Ricetta per un grande caos
Il governo turco prima dell’offensiva su Mosul conferma le sue ambizioni come potenza regionale-Con attacchi aerei sulla città nord-irakena di Mosul, giovedì sono iniziati i preparativi militari diretti per la cacciata dello “Stato Islamico«”(IS), che in arabo viene abbreviato in “Daesh” in senso spregiativo, dalla metropoli sul Tigri. La città, che con circa tre milioni di abitanti è la seconda città più grande dell’Iraq, è considerata l’ultimo grande bastione di IS nel Paese, la sua perdita significherebbe un duro colpo per la milizia jihadista.
Tuttavia non è chiaro chi dispiegherà le truppe di terra indispensabili per l’operazione e che effetti avranno gli interessi diversi dei possibili attori sulla situazione a Mosul dopo una possibile vittoria su Daesh. Forze speciali dell’esercito irakeno, il PKK, tribù appoggiate dalla Turchia, milizie sciite, assire, cristiane e yezide. “È la ricetta per un grande caos«, ha commentato Charles Lister, scienziato presso il Middle East Institute di Washington a proposito della situazione.
In particolare nella questione su quale ruolo svolgerà la Turchia nell’operazione Mosul, negli ultimi giorni c’è stata una schermaglia tra Baghdad e Ankara. Il Premier irakeno Haidar Al-Abadi inizialmente aveva definito i circa 2.000 soldati turchi di stanza nella città nord-irakena di Bashiqa come “potenza occupante”, in Parlamento una maggioranza si è espressa per il ritiro delle truppe. Il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan che governa in modo autocratico, ha ribattuto aspramente: “Non sei al mio livello”, ha tuonato contro Abadi. “Dovresti sapere che faremo quello che vogliamo fare.”
Per i piani regionali della Turchia in Iraq come in Siria, Mosul è significativa. L’ingresso delle truppe turche alleate con milizie jihadiste nella città siriana di Jarablus alla fine di agosto ha avviato una politica estera regionale più determinata di Ankara per allargare la sfera di influenza turca: “Gli obiettivi di Erdogan non si limitano alla Siria«, ha spiegato Ilham Ehmed, co-presidente del Consiglio Democratico della Siria. »Vuole l’intera regione tra Aleppo e Mosul e Mosul stessa.”
I media vicini al partito di governo AKP formulano apertamente l’obiettivo neo-ottomano: una partecipazione turca alle operazioni militari »porterebbe un vento fresco non solo a Mosul, ma in tutta la zona«, ha commentato Mahmut Övür su Daily Sabah.
Se gli USA, come forza imperialista più potente presente nella regione, alla fine ammetteranno una partecipazione della Turchia o di milizie filo-curde non è chiaro. Se Washington per il salvataggio del suo rapporto ammaccato con il governo dell’AKP darà il via libera, l’operazione Mosul sarà il preludio per scontri anche all’interno della fragile coalizione anti-IS. Perché anche gruppi vicini al Partito dei Lavoratori curdo PKK prendono parte alla liberazione della città. Ankara potrebbe – analogamente a come ha fatto in Siria – usare la lotta contro IS come pretesto per attacchi contro i curdi. Un indizio di piani del genere è lo spostamento di truppe turche al confine con l’Iraq di cui si è saputo giovedì.
Anche al di fuori dei conflitti causati dalle ambizioni di potenza regionale della Turchia, la presa di Mosul appare un’impresa complicata. Le milizie sciite coinvolte sono note per numerose violazioni dei diritti umani e già ora le Nazioni Unite temono una nuova ondata di fuga dalla città nord-irakena. Organizzazioni umanitarie sono del parere che circa un milione di persone lasceranno la città.
Inoltre agenzie russe e siriane – facendo riferimento a una fonte militare anonima – riferiscono che gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita si sarebbero messi d’accordo su una ritirata dei miliziani di IS in Siria orientale: »Oltre 9.000 militanti di Stato Islamico verranno spostati da Mosul nella regione orientale della Siria per condurre un’offensiva su ampia scala su Deir Essor e Palmira«, così il sito vicino al governo di Damasco Al-Masdar News.
di Peter Schaber, Junge Welt