L’orrore contro i curdi a un mese dalla elezioni in Turchia
In Turchia continua la violenza contro il popolo curdo: torture, arresti indiscriminati, carri armati per le strade. Quattro immagini raccontano ciò che sta avvenendo meglio di mille parole
C’è una guerra di cui si parla poco sui media maninstream ed ancor meno nelle stanze dei bottoni dei capi di Stato. Non ne è stato fatto neanche un accenno durante l’ultima assemblea generale dell’ONU. Lì dove le potenze Mondiali sono state più impegnate nel battibeccare sull’opportunità o meno dell’intervento Russo nella guerra Siriana e nel discutere di strategie di lotta al terrorismo dell’ISIS, ignorando deliberatamente i maggiori attori in campo nella guerra contro i Daesh ovvero i Curdi di YPG e YPJ, su una cosa tutti pare si trovino d’accordo: non parlare e non prendere posizione su quello che sta accadendo a soli pochi chilometri dal confine Siriano.
C’è una “guerra” e quindi ci sono i morti, le violazioni dei diritti umani, le torture, gli arresti indiscriminati, i carri armati per le strade ed i bambini uccisi. Questa volta l’orrore non è nelle strade della Siria, sotto le macerie di Kobane o nelle barbarie compiute dai miliziani dello Stato Islamico. Si tratta della guerra che uno Stato sta facendo contro i suoi stessi cittadini, quella che la Turchia (membro NATO ed alleato di buona parte dei paesi occidentali, Italia inclusa), non ha dichiarato, ma nei fatti sta facendo eccome.
Dal 23 Luglio in una crescente spirale repressiva e di violenza, Erdogan con lucida follia sta facendo ripiombare la Turchia in un clima da anni 90. E’ l’ennesimo massacro contro la popolazione Curda.
Ci sono immagini che riescono da sole a raccontare al meglio l’orrore, la disumanità e la gravità della situazione in cui è ripiombata l’intera regione del Kurdistan Turco. Nell’assordante silenzio dei media main stream, si possono vedere circolare soprattutto sui social (Twitter in primis) talvolta riuscendo a far breccia nella cortina di silenzio e raggiungendo un vasto pubblico, talvolta rimanendo in un ambito più da “addetti ai lavori”.
Ce n’è una in particolare. Da domenica ha invaso le bacheche di facebook e viene retwittata in continuazione. E’ una di quelle immagine a cui non si può fare l’abitudine, fa spostare lo sguardo tale è l’orrore che si prova guardandola. E’ stata scattata lo scorso venerdì sera per le strade di Sirnak, cittadina di 60.000 abitanti nell’estremo sud-est Turco che da il nome all’omonimo distretto di cui fa parte.
Mostra un veicolo della polizia militare trascinare per le strade il corpo senza vita di un uomo dopo la sua uccisione da parte delle squadre operative speciali. Poco più tardi quel corpo straziato dalla cieca violenza della forze speciali Turche avrà un nome: Haci Lockman Birlik, 24 anni, cognato della deputata HDP Leyla Birlik, che dopo essere stato ferito in uno scontro armato con la polizia, prima è stato colpito a morte e successivamente il suo corpo è stato legato ad un veicolo blindato e portato come trofeo in giro per la città con lo scopo di terrorizzare la popolazione.
Sull’autenticità della foto alcuni media Turchi hanno prima affermato come questa non fosse vera, pubblicandone una identica, senza corpo trascinato, ma evidentemente mal “fotoshoppata”. Poco dopo ci ha pensato direttamente l’HDP a fugare ogni dubbio pubblicando un video girato direttamente dall’interno del veicolo blindato dove si può sentire un uomo rivolgersi al corpo senza vita di Haci Lockman Birlik dicendo “Fanculo tua madre e tua moglie, figlio di una cagna”. Selhattin Demirtas, co-presidente dell’HDP, ha pubblicato la foto aggiungendo “Guardate bene questa foto. Che nessuna persona la dimentichi, perchè noi non la dimenticheremo”.Impossibile dimenticare questo orrore. Certe immagini pesano come un macigno.
Come la foto di Kevser Elturk, nome di battaglia Ekin Wan guerrigliera del PKK torturata, violentata ed uccisa dalle forze speciali Turche il 10 Agosto scorso a Varto quando il suo corpo è stato trascinato per chilometri ed infine esposto nudo. O la foto della piccola Elif Simsek di soli 8 anni uccisa da un mortaio lanciato dall’esercito contro la sua abitazione, di Cemile Çaĝirgan (13 anni) uccisa insieme ad almeno altre 20 persone durante il coprifuoco di Cizre,” conservata” per 3 giorni in freezer per evitare che il corpo si deteriorasse.
