Rezan Sarıca: l’avvertimento del Consiglio d’Europa non è sufficiente per le riforme dell’ergastolo in Turchia
L’avvocato Rezan Sarıca afferma che il recente avvertimento del Consiglio d’Europa alla Turchia è un passo positivo ma non sufficiente per affrontare la realtà delle condanne all’ergastolo senza possibilità di libertà condizionale, in particolare il caso di Abdullah Öcalan.
L’avvocato Rezan Sarıca ha avvertito che, sebbene il recente avvertimento del Consiglio d’Europa alla Turchia sulle riforme dell’ergastolo sia un passo positivo, resta insufficiente per affrontare i problemi più profondi legati alle condanne all’ergastolo aggravate. Rezan, che rappresenta il leader curdo Abdullah Öcalan, ha sottolineato che i nuovi sviluppi non riescono ad affrontare le realtà vissuta dalle persone colpite, tra cui Öcalan, che è stato tenuto in isolamento per 25 anni.
Durante la riunione del Consiglio dal 17 al 19 settembre, il Comitato dei ministri ha chiesto alla Turchia di introdurre un meccanismo di revisione per coloro che scontano condanne all’ergastolo aggravate. Il comitato ha avvertito che se la Turchia non interverrà entro settembre 2025, potrebbero essere implementate ulteriori misure. Tuttavia, Rezan ha sottolineato che questo passo è “positivo ma tutt’altro che sufficiente, considerando la realtà di İmralı”, riferendosi alla prigione in cui è detenuto Öcalan.
Rezan ha osservato che la mancata conformità della Turchia alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) del 2014, che ha ritenuto le leggi sulla pena dell’ergastolo del paese una violazione del diritto alla speranza, ha lasciato migliaia di prigionieri nel limbo. “Il fallimento nel riformare questa questione, che colpisce così tante persone, è profondamente preoccupante”, ha aggiunto, sottolineando che l’inazione della Turchia colpisce non solo Öcalan, ma anche migliaia di famiglie.
Ha criticato la lentezza del processo del Consiglio, spiegando che i ritardi in corso hanno permesso alla Turchia di evitare di fare progressi significativi. “Sebbene questa sia una nuova fase e la riunione di settembre 2025 sia stata fissata, il fatto che ci sia voluto più di un decennio senza azioni concrete dimostra quanto sia stato lento il processo”, ha affermato. Secondo Rezan la gestione del caso da parte del Consiglio contrasta con le sue stesse sentenze, che hanno ritenuto che il trattamento riservato dalla Turchia a Öcalan e ad altri prigionieri violasse i diritti umani.
“Il ritardo del Consiglio non fa che prolungare la tortura”, ha affermato Sarıca, aggiungendo che la situazione attuale consente alla Turchia di “continuare con le sue violazioni impunemente”. OcalanVigil, una campagna che sostiene il rilascio di Öcalan, ha fatto eco a queste preoccupazioni, criticando il Consiglio per aver ripetutamente rinviato l’azione.
Rezan Sarıca ha esortato il Consiglio ad adottare un approccio di monitoraggio più attivo e ad attuare misure più rapide ed efficaci per far sì che la Turchia rispetti gli standard internazionali in materia di diritti umani.
Sebbene la decisione del Consiglio di porre la questione all’ordine del giorno per settembre 2025 sia un passo significativo, Sarıca rimane scettico sui progressi complessivi. “I prossimi passi devono arrivare molto prima”, ha concluso.
Oltre alle osservazioni di Rezan Sarıca, anche l’Unione delle Comunità del Kurdistan (KCK) ha criticato l’approccio del Consiglio d’Europa, definendolo “insufficiente” nell’affrontare l’attuale isolamento di Abdullah Öcalan. In una dichiarazione rilasciata il 21 settembre, la KCK ha condannato il Comitato dei ministri per aver concesso alla Turchia una scadenza di un anno per implementare la legge sul diritto alla speranza, sostenendo che questa clemenza legittima di fatto le politiche dello stato turco di “tortura e genocidio” nella prigione di İmralı.
La KCK ha affermato che l’isolamento di Öcalan fa parte di una strategia più ampia di genocidio curdo che viene perpetuata con il sostegno internazionale. Hanno inoltre accusato le istituzioni europee, incluso il Consiglio, di non essersi assunte le proprie responsabilità rimanendo passivi di fronte alle flagranti violazioni dei diritti umani da parte dello Stato turco. La KCK ha esortato tutte le organizzazioni per i diritti umani e gli esperti legali ad agire immediatamente e a intensificare gli sforzi per la libertà fisica di Öcalan, descrivendo il suo trattamento come un “crimine contro l’umanità”.