Muslim: il Kurdistan Occidentale potrebbe essere un modello per una Siria libera e democratica
Salih Muslim, co-Presidente del Partito kurdo siriano dell’Unione Democratica (PYD) si è rivolto ai molti partecipanti di un seminario intitolato “I Kurdi ed il conflitto in Siria”, tenutosi lo scorso venerdì presso il Centro per il Medio Oriente della London School of Economics. Il seminario è stato presieduto dal direttore del Centro, Robert Lowe.
Fornendo una panoramica degli ultimi sviluppi nel conflitto in corso in Siria, Muslim ha sostenuto che la rivolta anti-regime non rappresenta più una battaglia per la democrazia ma una lotta per il controllo del paese; il sanguinoso conflitto che è seguito alle prime proteste in favore della democrazia nel 2011 è il risultato del fatto che le potenze regionali ed internazionali hanno armato la rivoluzione e fornito sostegno militare, diplomatico e pratico alle fazioni estremiste. Al contrario, la lotta per un sincero cambiamento democratico da parte dei gruppi kurdi in Kurdistan Occidentale (nella regione settentrionale della Siria) è stata ampiamente ignorata o compromessa sia dall’opposizione riconosciuta internazionalmente –la Coalizione Nazionale Siriana (SNC) e l’Esercito Siriano Libero (FSA) – sia dai governi e dai media occidentali.
Una relativa calma è stata assicurata in molte aree del Kurdistan Occidentale dalle Unità di Difesa del Popolo (YPG), che garantiscono l’auto-difesa dove necessario, e dai partiti politici kurdi, unitisi sotto l’egida del Supremo Consiglio Kurdo durante una conferenza ad Erbil nel Luglio dello scorso anno, che hanno cominciato ad amministrare la regione secondo i principi di auto-governo democratico.
Muslim ha sottolineato che l’auto-governo democratico non comporta la creazione di uno stato kurdo separato. Il PYD sostiene piuttosto una Siria libera, democratica e pluralista in cui tutte le minoranze siano riconosciute e rispettate all’interno del quadro politico del paese. In questo senso, ció che è stato raggiunto finora in Kurdistan Occidentale potrebbe essere visto come un modello per il resto del paese.
Il fatto che migliaia di sfollati interni da tutta la Siria stiano raggiungendo il Kurdistan Occidentale come rifugiati alla ricerca di un posto sicuro testimonia i progressi che il PYD e i kurdi siriani hanno raggiunto nel corso dell’ultimo anno. Anche il fatto che nessun aiuto umanitario internazionale sia stato offerto al Kurdistan Occidentale per l’aiuto dei rifugiati è il risultato del testardo rifiuto di riconoscere i Kurdi come popolo o come realtà politica. Come ha spiegato Muslim, il PYD ed il popolo kurdo hanno partecipato alle prime rivolte ma hanno scelto il loro proprio percorso evitando di inviare combattenti a Damasco e difendendo invece le loro zone nel Nord; l’FSA comunque non è per niente interessato a difendere sè stesso o la Siria e sta invece combattendo per gli interessi dei sostenitori stranieri. Questo approccio indipendente è stato cinicamente ed erroneamente considerato come il risultato di un qualche accordo con il Governo di Assad ma Muslim ha chiarito che in realtà i Kurdi hanno a lungo lottato contro l’oppressione in Siria, con le principali rivolte accadute recentemente nel 2004.
Alla domanda sui possibili effetti che i rinnovati sforzi di pace tra la Turchia ed il PKK potrebbero avere sulla Siria ed il Kurdistan Occidentale, Muslim ha risposto esprimendo il suo sostegno ai colloqui ed al positivo effetto che potrebbero avere sulla lotta per il riconoscimento in Siria: “Ció è stato per lo più respinto dalla Turchia. Se i Kurdi venissero riconosciuti in Turchia, non si potrà più continuare a negare il riconoscimento dei Kurdi in Siria”. Muslim ha sottolineato inoltre che il cambiamento più importante che la Turchia ha effettuato negli ultimi due anni è la decisione di riavviare i colloqui di pace con la leadership kurda ed ha suggerito che quanto accaduto in Siria possa aver avuto un probabile impatto anche su questa decisione.
ANF Londra