LIBRO: LA RIVOLUZIONE DEL ROJAVA – ARZU DEMIR

In diretta dai cantoni di Jazira e Kobane: come e perché la resistenza curda in Medio Oriente sta cambiando lo stato di cose presente

Mentre l’Europa e gli Stati Uniti raccoglievano, attraverso lo scoppio dei sanguinosi attentati attribuiti alla regia di una nuova formazione politica fascista, l’Isis, il frutto di una dissennata politica estera, in Medio Oriente, a contendere ogni metro di terra all’avanzata delle bandiere nere del sedicente Stato Islamico, resta un’unica speranza, giorno dopo giorno sempre più forte e concreta. Questa speranza si chiama Rojava, soltanto un punto sulla carta di una regione tormentata prima di essere “scoperta” in qualità di baluardo invalicabile per le truppe del Califfato, regione di resistenza ma anche laboratorio di democrazia dal basso e, come osserva la giornalista Arzu Demir in questo libro, terra madre di un’autentica rivoluzione: luogo in cui, sui fucili di chi combatte, sventolano bandiere che parlano di uguaglianza di genere, autodeterminazione dei popoli e giustizia sociale. Scritto basandosi sull’osservazione diretta degli avvenimenti in corso, La rivoluzione del Rojava documenta gli esiti di un’esperienza straordinaria: una guerra di liberazione destinata a consegnare al mondo intero un nuovo modo di rifiutare l’oppressione; un cambiamento radicale rispetto al quale non sarà più possibile – e non solo nei territori curdi – pensare di tornare indietro.

Arzu Demir – Nata a Istanbul nel 1974, vive in Turchia, dove lavora come giornalista ed è nota per i suoi libri e i suoi reportage dedicati alle più importanti questioni sociali del Medio Oriente.

Collana: Unaltrastoria
Pagine: 196
Formato: 13×20 brossurato con bandelle
Isbn: 9788867181285
Price: 16.00 EUR
rojava arzu demir

La rivoluzione del Rojava di Arzu Demir
Red Star Press – Hellnation Libri·Venerdì 8 aprile 2016

Arzu Demir è nata a Istanbul nel 1974. Militante socialista, è nota in Turchia per i suoi libri, articoli e reportage dedicati alle questioni più scottanti del Medio Oriente, che poi sono le stesse questioni che “scottano” anche altrove: la libertà di stampa, movimento ed espressione, i pregiudizi di classe e di genere e, sopra ogni cosa, la giustizia sociale. Nel corso del 2015 Arzu Demir ha pubblicato il libro Devrimin Rojava hali con la casa editrice Ceylan Yayınları. Che non si trattasse di un lavoro come tanti altri ce ne siamo resi conto, oltre che leggendo il testo mano a mano che Francesco Marilungo completava la traduzione, anche assistendo sgomenti a quanto accadeva in Turchia quando, per esempio, la redazione della casa editrice di Arzu Demir veniva aggredita ed espulsa dalla fiera del libro di Ankara esattamente per aver osato esporre ‘Devrimin Rojava hali’.

Le ragioni di un simile accanimento e la disinvoltura con cui la Turchia (ma in questo forse esplicitamente più dura ma niente affatto diversa dai suoi partner occidentali, Unione Europea e USA in testa) nega i più elementari diritti umani, sono le stesse che hanno portato Arzu Demir a soggiornare a lungo e a più riprese nei cantoni di Jazira e Kobane per scrivere il suo libro: Devrim Rojava hali o, come lo abbiamo tradotto in italiano, La rivoluzione del Rojava.

Particolarmente orgogliosi di avere avuto la possibilità di pubblicare questo libro e di avere stretto con la casa editrice Ceylan Yayınları un rapporto di solidarietà internazionalista basata sul mutuo scambio di idee, testi e supporto, lasciamo la parola alla stessa Arzu Demir e alla sua introduzione a La rivoluzione del Rojava: non un semplice reportage, ma una dettagliata analisi del come e del perché la resistenza curda in Medio Oriente sta cambiando lo stato di cose presente:

LA RIVOLUZIONE DEL ROJAVA
In diretta dai cantoni di Jazira e Kobane: come e perché la Resistenza curda in Medio Oriente sta cambiando lo stato di cose presente

Nei giorni in cui questo libro si preparava per la pubblicazione, veniva scritta una nuova pagina nella storia della lotta dei popoli oppressi. Gire Spi (Til Abyad) che si trovava sotto occupazione da parte delle orde religiose fasciste dell’Isis, veniva liberata dai nostri e in questo modo venivano unificati i cantoni di Jazira e Kobane. Per coloro di noi che non guardano al proprio futuro come separato dal futuro del Rojava, questa era la notizia più bella dopo la vittoria di Kobane. Il momento di cui siamo stati testimoni attraverso le fotografie, nel quale i combattenti arrivano a piedi a Gire Spi dai cantoni di Jazira e Kobane, ha segnato per noi la fine di una tristezza durata un secolo.

Nei giorni in cui Kobane veniva presa d’assedio dalle orde dell’Isis, mi veniva spesso in mente il detto dei comunisti nella battaglia di Stalingrado: «Non c’è terra per noi al di là del Volga». Questo detto era l’espressione di un’indomita determinazione contro il fascismo. Anche per i combattenti per la libertà di Kobane, al di là di Kobane non c’è più terra. Questa consapevolezza ha fatto sì che Kobane non fosse lasciata in mano ai barbari dell’Isis.

