministro Davutoğlu di formare un nuovo governo il 9 luglio, concedendo a Davutoğlu 45 giorni (fino al 23 agosto).

Il primo giro di consultazioni di coalizione ha compreso discussioni dell’AKP con CHP, MHP e HDP, dopo di che l’AKP ha annunciato che non avrebbero più negoziato con l’HDP.

Il secondo giro di negoziati si è concentrato principalmente sul CHP, mentre l’MHP ha dichiarato il suo sostegno per elezioni anticipate e poco dopo ha chiuso le porte per qualsiasi forma di accordo.

Negoziati tra AKP e CHP sono continuati fino a agosto, complessivamente per oltre 35 ore. Il CHP ha rivelato 14 principi ai quali si sarebbe dovuto attenere in governo di coalizione con la sua partecipazione, includendo molte promesse del suo manifesto.

L’MHP successivamente ha ritirato il suo sostegno per elezioni anticipate e sostenuta la formazione di un governo AKP-CHP.

Il 13 agosto 2015, i leader di AKP e CHP si sono ritrovati per un incontro conclusivo che è stato percepito come decisivo rispetto alla possibilità di formare un governo di coalizione. L’incontro si è concluso dopo che l’AKP ha proposto un governo ad interim di tre mesi seguito da nuove elezioni, nonostante l’insistenza del CHP che il governo durasse almeno due anni.

Non sorprendentemente il collasso dei colloqui di coalizione tra AKP e CHP e lo scetticismo dell’MHP nel formare un governo di coalizione è risultato nel fatto che Davutoğlu dichiarasse che l’unica opzione erano elezioni anticipate.

È apparso chiaramente che l’AKP di fatto voleva con forza elezioni anticipate. E le ha avute.

Nuove elezioni sono state indette per il 1 novembre 2015, ovviamente precedute da provocazioni e attacchi mirate contro i curdi e accusando i loro sostenitori di ‘crimini’ appositamente falsificati.

Democrazia come ordinata da Erdoğan

Quando la Turchia è andata al voto il 1 novembre, la situazione era tesa. Le elezioni si sono svolte tra preoccupazioni per la sicurezza dopo che Erdoğan si era ritirato dal processo negoziale avviato con il leader del popolo curdo Abdullah Öcalan.

I risultati sono stati i seguenti:

AKP 317 (49.5%)

CHP 134 (25.3%)

HDP 59 (10.7%)

MHP 39 (11.9%)

Forte di questi dati, risultato della democrazia che piace a Erdoğan, ovvero “Andiamo avanti finché vinco io”, il Presidente ha lanciato una guerra contro i curdi, arrestando rappresentanti eletti, ma anche distruggendo città e incarcerando migliaia di persone. Il golpe del 15 luglio 2016 gli ha fornito un’ulteriore possibilità di aumentare la pressione e la repressione nei confronti di tutti i dissidenti.

Domenica è in gioco la democrazia in Turchia.