Non si può costruire un futuro degno dentro ad una tenda
Siamo al 95esimo giorno di resistenza e questa mattina colonne di fumo si vedono innalzare da Kobane, proprio l’altro ieri le forze combattenti del YPJ e YPG hanno ripreso il controllo di tre quartieri della parte est della città che prima erano controllate dalle milizie dell’Isis.
Dall’altra parte del confine, a Suruç, ora si trovano più di 80.000 profughi dei quali 60mila ospitati nei campi autogestiti dalle municipalità curde e le restanti 20mila nei campi allestiti dal governo turco, stime approssimative dicono che la presenza di minori rappresenta più del 50% dei profughi.
Come staffetta italiana Rojava calling siamo entrati più volte nei campi curdi, per supportare il lavoro dei molti volontari e per vedere con i nostri occhi la situazione reale, senza giri di parole.
La prima cosa che risalta, oltre alla brillante organizzazione, sono i numerosi bambini che giocano e corrono per le tende, senza alcun giocattolo e senza paura di interagire con attivisti e curiosi.
Per i prossimi tre anni le tende, la ghiaia e il cielo stellato sopra le loro teste saranno la loro casa.
Finora sono state allestite diverse scuole, all’incirca una per campo, che però non possono ambire a rispondere alle necessità sia numeriche che di scopo di cui molti bambini hanno bisogno.
Servono strutture e fondi per garantire loro uno spazio fisico per crescere ed imparare, strutture per conoscere e vivere consapevoli della cultura e delle radici curde che in troppi vorrebbero vedere sparire.
In Turchia infatti è vietato per legge l’insegnamento della lingua e della cultura curda nelle scuole pubbliche, mentre nelle scuole private è fortemente ostacolata dalla polizia.
C’è bisogno di una scuola che parli di Kurdistan a 360 gradi, che non sia schiacciata su canoni e nozioni decise ad Ankara, una scuola accessibili a tutt@.
Da qui, dal villaggio di Meheser e dai campi profughi, vogliamo tornare in Italia per aiutare Kobane ed i suoi abitanti, vogliamo tornare nelle nostre città per raccontare quanto può fare una comunità indipendente e determinata, vogliamo tornare e fare la nostra parte per aiutare una popolazione che disprezza l’assistenzialismo ma che accoglie tutte le persone che vogliono sporcarsi le mani e la mente insieme a loro come fratelli e sorelle.
Vogliamo costruire una progettualità mirata alla tutela del diritto all’infanzia di centinaia di bambini che vivono da quasi cento giorni sotto assedio e lontani dalle loro camerette: laboratori, attività sportive e ludiche.
Dove per ottusità e tatticismi politici non arrivano le istituzioni ed i governi vogliamo provare ad agire noi, dal basso, liberi da burocrazie nocive e scuse.
Difendere Kobane per essere Kobane, imparare da chi da un’utopia ha costruito un laboratorio reale di democrazia.
Staffetta italiana Rojava calling