Sin da quando la rivoluzione del Rojava – espellendo le forze dello stato siriano da città e villaggi – ha intrapreso la costruzione di un nuovo stile di vita il 19 luglio 2012, è rimasta costantemente sotto assedio e sotto attacco. Il sangue di migliaia di persone, donne e uomini, giovani e anziani si è riversato su tutte le terre del Rojava, da Derik ad Afrin. Fra questi uno dei combattenti per la libertà che è caduto e si è reso immortale nei giorni in cui preparavo questo libro è Halil Aksakal (Mazlum Aktas). Avevo visto Mazlum nell’area del cantone di Jazira in cui conduceva i preparativi per il battaglione internazionale del Partito comunista marxista-leninista (Mlkp). Era il mese di gennaio del 2015. Avendo appreso che nella truppa c’era anche un arabo alevita, avevo chiesto di parlarci. Mi spiegò che la rivoluzione del Rojava rappresentava una speranza di liberazione anche per il popolo arabo. Più tardi, quando mi recai al fronte di Alya nella zona di Serekaniye venne ad accogliermi. In quei giorni i combattenti del Mlkp Ivana Hoffmann (Avashin Tekoshin Gunesh) e Sinan Sagir (Suphi Garzan) erano ancora in vita. Anche loro si trovavano sul posto. Mazlum parlò con voce decisa. Con la mano indicava le postazioni in cui si trovavano le bande dell’Isis; poi assieme a Ivana spiegò che nell’edificio situato nella spianata fra due postazioni erano state poste delle trappole esplosive e concluse con fervore: «Aspettiamo le orde». Come appresi in seguito, quelle bombe erano state fatte detonare con successo contro le orde islamiste.

La scrittura di questo libro è stata intrapresa con la voglia di ripagare un debito di fedeltà verso tutti i combattenti, donne o uomini, giovani o anziani, che sono caduti per una rivoluzione di cui sono stata testimone, mentre mi avvicino al mezzo secolo di vita. Sono consapevole che questo mio sforzo non è neanche una goccia nel mare se paragonato al prezzo che loro hanno pagato. Tuttavia non è neanche vano. È l’espressione della voglia di dire: «In questa rivoluzione un granello di sale sia anche mio», nello sforzo di trasmettere con la scrittura alle generazioni future le pagine di storia che i combattenti hanno scritto con le loro vite e con la loro lotta.

Questo libro è un voto di devozione ad amici e compagni, da parte di una donna e di una comunista che accoglieva i cadaveri dei propri amici alla frontiera.

Questo libro certamente non spiega tutta la rivoluzione. Questa è un’impresa per cui a nessuno basterebbero le forze. Perché la rivoluzione è uno stato permanente.

La rivoluzione del Rojava raccoglie le interviste, le indagini e le fotografie che ho realizzato durante le mie visite nei cantoni di Afrin e Jazira nel settembre 2013, agosto-settembre 2014 e gennaio 2015 per un tempo totale di due mesi. Per questa ragione nel libro non c’è un capitolo che si occupi direttamente della resistenza di Kobane.

Questo libro è la testimonianza di una giornalista socialista mossa da decine di domande come: «Che succede in quelle terre? Che cos’è la rivoluzione del Rojava? Chi sono le donne che stanno facendo questa rivoluzione? Cosa sono Ypg e Ypj? Come può costruirsi un nuovo tipo di vita? Cosa sta alla base di quell’economia? La rivoluzione è entrata nelle cucine?».

Questo libro rappresenta quanto della rivoluzione mi è rimasto dentro, pensieri uniti a sentimenti di una donna rivoluzionaria che ogni volta tornava dal Rojava pensando: «Se dovessi morire ormai non me ne dispiacerei».

Il Rojava è il luogo dove ha preso vita tutta l’esperienza accumulata dal movimento di liberazione curdo in 40 anni di lotta.

Il Rojava è il luogo dove s’infrangono le vecchie convinzioni. Dove si mostra quanto la rivoluzione sia un fatto reale. È il luogo che dice al politico «non puoi più fare politica come prima», al combattente «non combatterai più come prima», al giornalista «non puoi più scrivere come prima». È il tempo di cambiare. Perché questi sono i giorni della rivoluzione.

Il Rojava è il luogo dove il veterinario è il medico primario, dove la donna anziana con famiglia e figli è giudice nei tribunali popolari, dove una casalinga è comandante delle Ypj (Unità di protezione delle donne), dove una giovane donna diventa coordinatrice accademica, insomma il luogo dove «ognuno può essere ogni cosa». Il luogo in cui la persona è tale in ogni suo aspetto.

Il Rojava è il luogo che rende eroi le persone qualunque e rende persone qualunque gli eroi. Il Rojava è il posto dove l’immaginazione è diventata realtà. È il potere dell’immaginazione.

Il Rojava è l’eredità di tutti i Paramaz, delle Arin, dei Kader, dei Mazlum, Erkan, Oguz, delle Sarya Mahir, gli Emre, i Coskun, le Amara, i Bedrettin, Jyan, Xebat e Beritan che hanno camminato verso l’immortalità per il sogno di libertà comune a tutta l’umanità.
Il Rojava appartiene a noi. E noi al Rojava.

Nel Rojava la nuova vita viene costruita in condizioni in cui gran parte dello sforzo della gente e della produzione della società è sacrificata alla guerra; e dove la guerra come a Kobane causa enorme distruzione. Parlando del Rojava non perdete di vista questa realtà. E non vergognatevi di pensare: «Se nel Rojava non ci fosse stata un guerra così intensa, chissà quali altri ancora potrebbero essere i successi di questa rivoluzione…».

Inoltre non dimenticate quello che è il più virtuoso degli stati umani; non dimenticate i combattenti che hanno dato la propria vita perché gli altri vivessero.