Non paura, non c’è altro che la morte…
“Non ho paura, non c’è altro che la morte”, così la Süddeutsche Zeitung del 27.09.2014 cita le parole di Narin Mohammad. Mohammad, madre di tre figli, che al momento si trova nella regione di confine di Suruç di fronte a Kobanê. Lei, come molte migliaia di altre persone, è fuggita oltre il confine turco a Suruç. Ora si è decisa a tornare a Kobanê. „È meglio morire a casa che aspettare sotto la pioggia, in mezzo al fango e all‘incertezza“, spiega poi Mohammad nel colloquio con Christiane Schlötzer.1
“Per difendere Kobanê dalla minaccia di occupazione ”
Non solo lei, ma molti altri, soprattutto giovani uomini, tornano a Kobanê. „Per difendere Kobanê dalla minaccia di occupazione“, come dice Dilan, una giovane curda.
In questi giorni si parla molto della situazione a Kobanê e in Siria. Nelle notizie che circolano sui giornali sugli attacchi aerei degli stati occidentali alle postazioni di IS in Siria. Si specula molto su quello che potrebbe succedere se Kobanê dovesse cadere. Vengono prefigurati possibili scenari. Purtroppo però, come spesso avviene, non viene dato ascolto alle persone che si trovano sul posto. Per questo in questo articolo si vuole dare la parola alle persone di Kobanê, per illustrarci la situazione sul posto dal loro punto di vista.
„Siamo fuggiti a Suruc perché ci è stato detto che la Turchia ci avrebbe dato aiuto. Quando dopo una marcia durata per ore abbiamo passato il confine turco, siamo stati fermati dai militari turchi. Con le loro armi ci hanno fatto capire che ci avrebbero ammazzati se avessimo provato a proseguire il cammino.“, così le parole del 21enne Mohammed, che insieme a sua madre e ai suoi due fratelli minori era fuggito in Turchia.
„ Neanche ci hanno dato l‘acqua ci hanno dato [i soldati turchi]. I nostri fratelli e sorelle del nord [si riferiscono a curdi e curde della Turchia] volevano correre in nostro aiuto. Da dove ci trovavamo, potevamo vedere come loro [i militari turchi] hanno distrutto le tende piantate e hanno lanciato lacrimogeni contro i nostri fratelli e sorelle.“, così aggiunge la madre di Mohammed.
Già il 22 settembre la deputata tedesca Heike Hänsel recatasi al confine turco aveva riferito dell’impiego di gas lacrimogeni, gas CS e idranti sul confine turco-siriano da parte dei militari turchi contro i manifestanti curdi.
Dal 15 settembre la milizia terroristica IS attacca Kobanê con particolare forza da tutte le direzioni come ha riferito il portavoce delle Unità di Difesa del Popolo Polat Can. Alla domanda su cosa pensa della neo-costituita alleanza contro IS, Can ha risposto come segue: „Va notato che nonostante IS al momento operi esclusivamente a Kobanê, non ci sia stato alcun tipo di attacco aereo degli USA o di altri stati contro postazioni di IS intorno a Kobanê. Continuano a essere solo le Unità di Difesa del Popolo delle YPG e YPJ a difendere la popolazione di Kobanê dalla minaccia un massacro da parte di IS e che continuano a difenderla con ogni mezzo.“
Le ed i combattenti delle YPG e YPJ (Unità di Difesa delle Donne) riferiscono del fronte e danno voce alla loro determinazione nella lotta contro la banda terroristica IS.
Fewas Mislim Ewaz, un giovane combattente della resistenza nega i numeri dei profughi che circolano sui media, secondo i quali oltre 100.000 persone sarebbero fuggite in Turchia. „Come si può vedere siamo tutti qui e difendiamo Kobanê.“
In effetti i dati sui numeri dei profughi sembrano essere molto esagerati. Così la FAZ ha dichiarato che l‘UNHCR ha preso per buone le indicazioni del governo turco senza fare una propria verifica. Quindi non sarebbero più di 20.000 le persone che sono fuggite in Turchia.
“Come potremmo lasciare il paese ”
Ancora sul fronte: Şahin Necîp Elî, che prima faceva l‘avvocato, ha sottolineato che a nessun costo Kobanê cadrà nelle mani dei barbari di IS. „Per quanto possano attaccare, noi siamo pronti a difendere Kobanê. Come potremmo lasciare la terra sulla quale così tante giovani donne e così tanti giovani uomini sono caduti per l’uguaglianza e la libertà.“, così Amara Amed, una giovane donna che dal Kurdistan settentrionale (Diyarbakir/Turchia) si è unita alle Unità di Difesa delle Donne, le YPJ. Poi si è rivolta alla popolazione di Kobanê perché non fugga verso la Turchia. Perché la Turchia appoggia IS ed in combutta con loro.
Effettivamente ora anche nei media occidentali si diffonde la supposizione che il governo turco dell’AKP appoggi IS nella lotta contro le strutture curde di autogoverno nel nord della Siria sia con armi, che anche dal punto di vista logistico. Testimoni oculari riferiscono di forniture di armi da parte della Turchia a IS. Treni con carico militare sarebbero passati oltre il confine turco-siriano.„Sono girate alcune notizie false secondo le quali si sarebbe già combattuto in città. Ma fino ad ora questo non si è verificato.“, così Kurt Pelda a colloquio con Spiegel Online.
Kurt Pelda è uno dei giornalisti stranieri che danno notizie direttamente da Kobanê. Pelda ha anche dichiarato che la gente a Kobanê confida nel fatto che la città verrà difesa. „Ma ci sono anche civili che vogliono combattere. Ieri è arrivato qualche centinaio di uomini che avevano abbattuto un recinto dal lato turco del confine. Ci sono movimenti in entrambe le direzioni.“
“Chi c’è dietro questa barbarie?”
„Chi c’è dietro questa barbarie? Non che non ci sia noto che alcune forze occuperebbero volentieri il Rojava. Ma ci resta difficile capire il silenzio che c’è. Il silenzio equivale all’accettazione del modo di agire disumano della milizia terroristica di IS. Vorrei fare appello alla coscienza di ogni singola persona. Contro la barbarie dei terroristi di IS che disprezzano gli esseri umani viene fatta resistenza onorevole.“, queste le parole della co-presidente del PYD (Partito dell’Unità Democratica) Asya Abdullah che attualmente si trova a Kobanê e fa notare che la solidarietà e gli aiuti umanitari dall’estero sono insufficienti.
A Muriel Reichl di „Die Zeit“ Abdullah in un’intervista risponde così alla domanda se la città verrà evacuata: „No. Kobanê verrà evacuata quando la città verrà attaccata con le armi più pesanti. Anche nei villaggi tra noi e il confine turco c’è ancora gente. Non sono ancora arrivati gli aggressori. Se si dovesse arrivare a questo le donne e i bambini dovranno fuggire oltre il confine turco, gli uomini resteranno e difenderanno la città.“
Ora immaginiamo tutti che la città in cui viviamo venga attaccata da tutte le direzioni dai terroristi di IS … Noi cosa avremmo fatto?
di Can Cicek- Civaka Azad- Voci da Kobane