Sono tante le immagini che raccontano dell’urgenza di prendere posizione, di denunciare e fermare quanto sta succedendo nel silenzio generale: i carri armati Turchi che si aggirano per le strade di Silvan (distretto di Diyarbakir) e Nusaybin (distretto di Mardin), solo le ultime due città in ordine di tempo dove è stato imposto il coprifuoco (il che di solito presuppone un nuovo massacro alle porte con attacchi indiscriminati alla popolazione) oppure la pistola puntata alla tempia del giornalista Murat Demir di Ozgur Gun TV, aggredito dalle forze speciali nelle strade di Silvan, che racconta di un altro pezzo di guerra, quella che Erdogan ha dichiarato contro la stampa ed i media.
Censura per chi non si attiene alle direttive del partito, arresto e galera in particolare per i giornalisti Curdi, colpevoli di raccontare al Mondo le atrocità commesse dagli uomini di Ankara in Kurdistan. Sono poco più di 100 i civili Curdi morti nei due mesi di attacchi che il governo di Ankara ha sferrato contro le città del sud-est del paese. In 76 giorni sono 21 i bambini uccisi dai proiettili di Erdogan; si va dai 7 anni di Baran Çaĝli ai 16 di Omer Koc solo l’ultimo in ordine di tempo dei morti ammazzati, ucciso ieri sera ad Amed (Diyarbakir) insieme a Rezen Kaya di 4 anni più grande.
E’ assurdo pensare che sia questo il clima con il quale la Turchia sta arrivando dalla data fissata per le nuove elezioni politiche che si svolgeranno l’1 Novembre. A meno di un mese dal giorno che potrebbe cambiare radicalmente il futuro del paese, la strategia messa in campo da Erdogan sembra essere conclamata: terrore di Stato nelle città del sud-est ed arresti indiscriminati contro gli esponenti politici HDP.
Solo negli ultimi giorni la polizia ha compiuto arresti ad Adana, Erzurum, Kars, Hakkari, Bitlis, Van ed Istanbul dove 39 persone sono state prese in custodia. Tra gli arrestati membri del partito delle regioni democratiche (DBP), dell’HDP, sindaci e dirigenti delle municipalità. C’è da far pagare lo scotto delle elezioni del 7 Giugno scorso, quando l’impero di Erdogan costruito attraverso 13 anni di potere ininterrotto ha iniziato a vacillare grazie all’affermazione del partito dei popoli democratici (HDP) in grado alla prima tornata cui si presentava, di raccogliere oltre 6 milioni di voti nonostante un clima pre-elettorale segnato da continui attacchi, bombe nelle piazze ed arresti tra i militanti.
L’entrata in parlamento degli 80 deputati HDP ha di fatto segnato uno brusco stop al progetto di riforma costituzionale in chiave presidenziale del sistema politico Turco. Voluto fortemente da Erdogan, gli avrebbe consentito di accentrare gran parte dei poteri nelle sue mani, passando così da una repubblica parlamentare ad una sorta di califfato più simile all’impero Ottomano che a qualcosa che fosse anche solo lontano parente di un sistema democratico.
Finora i sondaggi dicono che ben poco potrebbe cambiare durante le elezioni del 1° Novembre. L’AKP (il partito di Erdogan) viaggia sempre su percentuali intorno al 40% il che non gli consentirebbe di avere i 400 parlamentari necessari per la maggioranza e per votare di conseguenza la riforma costituzionale. Il trono sul quale siede da ormai più di una decade rischia di sgretolarsi definitivamente. E se proprio queste deve accadere sembra voler trascinare nel baratro l’intero paese. In una fase di incertezza come quella che si attraversa oggi, una sicurezza sembra però esserci: quanto sta accadendo in Turchia è semplicemente inaccettabile.
E’ di una gravità enorme e ricorda da vicino periodi storici che vorremmo seppelliti e dimenticati, e che invece ritornano come nei peggiori incubi. Quanto sta facendo Erdogan non è per niente diverso dalle atrocità compiute dall’ISIS che tanto fanno inorridire l’ipocrita occidente. Non è diverso da quanto fascisti e nazisti facevano 70 anni fa.
Sta succedendo ora, sta succedendo ancora una volta, nel silenzio complice di chi permette all’alleato Turco di fare il bello ed il cattivo tempo, di torturare, uccidere e massacrare. Come si può rimanere ancora in silenzio? E’ ora di agire perchè di foto come quelle di Sirnak non vogliamo vederne più. Nel frattempo continuate a fissarla. “Che nessuna persona la dimentichi, perchè noi non la dimenticheremo”.
di Luigi D’Alife, DINAMOPRESS